Un Paese in libertà provvisoria
Dopo due mesi di cattività, con una barba bianca fluente da ostaggio, nonno Antonio veniva restituito dai sequestratori, i terroristi dell’emergenza, ai suoi tre nipotini. Prima del sequestro, i tre bambini, Marco Edoardo e Sofia, in sigla MES, vivevano praticamente dai nonni perché i genitori erano al lavoro. Erano tutti e tre al balcone, in attesa di rivedere i nonni liberati. Il più grande di 5 anni, trova anche le parole per fare la cronaca euforica del loro arrivo; gli altri due gemelli di due anni, incollati alle ringhiere, osservano rapiti e salutano con la manina i nonni sotto casa. Di scene come questa l’Italia ne ha vissute tante la settimana scorsa. A volte in un goffo remake i tg replicavano gli abbracci e la commozione per le telecamere. Si capiva che quelli veri erano stati altri, anche se qualcuno piangeva pure nella replica-fiction per la tv.
Il paese ha avuto le sue giornate di riconciliazione e per un momento ha sospeso l’angoscia. Ma la percezione istillata nella gente è che si tratta di una libertà provvisoria, limitata, facile a essere revocata e in ogni caso sempre una libertà condizionata che dipende da come ci comportiamo. Elargita con un catalogo di minacce e raccomandazioni: fate i bravi sennò torna il carcere domestico, anche più virulento di prima, ci ripetono virologi, protettori civili, commissari, premier, ministri, “sindache” svampite, mezzibusti televisivi e pappagalli mediatico-politici. Il sottinteso è che non siamo liberi, e comunque la libertà non è un diritto ma una graziosa concessione del potere e dei sanitari; e se sgarriamo ricadiamo subito in punizione e in ogni caso in autunno avremo il girone di ritorno. Lasciate ogni speranza o voi che uscite. Nell’attesa, museruola per tutti, alla larga da tutti, mani pulite, “non abbassare la guardia”. Una campagna intimidatoria, terroristica, che aggrava i già seri problemi che pone il contagio. E che solleva da ogni responsabilità i governi locali e nazionali, le strategie sanitarie; dipende solo dei cittadini. Niente tamponi e test di massa, ancora nulla per le mascherine “di stato”, niente terapie efficaci, non prese in considerazione neanche quelle che si sono dimostrate efficaci (a Mantova e Pavia, per esempio, iniettando il sangue di ex-contagiati); tutto è affidato al nostro restare “reclusi dentro”, come condizione mentale; e appesi alla lavagnetta che ci divide in buoni e cattivi. E un domani chissà il vaccino… Un quadro deprimente.
Ha alleviato la pena e lo spavento di queste settimane il tam tam dei social sulle grottesche corbellerie delle prescrizioni, le scemenze repressive delle svariate certificazioni, i limiti esilaranti posti a congiunti, affetti stabili, trasporti, auto, funerali, scuole, seconde case. Un paternalismo da stato para-etico o da Grande Fratello Idiota affondava nel ridicolo di alcuni divieti e alcuni paradossali distinguo. Facile l’esercizio ludico dello sberleffo di massa, la caricatura dei decreti o la loro applicazione letterale con le relative, ridicole conseguenze. Per non dire gli sviluppi surreali immaginati nei social: come il permesso di sposarsi consentito solo uno alla volta; sposarsi in due è un rischio che non possiamo permetterci. In compenso i matrimoni single registrerebbero meno divorzi… O l’obbligo di camminare a una gamba sola, per non sentirsi a piede libero, fare spostamenti brevi e contaminarsi meno col suolo. Ma oltre le caricature, i distinguo tra correre e camminare, fare sport o passeggiare hanno raggiunto livelli inverosimili di demenza istituzionale. Le barzellette sui carabinieri possono spostarsi ora su governanti, amministratori e task force.
A questo si sono aggiunti i racconti della cattività, spesso gustosi. Ognuno ha fatto esperienze particolari. Io, per esempio, ho convissuto per due mesi con la voce senza volto di una vicina che faceva lunghi monologhi coi suoi famigliari, che parevano inesistenti, sottomessi o ammutoliti; poi si accaniva con un cane, cacciato, bullizzato e offeso di continuo, senza che il cane mai abbaiasse o reagisse. Un cane espiatorio, che poteva essere anche virtuale. A questi deliri e a questi pettegolezzi di ballatoio conduce la cattività…
Tornando seri, dobbiamo chiederci se e come ci ha cambiati la quarantena. Al di là degli stucchevoli pistolotti moralisti, la lunga cattività non ci ha resi migliori né peggiori e nemmeno gli stessi; siamo cambiati, non sappiamo se per sempre o per una fase. Comunque ci ha depressi e impoveriti. È falso elogiare il senso civico degli italiani o viceversa deplorarne le trasgressioni: gli italiani hanno ubbidito non per senso civico ma per paura, spaventati dalla pandemia e soprattutto dalla campagna ossessiva sui media. La stessa paura ha spinto gli italiani a stringersi intorno al premier, che ha mostrato di anteporre la sua vanità e il suo profitto politico all’emergenza e ai rimedi. Nella sua vanesia inconcludenza Conte si è arrogato poteri mai concessi a nessun presidente del consiglio; il meno legittimato dei premier ha così abusato più di ogni altro della Costituzione. Senza contrasti, anzi Mattarella gli ha rinnovato la polizza dicendo che se cade lui si vota (il voto è il virus più temuto da tre quarti del parlamento).
Resta l’immagine commovente di un popolo che cerca di rialzarsi e di riaprire, che riprende a vivere tra tanti timori, e ritrova gli affetti sequestrati dal periodo più balordo della nostra storia repubblicana.
Marcello Veneziani
P.S. Il Nonno con la barba bianca, atteso dai tre nipotini sarebbe un parto perfetto di fantasia se non fosse in realtà mio fratello maggiore.
MV, Panorama n.22 (2020)