Dico SI -Prof. Gennaro De Crescenzo,

IL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO (27/7/17) PUBBLICA IL MIO INTERVENTO CONTRO GLI ACCADEMICI CONTRO IL GIORNO DELLA MEMORIA…
Non sono abituato a parlare di quello che scrivo ma credo che in questo caso potremmo usare questo articolo tutte le volte che qualcuno (accademico e non) si oppone alle nostre tesi (intanto la prof in questione non è stata molto contenta, ci ha bannati e ha cancellato -senza replicare- i suoi post sul tema)… Bene così!
La prof.ssa Durante definisce “neoborbonica” la scelta del giorno della memoria. Qualche osservazione da neoborbonico e con una premessa: non abbiamo mai pensato di tornare indietro nel tempo o di riportare i Borbone sul loro trono e siamo pronti a qualsiasi tipo di giuramento (anche solenne) se non dovessero bastare 24 anni di attività (solo) culturali che hanno fatto diventare quello neoborbonico un trend (culturale) di successo. E’ un “delirio”, allora, proporre un giorno per la memoria, la riflessione e lo studio su quello che è successo al Sud dal 1860 oppure proporre una petizione (aperta ai ragazzi delle “scuole medie”) per impedirlo? “Regressione” votare democraticamente (all’unanimità in Basilicata, con una stragrande e trasversale maggioranza in Puglia) una proposta culturale come quella del M5S o opporsi a quel voto democratico e istituzionale con petizioni accademiche online? Sarebbe “borbonismo” il racconto di un Sud che fino al 1860 aveva livelli di pil, redditi medi, industrializzazione e trend di crescita demografica ed economica positivi e che dal 1860 (solo dal 1860) vide invertire in negativo quei livelli e quei trend? Tutti “beceri” borbonici quegli accademici che hanno documentato queste tesi? Tutti “reazionari” Daniele, Malanima, Collet, Fenoaltea, Ciccarelli, De Matteo, Tanzi o lo stesso Davis quando afferma che la teoria dell’arretratezza meridionale preunitaria fu un’ invenzione postunitaria creata strumentalmente dagli artefici dell’unificazione (e trasmessa dai loro eredi genetici e culturali)? È “piagnone” quel meridionalismo che chiede (dopo 150 anni) “par condicio” tra Sud e Nord o è colpevole quel meridionalismo che (da 150 anni, magari per preservare il suo ruolo e i suoi incarichi) non lo ha mai fatto? È fornito di “buon senso” chi si indigna per il dramma di giovani che al Sud hanno la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi, delle occasioni e delle speranze di quelli del resto dell’Italia e dell’Europa o chi non si indigna e non si inventa neanche “petizioni online” per denunciarlo? È più colpevole chi da anni fa opera di ricerca e divulgazione come volontario negli archivi o chi si ricorda solo ora (dopo 150 anni!) che “forse l’accademia deve fare di più” per raccontare le verità del Risorgimento? Se il Sud è ridotto come sappiamo (“un deserto” per l’Istat) è colpa di chi non ha mai avuto ruoli istituzionali e vorrebbe (dopo 150 anni) risolvere le questioni meridionali percorrendo la strada dell’orgoglio o di chi è stato classe dirigente per tutti questi anni senza risolverle? È o non è surreale/pirandelliano protestare per qualche eventuale dibattito e non farlo di fronte ad un’emigrazione meridionale giovanile iniziata (solo) dal 1860, mai terminata e sempre più drammatica? Perché mai un accademico pugliese non dovrebbe rallegrarsi del fatto che in questi anni centinaia di migliaia di persone hanno iniziato a conoscere e ad amare la loro storia? Può essere una giustificazione quel pizzico di tradizionale settarismo accademico o di risentimento perché quella mozione non ha coinvolto gli accademici? E se la questione meridionale è ancora irrisolta o se in tanti hanno apprezzato (nei Consigli Regionali e fuori) la proposta del giorno della memoria e se i dibattiti sul tema (anche sul Corriere) sono così vivaci e seguiti, non sarà anche per la totale mancanza di autocritica e di predisposizione ai confronti che da 150 anni caratterizza accademici e/o classi dirigenti del Sud? Tutti (buoni) motivi per ringraziare ancora chi ha proposto quel giorno della memoria e per chi apre e ospita questi (utili) dibattiti.

Prof. Gennaro De Crescenzo, Napoli, presidente Movimento Neoborbonico