Il cellulare resta in tasca

Il cellulare resta in tasca. Fine di un rito collettivo

30 Aprile  

Giacomo Susca

A sancire il ritorno alla normalità senza condizioni sarà un atto mancato, un gesto che ci auguriamo di non dover compiere mai più. «Prima di entrare siete pregati di mostrare il green pass». Basta così. Perché da domani sembrerà solo una frase a effetto in un romanzo distopico, vissuto nostro malgrado da protagonisti. Il bello delle regole, se rispettate dalla maggioranza degli individui, è che a un certo punto raggiungono il loro scopo, quindi se ne può fare a meno. Perché l’uscita dal tunnel – si spera definitiva – non sta tanto nei numeri reali del contagio, quanto nella rimozione di un permesso per tornare a vivere. Chi aveva fatto la scelta un po’ naïf, ovvero quella di girare con una copia stropicciata del certificato in tasca o in borsa, potrà togliersi la soddisfazione di stracciare quel foglietto ripiegato in quattro parti e di farne un falò di ricordi. Tutti gli altri smetteranno di fare la caccia al tesoro sul cellulare tra le foto dei nipotini e quelle dell’ultima vacanza, alla ricerca del magico lasciapassare, ogni qualvolta devono salire su un treno o entrare in un ristorante. Per la gioia di chi sbuffa in coda perché il green pass, loro, lo tengono sempre a portata di mano… Chissà se la risacca di questa emergenza sanitaria a ondate riuscirà a coprire anche le ansie e le ordinarie psicosi che la pandemia, in questi due anni di tira e molla, ha favorito e amplificato.

Secondo i piani del governo la «Certificazione verde Covid 19» rimarrà sempre utile per dimostrare l’avvenuta (multipla) vaccinazione o la guarigione dal Covid, ma diciamocelo, sarà difficile sentirne la mancanza. È facile, invece, prevedere che il derby permanente tra sostenitori e detrattori del provvedimento non finirà il 1° Maggio, festa del Lavoro per tutti, non vaccinati compresi. Come non serve tirare in ballo presunte «libertà» negate per riconoscere che hanno avuto torto coloro i quali sostenevano che fosse un fine in sé e non un mezzo. Ora che è arrivato il momento di archiviare il green pass, ma non ancora le mascherine dappertutto, approfittiamone per far ripartire tutte le attività che sono state limitate con un sacrificio collettivo. Lavorare, viaggiare, andare a teatro, fare sport e musica dal vivo, concedersi una cena fuori: non trascurabili amenità, ma diritti inviolabili che nessuna «dittatura sanitaria» avrebbe potuto soffocare a tempo indeterminato. Figurarsi se bastava un green pass, anche se «super», per riuscirci.

 

 

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