Ecco cosa cambia sui farmaci

“Pronto? Mi fa questa ricetta…” ​Ecco cosa cambia sui farmaci

Non importa se bianca o rossa. La ricetta del medico deve essere realizzata a seguito di una visita. E non sotto dettatura del farmacista (come spesso avviene)
Michele Di Lollo – Mar, 20/10/2020

Stop ai furbetti dalla ricetta facile. Il medico che prescrive un farmaco sotto dettatura del farmacista (e senza visita) rischia il falso ideologico.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione. La suprema corte chiarisce che non può essere considerata attività ricognitiva “nonostante la prassi diffusa in tal senso, quella del medico che prescriva un farmaco semplicemente colloquiando al telefono con un assistito mai incontrato, il quale descrive determinati sintomi, senza averlo mai visitato e senza neanche conoscerne, ad esempio, le potenziali reazioni allergiche ad un determinato farmaco”.

Nella sentenza di cui parliamo si conferma la condanna per un dottore che ha prescritto un medicinale senza aver mai visto il paziente. La difesa è stata battuta in giudizio. Questa cercava, senza successo, di far passare un’idea: che le ricette incriminate non erano rosse (e dunque a carico del servizio sanitario nazionale). Ma si trattava di fogli liberi del medico di base (ricetta bianca) che non agiva in qualità di pubblico ufficiale. Ad avviso dell’imputato la ricetta bianca era una semplice scrittura privata che non conteneva nessuna attestazione di fatti di cui doveva essere provata la verità. Ed aveva il solo scopo di autorizzare il farmacista alla vendita del farmaco, senza dare atto di una patologia.

La Cassazione sbugiarda però il medico. Conferma la falsità ideologica commessa da una persona che svolge un servizio di pubblica utilità. E coglie l’occasione per fare il punto sulla differenza tra il ricettario rosso, e quello bianco con la sola intestazione del medico. Da oggi, in soldoni, la prescrizione sul ricettario bianco – che il medico deve usare quando svolge attività privata – presuppone un accertamento della sussistenza di una malattia che giustifichi la somministrazione del prodotto a prescindere dall’obbligo di indicare la diagnosi.

La sentenza riscrive la prassi spesso utilizzata che riguarda le ricette “scritte al buio”. Chiaramente non c’è alcun obbligo di visita quando il medico conosce già in paziente perché lo ha in cura da tempo, ha sintomi ricorrenti o una malattia cronica. In linea generale, dunque, la prescrizione di un medicinale presuppone una vista o la conoscenza diretta di una patologia.

I giudici sottolineano, secondo quanto spiega il Sole 24 Ore, che la sostituzione della ricetta “colorata” con quella dematerializzata, non influisce sui criteri di creazione a utilizzo. Le regole più stringenti dettate per quest’ultima sono giustificate dal fatto che quanto prescritto pesa sul servizio sanitario nazionale e può essere usata contro il medico, in caso di uso inappropriato, davanti alla Corte dei Conti. Circostanza che non vale per la bianca che conserva comunque la sua valenza di certificativa: il beneficiario deve dunque rientrare nella categoria dei soggetti che hanno diritto alla prestazione. In sostanza, la parola del farmacista vale molto poco. Deve essere il medico a stabilire la malattia, la prescrizione e, quindi, la cura appropriata.