Latte alle stelle, un litro oltre i due euro
2 Settembre 2022
Lactalis e Granarolo: “Costi energetici su del 200%, filiera in ginocchio”
Marcello Astorri
La prospettiva di un prezzo del latte superiore a due euro al litro ha fatto mettere da parte anche la rivalità sul mercato. E così la francese Lactalis e l’italiana Granarolo hanno unito le forze nella richiesta d’aiuto al governo. Il nemico comune è il caro energia e «l’inflazione galoppante che da 12 mesi colpisce l’agroalimentare italiano e in particolare il settore lattiero caseario», si legge sulla nota. «Occorre un intervento pubblico che scongiuri conseguenze ancora più disastrose per le migliaia di imprese che compongono la filiera».
Lactalis, che fattura oltre 20 miliardi nel mondo e 2,3 in Italia, è capofila di marchi italiani famosi come Galbani e Parmalat, quest’ultima acquisita nel 2011 per 4 miliardi. Granarolo, realtà emiliana a guida del mondo delle cooperative casearie, invece nel 2021 ha fatturato 1,28 miliardi. Si tratta quindi di due pesi massimi dell’industria agroalimentare.
Il caro prezzi «ha toccato in maniera importante, con numeri a doppia cifra, quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte». A pesare sui costi di produzione anche l’alimentazione animale (colpita dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha «reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori». Ma a essere più caro è anche il confezionamento dei prodotti, con carta e plastica in aumento costante da mesi. «Oggi, però, la preoccupazione maggiore è rappresentata dall’incremento dei costi energetici che nelle ultime settimane sono aumentati a tal punto da rendere difficile trasferirli sul mercato». Su questo fronte, il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ha dichiarato che, solo per l’energia, gli aumenti sono «del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022».
Le due aziende sostengono di aver assorbito autonomamente un’inflazione che oscilla tra il 25% e il 30%, a fronte di un prezzo del latte per il consumatore che è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 euro al litro. E se il prezzo è già di per sé alto, la prospettiva è che di questo passo potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022. Una situazione di questo genere, soprattutto se protratta nel tempo, finirebbe inevitabilmente per incidere sui consumi, anche di un alimento base per la dieta di milioni di italiani.
«Le imprese sono allo stremo», ha affermato Giovanni Pomella, amministratore delegato di Lactalis in Italia. «Hanno già fatto ben oltre le loro possibilità ed è arrivato il tempo della responsabilità pubblica».
La filiera lattiero-casearia ha un rilievo importante per l’economia italiana. In particolare, la produzione di latte vaccino occupa 24mila stalle che producono 12,7 milioni di tonnellate all’anno e alimenta una catena produttiva lattiero-casearia nazionale che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro.
L’aumento dei costi, denuncia Coldiretti, può portare quasi un allevamento su dieci a rischio cessazione dell’attività. I prezzi alla stalla, ad aprile, secondo i dati Ismea hanno mediamente raggiunto il livello record di 47,4 euro/100 litri, motivo per cui la produzione sta frenando. Ed è un peccato perché l’industria italiana casearia aveva iniziato l’anno con numeri incoraggianti. Il mercato interno, nei primi quattro mesi del 2022, aveva registrato un balzo del 14,6% sul 2021. E meglio ancora erano andate le esportazioni: nei primi due mesi del 2022, infatti, erano lievitate del 22,8% in termini di volume e del 26,9% in valore.
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