Le trappole della bolletta
Per milioni di famiglie cambiano le condizioni di abbonamento alla linea fissa. E l’Autorità protesta: troppi aumenti ingiustificati. Per cucina e riscaldamento nuove bollette dallo scorso gennaio: al via la totale liberalizzazione del settore
Angelo Allegri
Un caso Banca Etruria ripetuto milioni di volte, ogni mese dell’anno. Come i risparmiatori che hanno comprato titoli dell’istituto toscano non sapevano che cosa acquistavano, così la gran parte degli utenti ignora contenuto e insidie delle bollette che periodicamente riceve per posta o, sempre più spesso, per mail.
Certo, le cifre in ballo sono diverse: con i conti di gas, luce o telefono non ci si gioca di solito i risparmi di una vita. Ma spesso è proprio la disattenzione dei clienti a incentivare le cattive abitudini delle imprese fornitrici. E queste ultime non si fanno troppi problemi ad approfittarne, come dimostra la sfilza di condanne per violazione delle regole a tutela del consumatore impartite con cadenza quasi settimanale dall’Autorità per la concorrenza e il mercato.Anche le bollette, tra l’altro, possono trasformarsi in sorprese dolorose, come possono testimoniare le vittime dei maxi-conguagli richiesti da alcune società del gas: normali utenti, o molto spesso piccole imprese, che all’improvviso si vedono recapitare richieste di pagamento da migliaia di euro. Il caso tipico è quello di clienti che magari per anni pagano consumi stimati e dal valore di pochi euro, senza preoccuparsi di verificare i consumi effettivi. Capita che anche la società fornitrice «dimentichi» di fare periodicamente la lettura del contatore (l’inconveniente è più frequente dove l’impresa distributrice è diversa da quella che fornisce la materia prima e per qualche ragione le due non si parlano come dovrebbero). Prima o poi i nodi vengono al pettine e ci si ritrova conti arretrati salatissimi da pagare. Vicende di questo tipo, rare per le (…)(…) forniture di energia elettrica, settore in cui la stragrande maggioranza dei contatori consente la telelettura, si sono invece moltiplicate per il gas. Tanto che il ministero delle Sviluppo economico ha dovuto convocare un tavolo tecnico tra imprese e associazioni di consumatori. Con la richiesta, da parte di queste ultime, di permettere una sempre maggiore rateizzazione delle bollette «pazze» e di ridurre a non più di due anni la prescrizione (oggi si può arrivare a cinque). Non è un caso, tra l’altro, che sul tema l’Autorità per l’energia elettrica e il gas sia di recente intervenuta più volte. Con l’ultima decisione, pochi giorni fa, ha stabilito che in alcuni casi a fare testo è l’autolettura, mentre in caso di chiusura dell’utenza le imprese hanno limiti temporali tassativi per l’invio dei consuntivi, con indennizzi automatici in caso di inadempimento.Proprio il settore del gas, così come quello della luce, sta vivendo grandi trasformazioni: a partire dal mese di gennaio l’Autorità di settore ha, per esempio, imposto una nuova bolletta-tipo. Rispetto alle precedenti è un modello di chiarezza: i dati fondamentali del contratto e dei consumi sono subito evidenti. Ma secondo alcune associazioni di consumatori si è perso qualche cosa: «Si è puntato tutto sulla sinteticità, sacrificando però il dettaglio», spiega l’avvocato Emanuela Bertucci, legale dell’Aduc. «Chi vuole contestare il documento e i consumi attribuiti è costretto a chiedere un altro documento più analitico, che la società fornitrice deve dare. Ma così si rende più difficile e macchinoso l’esercizio di un diritto».Ancora più profondo il cambiamento legato alla scomparsa del servizio di maggior tutela. Attualmente i contratti di fornitura si dividono in due categorie: quelli conclusi sul libero mercato, in cui prezzi e condizioni sono definiti dall’accordo tra le parti, e quelli in regime di maggior tutela, appunto, in cui il prezzo della materia prima è fissato da un provvedimento dell’Authority. È l’eredità del vecchio monopolio, che, però, su modello degli altri Paesi europei e indicazione di Bruxelles, è destinato a sparire entro il primo gennaio 2018. Ma il passaggio si presenta tutt’altro che facile, con milioni di clienti costretti a misurarsi per la prima volta con problemi totalmente nuovi. Per questo l’autorità sta studiando una forma di transizione graduale e guidata i cui contorni verranno definiti nelle prossime settimane. La prima liberalizzazione, avviata nel 2007, è un bell’esempio di quante trappole si nascondano dietro tariffe e bollette: nel corso degli anni circa il 30% degli utenti ha scelto il libero mercato aderendo a qualcuna delle offerte-pacchetto che le società si sono affrettate a presentare. Una migrazione motivata dalla ricerca della maggior convenienza che però ha finito per trasformarsi in un aggravio di costi. Secondo i dati dell’Autorità chi ha scelto la libera contrattazione paga il gas mediamente il 20% in più di chi ha mantenuto il regime di maggior tutela. Come è possibile? Semplice: molto spesso è difficile capire che cosa si compra e spesso si sottoscrive un contratto allettati da una promozione; ma quando la promozione termina e i costi iniziano a incidere in modo più rilevante ci si dimentica di quanto si è firmato, regalando sostanzialmente soldi all’impresa fornitrice.Un altro settore da sempre croce e delizia dei consumatori italiani è quello telefonico. Negli ultimi anni il costo delle linee mobili è sostanzialmente precipitato (vedi anche il grafico in queste pagine). Ma nei mesi più recenti centinaia di migliaia di famiglie hanno visto un sostanzioso (e silenzioso) aggravio delle spese sostenute per il telefono fisso. Anche in questo caso c’è di mezzo una sorta di rivoluzione copernicana della bolletta. A metà dell’anno scorso Telecom Italia (che ora ha unificato la denominazione di fisso e mobile e usa il marchio Tim) ha abolito il canone pagato da chi non aderiva a un’offerta a pacchetto e utilizzava solo la linea telefonica voce. In pratica 4,5 milioni di famiglie, poco meno della metà dei clienti Telecom, che pagavano il canone (18,54 euro più 10 centesimi al minuto per conversazione) sono state trasferite a una tariffa denominata «Tuttovoce» che costa 29 euro al mese ed è comprensiva di chiamate a fissi e cellulari. Dieci euro in più ogni quattro settimane che nella maggior parte dei casi superano il costo precedentemente sostenuto per le telefonate in uscita, visto che in larga misura si parla di famiglie con bassissimi livelli di traffico. L’Autorità per le comunicazioni ha subito contestato le modalità del trasferimento, che richiedeva un consenso esplicito e che modificava «l’oggetto del contratto» e ha diffidato Telecom. La società, dopo qualche modifica non sostanziale, ha tirato dritto. Così tre settimane fa l’Agcom l’ha condannata a due milioni di multa usando parole molto severe: «Il passaggio forzoso all’offerta Tuttovoce ha prodotto effetti negativi sui livelli di spesa mensile di un numero consistente di utenti che in precedenza fruivano solo eventualmente del traffico telefonico… di dimensioni rilevanti il pregiudizio economico da essi subito e il conseguente vantaggio di Telecom». L’autorità si è riservata anche nuove iniziative per tutelare la collettività e per assicurare le prestazioni legate al cosiddetto servizio universale, quello che Telecom è obbligata, in cambio di un corrispettivo, a garantire. «Le sanzioni andrebbero rese più severe», sostiene Paola Francesconi del Centro tutela consumatori. «L’impressione è che a volte le società mettano in conto le multe e che procedano lo stesso, tanto sono alti i guadagni che ne ricavano». Telecom, da parte sua, spiega l’introduzione della formula «Tuttovoce» con la «normale evoluzione del mercato verso i servizi a pacchetto» ma non comunica il traffico medio delle famiglie coinvolte nell’operazione e non quantifica dunque i maggiori ricavi. «Tuttovoce» a parte, la specialità delle società telefoniche è però un’altra: l’attivazione di servizi non richiesti che compaiono all’improvviso in bolletta o che azzerano il credito residuo in caso di tessere ricaricabili. Nelle sentenze Agcom per il solo 2015 c’è tutto il gotha della telefonia mobile: nel mese di gennaio Telecom, Wind, Vodafone e H3G sono stati condannati a pagare tra i 1,750 milioni (Telecom e H3G) e gli 800mila euro (Wind e Vodafone) per attivazioni e addebiti illeciti. Altre condanne, sempre da centinaia di migliaia di euro, sono arrivate per questo o quell’operatore nel corso dell’anno: opzioni gratuite che all’improvviso diventano a pagamento, piani tariffari che cambiano improvvisamente senza che l’utente presti il suo consenso. Il 2016 non si annuncia diverso: un’istruttoria è stata avviata contro Tim per servizi non richiesti, la settimana scorsa Vodafone ha ricevuto una multa di un milione per l’attivazione automatica del servizio «Exclusive», con il relativo addebito in bolletta, senza il consenso preventivo dei clienti. Furbate che su ogni singola sim pesano pochi euro (nel caso Exclusive 1,9 al mese per cliente), ma nelle casse degli operatori diventano «regali» da decine di milioni all’anno. Angelo Allegri