Crisi del gas, in Croazia altre 6 trivelle. E l’Italia resta a guardare
14 Settembre 2022
Gli altri paesi europei cercano di correre ai ripari: 6 nuove trivelle per la Croazia. E Germania e Paesi Bassi pensano a un giacimento di gas nel Mare del Nord. In Italia, invece, tutto fermo
Federico Garau
Crisi del gas? Per la Croazia è semplice, si pensa a mettere in funzione altre 6 trivelle per l’estrazione. Anche in Italia si potrebbe procedere in tal modo, provvedendo così ad aumentare la disponibilità dell’importante risorsa, eppure, al momento, pochissimi i segnali in tal senso.
Attualmente, malgrado le intenzioni del ministro della Transizione ecologica Cingolani di aumentare le estrazioni di gas con le trivelle in mare, di avviare nuove perforazioni non se ne parla. Mentre paesi come Crozia corrono ai ripari, dunque, l’Italia resta a guardare.
A manifestare il proprio scontento è Oscar Guerra, di Assorisorse. “La Croazia ha ordinato sei nuove piattaforme e presto le metterà in funzione mentre qui in Italia le nuove perforazioni sono vietate” si sfoga Guerra su Italia Oggi. “Non solo. L’annunciato documento che avrebbe dovuto definire le aree idonee per il gas metano non ha mai visto la luce, è fermo in chissà qualche cassetto. E pensare che sotto i nostri mari ci sono 350 miliardi di metri cubi di gas“.
Insomma, considerata la situazione attuale, con aziende e famiglie in difficoltà, e l’Europa ancora in cerca di soluzioni, l’Italia dovrebbe cominciare a guardare in casa propria e a trovare un rimedio, almeno per limitare i danni. La Croazia non ha perso tempo, mentre noi restiamo fermi, non approfittando delle risorse che abbiamo.
“Oggi ne estraiamo 3,3 miliardi, nell’arco di 6-12 mesi si potrebbe arrivare a circa 8 ed entro 18-24 mesi, con nuove piattaforme, a 15 miliardi” informa Guerra, preoccupato per lo stato del nostro Paese. Di gas ne abbiamo, ma non viene estratto. Ecco perché Assorisorse ha inviato un memorandum al governo, chiedendo di ottimizzare le strutture già operative e velocizzare lo sviluppo di nuovi progetti. I vantaggi sarebbero evidenti: avremo minor necessità di dipendere dagli altri paesi e ne guadagneremo in termini di costi, acquisiremo una maggiore sicurezza energetica e ridurremo le emissioni. Non solo. Si creerebbe lavoro, diminuirebbero i costi in bolletta e si favorirebbe lo sviluppo delle imprese.
E allora perché si esita?
Il no alla piattaforma petrolifera costa all’Italia 190 milioni di euro
Nel 2016 fu l’esecutivo di Matteo Renzi a imporre un deciso stop alla trivellazione nel mar Adriatico, negando alla compagnia petrolifera Rockhopper di sfruttare il giacimento Ombrina. Un fatto per il quale l’Italia dovrà pagare una sanzione salata, oltre ad aver perso in credibilità. Società come Rockhopper, preferiranno forse fare affari con la Croazia, in futuro.
Qui in Italia, del resto, abbiamo Giuseppe Conte e il suo Movimento 5 Stelle che non ci pensano nemmeno alle trivellazioni. Anzi. “Il futuro è tutelare gli ecosistemi marini non sottoponendoli allo stress di nuove trivellazioni. Anche perché per le trivellazioni servono degli investimenti a lungo termine molto costosi e quindi non rappresentano di certo la soluzione all’emergenza energetica” ha detto in una delle sue ultime dichiarazioni l’ex avvocato del popolo.
Se ci guardiamo intorno, scopriremo che anche Paesi Bassi e Germania si daranno presto da fare per sviluppare un nuovo giacimento di gas nel Mare del Nord. Da noi, invece, tutto fermo. E Federacciai si è vista costretta a firmare un accordo per ottenere energia dalla centrale slovena di Krsko.
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