Impennata dei prezzi: la spesa ci costa 479 euro in più
29 Maggio 2022
Rincari esorbitanti per olio di girasole, farina, pasta e burro, che si sommano a quelli del gas, della benzina e dell’energia a causa della guerra
Francesca Galici
In una sua conferenza nel 1972, Edward Lorenz si chiedeva se il batter d’ali di una farfalla in Brasile potesse provocare un tornado in Texas. Questa domanda è alla base del cosiddetto “effetto farfalla” della teoria del caos ma spiega bene quanto sta accadendo in Italia dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Da quando Vladimir Putin ha invaso il Paese di Volodymyr Zelensky, anche l’Italia sta pagando le conseguenze. Basta dare uno sguardo veloce allo scontrino del supermercato e fare un paragone con la spesa del pre-conflitto per notare incrementi sostanziosi del conto finale. In generale, considerando tutti gli aumenti e non solo quelli alimentari, il conflitto costa a ogni famiglia 929 euro, come dimostra uno studio della Cig di Mestre riportato da Gian Maria di Francesco su il Giornale in edicola oggi. Tra gas, benzina, energia elettrica e prodotti alimentari, per gli italiani la guerra in Ucraina è un vero e proprio salasso.
Assoutenti ha effettuato una stima media del valore dei rincari alimentari partendo dai dati Istat di aprile: “Ogni famiglia, solo per mangiare, deve mettere in conto una maggiore spesa in media pari a +479 euro annui. Proprio il forte incremento dei listini nel comparto alimentare ha portato, secondo gli stessi dati Istat, ad una forte riduzione dei consumi alimentari da parte delle famiglie, che si sono ridotti del 6% rispetto al 2021“. Così ha spiegato il presidente Furio Truzzi a il Tempo, quantificando l’aumento complessivo del carrello della spesa. Tra i rincari più evidenti c’è quello dell’olio di girasole, e non potrebbe essere altrimenti visto che l’Ucraina è il primo Paese in Europa per la produzione di questo prodotto.
Al momento dell’invasione della Russia, l’Ucraina si è trovata costretta a interromperne l’esportazione, che vale anche una fetta considerevole del suo Pil. Le conseguenze si sono riversate anche sui Paesi che lo importano, tra i quali l’Italia, dove i prezzi hanno subito un forte impennata, quantificata da Coldiretti nel 64% rispetto al prezzo al dettaglio prima del 24 febbraio. Inferiori, ma non meno sostanziosi, sono stati gli aumenti nel prezzo della farina, salita del 17%. Anche in questo caso, le cause di un effetto così dirompente in Italia vanno ricercate in Ucraina, che fino a febbraio era considerata il “granaio d’Europa” e non solo, vista la sua straordinaria produzione cerealicola, in particolare di grano. Per lo stesso motivo, la pasta è aumentata del 14%.
Ma salta all’occhio anche l’aumento del burro, che ha subito un incremento del 15,7%. Sebbene il latte che viene utilizzato per la sua produzione non provenga dall’Ucraina, il mais che viene impiegato per alimentare le mucche sì, almeno per una buona parte. Una bassa disponibilità di mais per gli allevatori dei bovini si traduce in un suo aumento di prezzo che, logicamente, si ripercuote anche sul prodotto finito. In generale, alimenti e bevande in Italia hanno subito un incremento del 6,4%. E gli aumenti, se la guerra dovesse continuare, potrebbero subire ulteriori incrementi.
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