Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni muore il 22 maggio 1873.
I suoi maestosi funerali, celebrati al Duomo di Milano una settimana dopo la morte, sono passati alla storia: “Per le strade un gridio di venditori di fotografie del gran poeta, di ritratti d’ogni formato, d’ogni prezzo… Le pareti delle case erano tappezzate di avvisi portanti il nome del Manzoni… Gli uomini erano tutti nelle vie, e metà Milano, a non esagerare, volle seguire il feretro… A mezzodì il feretro, preceduto dalle cento bandiere delle scuole e delle associazioni e dalle rappresentanze italiane, avviavasi al Cimitero Monumentale, passando per le vie maggiori”.
Riconosciuto nel mondo come l’autore de “I promessi sposi”, non tutti sanno che alla stesura del capolavoro contribuì, e non poco, soprattutto per quanto riguarda la linguistica: “sciacquare i panni in Arno”, una fonte molto vicina a lui, la fiorentina Emilia Luti, governante delle sue figlie, la quale lo ascoltava leggere capitoli ad alta voce, dava suggerimenti e gli correggeva i termini dialettali. La Luti, borghese nemmeno poi tanto colta, ma intelligente, collaborò con lo scrittore con tanta disponibilità infatti, in segno di gratitudine, alla fine della ricerca linguistica e dell’apporto narrativo e psicologico, Manzoni le regalerà una copia de I Promessi sposi (che fosse avaro è risaputo). E quando Alessandro Manzoni affermò nel suo romanzo d’essersi ispirato a vicende storiche trovate nel manoscritto di un anonimo, diceva la verità, solo che il protagonista di quelle vicende era un suo trisavolo, di nome Giacomo Maria, che aveva lasciato un manoscritto non edito; Giacomo Maria era vissuto nella zona di Lecco nella prima metà del Seicento.
A Giuseppe Ripamonti, invece, va il merito di aver ispirato Manzoni sulla “peste”. Costui, il quale ebbe esperienza diretta della peste di Milano, affidò la propria testimonianza a un libro, il De peste, pubblicato a Milano nel 1640. A lui, e in particolare a questo suo trattatello, Manzoni si ispirò per “I promessi sposi” e, ancor di più, per l’appendice de “I promessi sposi”, cioè la “Storia della colonna infame”, in cui Manzoni narra il processo intentato contro due presunti untori: Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora. E grazie quindi a Emilia Luti, instancabile uditrice di Manzoni e fedele consigliera…e grazie a Manzoni che seppe incendiare gli animi, e grazie a coloro che lo ispirarono…
(vado per gelsi, ma poi torno).
M p