𝐍𝐨, 𝐪𝐮𝐚𝐫𝐭𝐚 𝐝𝐨𝐬𝐞, 𝐝𝐢𝐜𝐞 𝐥𝐚 𝐯𝐨𝐱 𝐩𝐨𝐩𝐮𝐥𝐢
“Ora basta, la quarta dose non la faccio”. È il passaparola spontaneo che sento ripetere dappertutto.
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No, quarta dose, dice la vox populi
“Ora basta, la quarta dose non la faccio”. È il passaparola spontaneo che sento ripetere dappertutto. Non riguarda solo il popolo dei no vax o di quanti cercarono di sottrarsi al vaccino anti-covid sin dagli inizi, scettici sugli effetti salvifici e preoccupati sugli effetti collaterali. Ma è il diffuso pensiero espresso da chi i vaccini li ha fatti. Molti precisano di aver fatto convintamente la prima dose, per disciplina e senso civico la seconda, e di aver fatto pur recalcitranti pure la terza per accedere al green pass e non avere problemi nella vita e sul lavoro. Ma la quarta no, dicono in tanti, che mi capita di ascoltare. Non è una posizione ideologica o politica, i terrapiattisti non c’entrano; ma gli argomenti che sostengono questo rifiuto di massa sono di tipo pratico, attinti dall’osservazione della realtà e dall’esperienza comune. Il vaccino, sostengono ormai in tanti, è inefficace contro le varianti, lo vediamo ogni giorno, e in modo obliquo lo confermano pure gli esperti, salvo ripiegare quasi tutti su un fideismo finale sul dogma-vaccino, che è poi un cieco allinearsi per non avere problemi e subire ritorsioni. Tanti tra i colpiti dal covid, o ricaduti nel contagio, sono pluri-vaccinati. E dopo aver sostenuto a lungo la tesi che il vaccino comunque attenua gli effetti e diminuisce le probabilità di contagio, ora si arriva a dire – davanti a troppe smentite della realtà- che il vaccino resta l’unica risposta (seppur poco efficace o del tutto inefficace) alla circolazione del covid. Se abbiamo senso civico dobbiamo farlo, come se fosse un imperativo morale di tipo kantiano. La scienza non ci è più di aiuto, resta la morale assoluta.
L’inoculazione ripetuta del vaccino, nota la gente dopo tre anni di pandemia, non ha dato i frutti sperati, anzi rischia di abbassare ulteriormente le difese del sistema immunitario mentre si allarga sempre più la platea di chi ha vissuto o ha visto esiti tragici seguiti al vaccino. Anche in questo caso, come fu già per il covid, post hoc non vuol dire propter hoc, ovvero non c’è alcuna certezza scientifica che si sia un nesso tra il vaccino e le varie patologie che sono seguite. Ma il racconto di molti, si ripete con insistenza: casi direttamente conosciuti, anche di familiari, che a due settimane o comunque dopo la terza dose hanno avuto problemi cardiaci importanti o fatali, aneurismi e altre patologie gravi e a volte letali. E non sono quasi mai persone anziane o cagionevoli, con precedenti sanitari.
È facile attribuire alle dosi reiterate di vaccino tutti i mali possibili e immaginabili che sono accaduti; ma quando si verificano casi frequenti e inspiegati, il minimo dubbio che il vaccino sia stato almeno la causa scatenante di patologie latenti, insorge. Non ci sono basi per affermarlo scientificamente, ma tantomeno per escluderlo. Non ci sono studi in materia di qualche rilevanza scientifica, anzi si evita la questione, sicché i dubbi restano.
Persone del tutto ragionevoli, che non soffrono di complottismo o dietrologia, escludono di farsi propinare la quarta (e poi la quinta) dose che viene ogni giorno annunciata, caldeggiata, se non prescritta, a partire dalle categorie a rischio, dai fragili agli anziani. Non avendo alcuna certezza, vedendo il fronte dei virologi e dei medici molto diviso, disorientato e spesso con pareri privati molto critici anche se pubblicamente temono ritorsioni a esprimere la propria divergenza, non ci sentiamo di dare consigli a nessuno. Certo non alzeremo steccati e barricate tra frenatori e oltranzisti del vaccino. Però in tutta onestà, per quel che mi riguarda, cercherò di sottrarmi alla quarta dose.
Quella vox populi, probabilmente, col passare dei giorni e il tambureggiare della campagna mediatica, istituzionale e sanitaria, con le misure restrittive che presto seguiranno per imporre l’ulteriore richiamo, si ridimensionerà. Qualcuno ci ripenserà, qualcuno chinerà la testa ai diktat e ai divieti; anche se non è impossibile immaginare una diffusa obiezione di coscienza e “di realtà” che magari costringerà la cupola mediatico-sanitaria-istituzionale a fare passi indietro. Il tema non può essere liquidato come un riemergere del populismo, altrimenti si potrebbe affermare anche il contrario: che si vuole imporre un vaccino periodico contro il populismo, non contro il covid, di cui è palese l’inefficacia, almeno rispetto alle sue ultime varianti.
L’atteggiamento dogmatico sul vaccino, nonostante i risultati, rischia anzi di sfociare in chiave di ribellione sociale e politica combinandosi con le altre emergenze che si intrecciano in questo brutto momento per l’Italia e per l’Europa. Per esempio quando sentiamo gli effetti enormi sulla situazione economica, energetica e sociale che stanno avendo le posizioni italo-europee sul conflitto russo-ucraino, a fronte di modestissimi risultati: tanti sacrifici prescritti, tante restrizioni, una crisi galoppante d’inflazione, energia e lavoro, ma la guerra non viene frenata, la Russia nemmeno e i governi occidentali vacillano più che il Cremlino. A cosa servono tutti questi sacrifici, si chiede la gente? E ancora una volta si tratta di una considerazione di puro buon senso, non discesa da letture faziose o ideologiche. Si può essere fermamente contro Putin e l’invasione in Ucraina, e trovarsi a dire: ma noi che ci stiamo martellando i nostri organi vitali e riproduttivi ogni giorno, che effetto abbiamo prodotto sulla guerra? Zero. Volevamo tagliare il gas russo e ora temiamo che lo facciano loro e li denunciamo per questo…
Se il disagio davanti all’obbligo della quarta dose, dovesse intrecciarsi alla serie di restrizioni e sacrifici a fronte di nessun risultato, allora sì, la vox populi potrà esplodere, anche sul piano della rivolta sociale. Fatevi una dose di senno, ogni tanto.