Rifiutare il siero è un diritto Appestarci no

Rifiutare il siero è un diritto. Appestarci no
14 Luglio 2021
Il sintomo di quanto ci siamo disabituati alla libertà, molto più che nell’anomalia di essere spesso governati da premier non eletti, sta nel fatto che è sempre più difficile riconoscerla
Marco Zucchetti

Il sintomo di quanto ci siamo disabituati alla libertà, molto più che nell’anomalia di essere spesso governati da premier non eletti, sta nel fatto che è sempre più difficile riconoscerla. Viene fraintesa, maneggiata goffamente come un concetto dai confini indefiniti, citata a sproposito. E soprattutto viene brandita come una bottiglia di birra dagli hooligans del «faccio quello che mi pare perché questo è un Paese libero». Un Paese, appunto, non una giungla.

Ancora una volta è il Covid ad innescare un domino di implicazioni filosofiche innestate su problemi molto pratici. Il tema è sempre l’obbligo di vaccino, pragmaticamente e scientificamente la via maestra per fermare la pandemia in ogni sua variante. Dato che la via maestra è giuridicamente di difficile percorribilità, in Francia hanno ideato una deviazione che porti alla stessa meta, che è l’immunizzazione della popolazione: un pass che consenta l’accesso ai luoghi della socialità – dai bar ai cinema, dai ristoranti ai teatri – solo ai vaccinati. L’effetto? Un milione di prenotazioni in un giorno. Abbastanza per far ragionare anche il governo italiano sull’ipotesi di adottare la stessa misura. Tutto ciò, da Parigi a Roma, ha armato la rivolta dei corazzieri del diritto di appestare il prossimo, che considerano il provvedimento illiberale.

Occorre chiarirsi su cosa sia la libertà, che non è lo stato di natura dell’uomo che si fa lupo per l’altro uomo. Perfino per Bakunin la società anarchica si basava sull’autogoverno, la sintesi, l’aiuto reciproco e l’armonia, non sul menefreghismo totale e la prepotenza di chi – più forte, più giovane o semplicemente più sconsiderato – vive senza rispetto del bene comune. Non vaccinarsi, così come non portare la mascherina («museruola» per i fieri no mask che si illudono di essere Braveheart mentre sono al massimo personaggi da cinepanettone) è da incoscienti e da incivili. Perché chi rifiuta di difendere se stesso, offende gli altri. E li espone a limitazioni, disagi, oltre che alla malattia. Vale più la libertà di un insegnante di non vaccinarsi o quella di centinaia di alunni di andare a scuola? Perché i milioni di italiani che si sono vaccinati, ora rischiano di vedersi privati di socialità, istruzione o anche solo del diritto allo svago proprio perché qualcuno non accetta le regole condivise. Ma chi non accetta le regole condivise, di fatto si auto-esclude dal consesso sociale. Il pass semplicemente certifica questa auto-ghettizzazione.

La società non è un buffet all you can eat, dove si paga un tot (le tasse, in teoria…) e poi si fanno i propri porci comodi. Vigono norme di comportamento e leggi per garantire che nessuno prevarichi il prossimo, perché i diritti siano tutelati a costo di qualche freno. Un afflato patriottico non giustifica un canto da stadio a un funerale, così come l’adesione al nudismo non è sufficiente per andare a fare la spesa in mise adamitica. Allo stesso modo, non basta non fidarsi del vaccino per avere il diritto di andarsene in giro come potenziali bombe virali a orologeria. Non si può imporre l’obbligo? Benissimo, però si può – e si deve – pretendere che la loro scelta non minacci la nostra salute. Tutti hanno la sacrosanta libertà di ammalarsi se proprio ci tengono, ma nessuno ce l’ha di farci ammalare o costringerci alla quarantena dopo un anno e mezzo di s