La circolare per curarsi a casa: ecco i medicinali da non assumere
Il documento, trasmesso oggi, dà indicazioni sul tipo di pazienti Covid che possono essere curati a casa e sui farmaci utilizzabili
Valentina Dardari – Mar, 01/12/2020
La circolare del ministero della Salute sulla “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2” è stata trasmessa oggi, 1 dicembre, ai medici e ai professionisti sanitari interessati, e alle istituzioni di riferimento.
Il documento, firmato dal direttore generale Prevenzione del ministero, Giovanni Rezza, e dal direttore generale Programmazione sanitaria, Andrea Urbani, secondo quanto comunicato, è stato redatto “al fine di fornire indicazioni operative tenuto conto dell’attuale evoluzione della situazione epidemiologica sul territorio nazionale”.
Le indicazioni della circolare
La circolare dà indicazioni sia riguardanti il tipo di pazienti risultati positivi al Covid che possono essere assistiti presso la propria abitazione, sia riguardo gli strumenti e i farmaci che possono essere usati dai medici di famiglia e dai pediatri di libera scelta. Il testo è valido a livello nazionale, andando a superare gli avvisi che alcuni Ordini territoriali dei medici avevano precedentemente definito e divulgato. Tra i farmaci non raccomandati per il trattamento del Covid-19, che sono stati indicati all’interno della circolare ci sarebbero gli antibiotici, la clorochina o idrossiclorochina, e le combinazioni antivirali lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o cobicistat. In una tabella il documento ricorda le varie “raccomandazioni e decisioni Aifa sui farmaci Covid-19”.
Infatti, su quanto disposto dall’Agenzia italiana del farmaco, possono venire utilizzati antinfiammatori come paracetamolo o Fans in terapia sintomatica, oltre a costicosteroidi ed eparine che vanno però usati solo in specifiche condizioni di malattia. Nella circolare si legge: “Non utilizzare antibiotici. Il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l’infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico. Non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti; non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente”.
I pazienti Covid che possono essere assistiti direttamente a casa, senza quindi dover essere ospedalizzati, sono quelli ritenuti a basso rischio, e devono rispondere a criteri precisi. Come per esempio la mancanza di fattori di rischio aumentato come patologie tumorali o immunodepressione. Tali pazienti devono inoltre avere queste caratteristiche: “Sintomatologia simil-influenzale (ad esempio rinite, tosse senza difficoltà respiratoria, mialgie, cefalea); assenza di dispnea e tachipnea; febbre a 38° o inferiore da meno di 72 ore; sintomi gastro-enterici (in assenza di disidratazione e/o plurime scariche diarroiche); astenia, ageusia disgeusia, anosmia”.
Come si legge nella circolare, il medico di base, o il pediatra di libera scelta, assiste il paziente con sintomatologia lieve “coadiuvato da un membro della famiglia. Una valutazione del contesto sociale (condizioni domiciliari generali, presenza di caregiver) deve, pertanto, essere parte essenziale dell’iniziale valutazione”. Inoltre, sia i pazienti che i membri della famiglia dovranno essere educati in merito all’igiene personale, alle misure di prevenzione e al controllo delle infezioni, e a come avvicinarsi nel modo corretto una persona con infezione da Covid-19, con l’obiettivo di evitare la diffusione dell’infezione ad altri contatti.
Ridurre la pressione negli ospedali e nei Pronto soccorso
Il medico di famiglia o il pediatra “deve anche rilevare la presenza di eventuali fattori che possano rendere il paziente più a rischio di deterioramento e, in particolare, è fondamentale considerare e documentare la presenza di comorbosità”. Al fine di rendere omogenea e confrontabile la valutazione iniziale del paziente è necessario usare uno score che tenga conto della valutazione di diversi parametri vitali. Uno di questi è il Modified Early Warning Score, che ha il pregio di quantificare la gravità del quadro clinico osservato e la sua evoluzione, pur dovendosi tenere in conto eventuali limiti legati, per esempio, alla valutazione dello stato di coscienza in soggetti con preesistente deterioramento neurologico. Nel testo si legge viene sottolineato che, per cercare di ridurre la pressione sulle strutture di Pronto soccorso e poter quindi mantenere negli ospedali tutte le attività ordinarie, è importante che il personale delle Usca, ovvero le Unità speciali di continuità assistenziale, lavori in stretta collaborazione fornendo supporto ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta.