Spunta il piano per il gas: così l’Italia si prepara al freddo
23 Agosto 2022
Un’interruzione delle forniture dalla Russia creerebbe comunque problemi al Paese. I piani del governo e le preoccupazioni dell’industria
Andrea Muratore
L’Italia ha, con forniture alternative e gioco d’anticipo, evitato sinora di dover provvedere a predisporre piani draconiani sul taglio ai consumi di gas di fronte all’eventualità che nelle prossime settimane la Russia interrompa le forniture verso l’Europa nelle prossime settimane. Lo scenario, da inserisi nel quadro della guerra energetica e psicologica che Mosca ha mosso per controbattere alle dure sanzioni occidentali imposte dopo l’invasione dell’Ucraina, ha già portato la Germania a predisporre misure di contenimento dei consumi: il minsitro dell’Economia, il Verde Robert Habeck, ha di fatto proposto l’inizio dell’austerità energetica proponendo un taglio del 15-20% dei consumi di famiglie e imprese da qui a marzo, in ottemperanza alle nuove norme approvate in sede europea. L’Italia non ha ancora necessità di misure del genere: la dipendenza sul gas dalla Russia è stata ridotta dal 40 al 15%, la diversificazione continua, il clima più mite lascia più settimane a disposizione prima dell’arrivo del freddo, il panico nel Paese sul fronte gas è minore. Ciò non toglie però che si debba analizzare lo scenario in modo tale da prepararsi al rischio di uno stop alle forniture.
Roma prevedeva, già in primavera, un taglio al 7% dei consumi. Il piano di Roberto Cingolani e del Ministero della Transizione Ecologica è stato poi vidimato da Bruxelles che ha assegnato all’Italia proprio una quota del 7% di taglio volontario dell’utilizzo di gas. A livello operativo, l’unica misura sinora messa in campo è stata quella della riduzione dei consumi energetici negli uffici pubblici. Il preallarme attivato sul gas è solo il primo di tre possibili step. L’Italia ha già pronte le misure per eventuali scenari di maggiore criticità, che scatterebbero soltanto di fronte a una rottura definitiva delle forniture di Mosca. Repubblica ha elencato le misure che il governo Draghi ha prospettato qualora si arrivasse all’allarme più alto e al rischio di uno choc energetico totale: “Nelle abitazioni, per esempio, le temperature dei termosifoni dovranno essere ridotte di due gradi, limitando anche l’orario di accensione. Ai Comuni potrà essere chiesto di ridurre l’illuminazione pubblica nelle strade e sui monumenti fino al 40% dei consumi totali. Allo stesso modo, gli uffici pubblici potrebbero chiudere anticipatamene, così come potrà essere chiesto ai negozi di abbassare le saracinesche entro le 19, mentre i locali non potranno restare aperti oltre le 23”. Tutte misure teoriche, che anche il governo che nascerà dopo le elezioni del 25 settembre dovrà vidimare e eventualmente modificare, ma che danno l’idea di come anche l’Italia, meno in crisi sul gas, sia pronta al peggio.
In quest’ottica, va sottolineato come dalla riduzione dei consumi negli uffici pubblici allo spegnimento delle luci molti Paesi stiano già promuovendo misure restrittive, che fortunatamente in Italia restano solo parte di casi di studio ad oggi remoti. Anche l’Italia ha promosso un’agenda energetica di controllo dei consumi tale da minimizzare l’impatto di tali tagli sul settore che maggiormente si punta a preservare, l’industria. Un fantasma si aggira infatti per l’Europa, quello dei lockdown produttivi per impianti produttivi costretti a cessare l’operatività in autunno e inverno per il combinato disposto di incertezza delle forniture e ulteriori rincari delle bollette energetiche. Tale caso di studio, che su queste colonne avevamo analizzato prima dello scoppio della guerra in Ucraina, imporrebbe inoltre un brutale “tetto ai prezzi” attraverso dinamiche di mercato rovinose per imprese e cittadini, contribuendo a un crollo del Pil e dell’occupazione. Parliamo del fantasma della “disoccupazione di massa e della povertà” evocato da Habeck in primavera per giustificare il rifiuto di Berlino di rompere completamente col gas russo. “Prepariamoci per i razionamenti”, ha dichiarato allarmato Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. “Non possiamo farci trovare impreparati, il governo Draghi può e deve intervenire. Anche con un tetto al gas nazionale” in grado di precedere ogni scenario peggiore. In cui anche all’industria sarebbe inevitabilmente chiesto di fare, seppur in misura minore, la sua parte.
In quest’ottica, però, la vera nube sull’industria italiana è legata alle dinamiche di Berlino. Il rischio maggiore, ad oggi, sembra quello di uno stop agli impianti nella Repubblica Federale per lo tsunami energetico capace di riverberarsi, anche in presenza di maggiori garanzie nella Penisola, sull’industria italiana profondamente integrata nella catena di subfornitura della produzione tedesca. Il Meccanismo Europeo di Stabilità ha stimato in un -2,5% la botta al Pil italiano e tedesco in caso di interruzione dei flussi di gas dalla Russia. L’autunno che si avvicina rischia di essere decisamente rigido, non solo sul fronte climatico. E ogni forza politica desiderosa di guidare o condizionare profondamente il governo che nascerà dal voto del 25 settembre non può non pensare anticipatamente agli scenari che attendono l’Italia nel quadro di una partita europea del gas in cui la capacità di resistenza di Roma è sicuramente buona ma in cui una rottura definitiva con Mosca potrebbe comunque risultare rovinosa.
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