SPICCHIO DI STORIA.
8 DICEMBRE 1856, attentato a Re Ferdinando II di Borbone.
Era noto che il sovrano napoletano, fervente religioso, partecipava sempre a tutte le processioni, a piedi e con tutta la famiglia, compreso moglie e figli (ne aveva 11).
Anche nell’occasione della festa nazionale della patrona del Regno, la famiglia reale era dietro la statua della Madonna Immacolata, in processione per le strade di Napoli. La figura del sovrano era imponente, con la grande uniforme, la moglie ed i figli schierati per mano dietro la sacra immagine, tra due ali di folla ed un corteo enorme di fedeli. Ai lati della processione due fila di soldati come ordine pubblico.
All’improvviso un soldato, un cacciatore di Calabria, uscito dallo schieramento, si avvicinò rapido al sovrano e gli vibrò due colpi con la baionetta che aveva in dotazione. Le due coltellate colpirono il petto del sovrano solo di striscio, perchè deviate da una delle grosse onorificenze indossate dal Re sulla grande uniforme. L’attentatore, tale Agesilao Milano, fu subito bloccato dai commilitoni e messo al sicuro. Risultò essere un anarchico calabrese, arruolatosi appositamente per commettere l’attentato al Re di Napoli.
Così commentava il fatto Giornale del Regno delle Due Sicilie il 9 dicembre 1856: “Un individuo da pochi mesi entrato con male arti al real servizio militare, osò ieri uscir di riga mentre sfilavano, e spingersi contro la Sacra Persona del Re nostro amato Augusto Signore, che tentò a Dio mercè, ma non solo rimase sano ed illeso, ma conservò la calma, serenità e consueta imperturbabilità, continuando ad assistere allo sfilare come se nulla fosse accaduto.. “.
Il sovrano mantenne un sangue freddo eccezionale e ciò evitò che si scatenasse il panico tra la folla. Fu subito portato a palazzo reale e curato dal medico di corte, dove si appurò essere due ferite leggere. Fu considerato un miracolo della Madonna Immacolata ed alla quale il Re rimase sempre molto devoto. Per tranquillizzare i suoi sudditi nel pomeriggio Re Ferdinando volle uscire e passeggio in carrozza scoperta per le vie di Napoli, dove fu fatto segno di molti attestati di stima e di apprezzamento della calda gente napoletana.
L’attentatore fu processato il giorno dopo, ritenuto colpevole di tentato regio omicidio e condannato alla pena capitale, Era noto che il sovrano, da fervente cattolico, era contrario alla pena di morte ed in genere concedeva la grazia ai condannati. Il tribunale, a notte inoltrata, appena emesso il verdetto di colpevolezza, decise per l’esecuzione all’alba, prima che il Re avesse il tempo di concedere la grazia. Al mattino il Re fu svegliato e fu informato che l’infame” aveva ricevuto la pena meritata. Ferdinando II si infuriò tantissimo e, dopo una preghiera per il defunto attentatore, licenziò in tronco tutto il collegio del tribunale, annullando persino la pensione ai magistrati. Questa esecuzione, fatta a sua insaputa, rimase un incubo che il sovrano ripeteva spesso ai suoi familiari. (estratto dal saggio storico “Napoli, fine di un regno antico”)
Rocco Biondi