14 agosto 1861 – Il ricordo delle vittime
I tentacoli della piovra savoiarda strisciarono dalle regioni del Nord, sofferenti in quel tempo di pellagra, fin nelle terre del Regno delle Due Sicilie, preda appetibile per le sue ricchezze. Così fu usurpato il Sud, così fu fatta l’Italia, con un’azione di prepotenza e, ahimè, di connivenza. I savoiardi avrebbero dovuto bussare alla porta dei Borbone, sedersi intorno ad un tavolo e discutere sulla possibilità di unirsi, si sarebbero evitate stragi e morti e costruito un’Italia diversa, giudicate voi se migliore o peggiore. In quel tempo, dicevamo, nelle regioni del Nord, con maggiore concentrazione nell’area della Pianura Padana Orientale, causa un crescente grado di immiserimento, si moriva per gli effetti devastanti della pellagra, il morbo che oltre ad arrecare danni epidermici e intestinali irreversibili, colpiva anche i centri nervosi. Il mais era l’unica coltura in campo agricolo, la polenta era praticamente l’unico alimento che costringeva i contadini al più stretto monofagismo maidico. Dermatite, diarrea e demenza, le famigerate “3 D”, causate dalla pellagra, portavano alla morte. Per lunghi anni i manicomi del Nord si riempirono di pellagrosi con i sintomi neurologici della malattia. Secondo una prima indagine sanitaria dell’Italia unita, centomila persone nel nostro Paese erano affette dal cosiddetto male della miseria e 9 su 10 vivevano fra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. La pellagra era un’esclusiva assoluta del Nord, praticamente inesistente nelle terre amene del Sud. “Passeggiando sulle colline della Brianza e del Canavese – ha scritto Cesare Lombroso nel suo “Trattato profilattico e clinico della pellagra” -, vi sarà certo avvenuto incontrarvi in certi infelici simulacri di uomini macilenti, dall’occhio immobile e vitreo, dalle guance gialle allibite, dalle braccia screpolate piagate quasi da scottature o per larghe ferite …”. Solo nel 1881, grazie alle ricchezze trasferite armi in pugno dal Sud al Nord, il Governo stanziò un finanziamento per contrastare l’endemia della pellagra migliorando l’alimentazione delle popolazioni settentrionali.
Ma torniamo indietro di qualche anno, nel tempo dell’unione tra Nord e Sud, dell’annessione del Sud al Nord, esattamente nel 1861, mercoledì 14 agosto 1861. Tutti, almeno crediamo, hanno letto dei fatti d’arme di quel giorno, dell’accanimento delle divise italiane (o savoiarde?) guidate dal tenente colonnello Pier Eleonoro Negri contro una Pontelandolfo inerme assediata nel cuore della notte.
Secondo qualcuno non accadde praticamente nulla, quattro spari, quattro morti e niente più. C’è di vero che la comunità sannita fu colpita dritto nel cuore, devastata, incendiata, rasa al suolo, calpestata nell’onore delle vergini.
Questo accadde, morte e distruzione, e questo ricorderanno i pontelandolfesi di tutto il mondo il prossimo 14 agosto a 159 anni dall’alba di quell’orrore che provocò una ferita inguaribile, seppur lenita dalle scuse dello Stato e della città di Vicenza patria del decorato Pier Eleonoro Negri.
Alle ore 18,00 nella chiesa madre del SS. Salvatore, il parroco rev. Don Giuseppe Girardi officerà una Santa Messa in ricordo delle vittime dell’eccidio. E sottolineiamo eccidio! Una parola scomoda, ridimensionata dal critico spietato in atteggiamento di sdegnosa presunzione in pubblico convegno sotto le mentite spoglie di acculturato scrittore. Fu usata all’epoca la parola eccidio, termine sinonimo di distruzione, di uccisione (in massa), di strage, di sterminio. Al termine del rito religioso, l’Amministrazione Comunale deporrà una corona di alloro ai piedi del monumento dedicato a tutte le vittime della strage, della strage degli innocenti, diciamo noi, come innocenti furono i bambini massacrati dal Re della Giudea Erode il Grande, perché di questo si trattò, di strage degli innocenti.
Pontelandolfo ricorda il 14 agosto 1861 per rispetto di quella gente che pagò con il sangue e con la morte la spavalderia savoiarda che invase il Sud e sfondò le mura della comunità sannita per dare un esempio scatenando tutta la ferocia di cinquecento prezzolati soldati contro l’impotenza del paesello… ma un esempio di che?
Gabriele Palladino