COME ALESSANDRO MAGNO RIUSCÌ A CONTROLLARE L’AFGHANISTAN
I fallimenti degli Anglosassoni, dei Russi e dei loro alleati in Afghanistan nella storia contemporanea, sono ancora una ragione in più per studiare e pensare ad Alessandro Magno. Dove le superpotenze dei nostri tempi hanno fallito miseramente, la campagna alessandrina si era riuscita a instaurare un regno greco-battriano che durò poi per secoli e lasciò un’eredità culturale ammirevole. Quale è stata la differenza cruciale che portò a risultati tanto diversi?
Lo scenario strategico afghano è molto simile nel corso del tempo: un luogo pieno di fortezze naturali, popolato da tribù nomadi o seminomadi che non compongano una nazione o un’etnia unica, però in grandi linee si trovano d’accordo a combattere con accanimento contro gli invasori stranieri e i loro sistemi e modelli sociali. Gli insuccessi moderni in Afghanistan hanno anche loro un elemento fondamentale in comune: non consistono in sconfitte militari bensì in fallimenti politico-culturali. Quello che è stato sconfitto e umiliato in Afghanistan non era l’esercito dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti, o già dell’impero britannico, ma il loro approccio mentale alla politica internazionale e all’evoluzione storica.
Pensiamo invece alla maniera in cui Alessandro affrontò la difficilissima campagna sogdiana e battriana: non avendo di fronte a sé gli enormi eserciti convenzionali persiani ma una guerriglia che colpiva all’improvviso e si fortificava fra le montagne, il giovane re adattò alle nuove condizioni non solo le sue tattiche militari, ma anche il suo atteggiamento politico. Alessandro riuscì a capire molto presto che le vittorie militari non bastavano per mettere sotto controllo quell’area particolare, e quindi proprio trovandosi nell’Asia centrale approfondì ulteriormente il suo approccio di riavvicinamento tra Greci e Asiatici, inclusivo verso le popolazioni conquistate, adottando lui stesso più costumi asiatici e prendendo come sua prima moglie Roxane, facendo della figlia di un capotribù locale la regina madre del futuro erede del trono.
Da rappresentante di una civiltà che considerava la Storia come un processo ciclico senza fine, in cui non esistono sistemi destinati a diventare globali ma semplicemente diverse forme in continuo movimento e interazione tra loro, Alessandro comprese che se volesse inondare di cultura greca l’Asia doveva lui stesso adottare in compenso elementi culturali asiatici, in ordine di venire accettato come sovrano legittimo dalle popolazioni, come uno di loro.
Le grandi potenze moderne hanno fallito alla prova afghana perché le loro ideologie sbagliano a pensare alla Storia come ad un processo lineare in cui esse si trovano per definizione dalla parte giusta. Questo pregiudizio arbitrario ed escatologico della mentalità progressista moderna, che spesso diventa un vero e proprio delirio di onnipotenza, la porta a pensare che basterebbe espandere le sue idee e visioni “perfette” in giro per il mondo, per far sì che i vari popoli la incoronano come il loro sogno predestinato. Quando i globalizzatori e i pacifisti nostrani parlano di «inclusione» ο «diversità», in realtà pensano a un mondo destinato a diventare omogeneo secondo i modelli sociali che hanno nelle loro teste, in cui le varie culture saranno ridotte in meri elementi folkloristici.
Alessandro Magno li potrebbe spiegare che in modo simile pensava l’aristocrazia zoroastriana persiana quando cercò di conquistare il mondo greco, per finire travolta dal suo contrattacco guidato in maniera esemplare da lui stesso.
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