Casa in locazione: le spese e le tasse

Casa in locazione: le spese e le tasse a carico del proprietario

12 Febbraio 2024
Affittare casa può rappresentare una rendita importante, a patto che se ne valutino attentamente costi e benefici

Dario Murri

 

Tabella dei contenuti

Se in questo momento inflazione, incertezza sui tassi d’interesse e, di conseguenza, sui mutui, stanno rallentando le compravendite immobiliari, più dinamico è il mercato degli affitti. Mettere in affitto una casa può essere un’opportunità redditizia, ma è importante comprendere i dettagli finanziari per massimizzare i guadagni e gestire le spese in modo efficiente. Vediamo dunque quanto può rendere una casa in locazione, analizzando i guadagni per il proprietario e le spese connesse.

Tipologie di locazione

In generale, le tipologie di contratto d’affitto a carattere residenziale, sono costituite da: contratto ordinario a canone libero (4+4), la cui durata minima è di 4 anni rinnovabili per altri 4 anni in automatico; contratto di locazione a canone concordato 3+2, durata minima 3 anni estensibile di 2, con importo del canone di solito più basso di quello di mercato; contratto transitorio, tipologia di contratto che può avere una durata minima di 1 mese e massima di 18 mesi; contratto transitorio per studenti, tipologia di contratto per studenti fuori sede, che può essere stipulato solo nei comuni sede di università o con sedi universitarie distaccate, con durata dai 6 ai 36 mesi; contratto turistico, che riguarda gli affitti brevi, e si differenzia dal contratto transitorio per durata (da 1 a 30 giorni) e scrittura privata (sotto i 30 giorni non va registrato all’agenzia delle entrate e certificato con marca da bollo, come accade per il contratto transitorio). A questi si aggiunge il contratto di comodato d’uso, di solito, però, gratuito, con cui il proprietario dell’immobile lo consegna ad un’altra persona, per servirsene ad uso determinato, con l’obbligo di restituire l’immobile.

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Opzioni più comuni

Posto che non esiste una soluzione universale adatta a tutti, le opzioni da considerare quando si decide di affittare una casa per ottenere una rendita sono sostanzialmente il contratto di affitto con un inquilino privato (con o senza intermediazione di un’agenzia), l’affitto a studenti universitari e l’affitto a breve termine.

La strada più comune, rappresentata dalla prima opzione, consiste di solito nel selezionare un inquilino a cui affidare la propria casa, arredata o meno, a seconda degli accordi e delle prospettive di guadagno del proprietario. La scelta di questa opzione è spesso influenzata dalla preferenza di avere un inquilino stabile e affidabile (nella speranza che lo sia) nel lungo periodo.

Per quanto riguarda l’affitto a studenti universitari, questa opzione non è per tutti, poiché non tutte le proprietà si trovano in prossimità di istituti accademici. Del resto, qualora si possedesse un appartamento con più stanze, è consentito affittarle a studenti anche singolarmente, con conseguente aumento dell’introito. Per gli studenti universitari la legge prevede contratti di locazione a canone concordato di durata variabile adatto alle esigenze transitorie dello studente e particolari agevolazioni fiscali.

L’opzione dell’affitto breve permette infine di ottenere guadagni più consistenti e libera il proprietario da vincoli a lungo termine con un singolo inquilino. Tuttavia, è necessario valutare attentamente se la zona è effettivamente turistica o presenta un ampio bacino di clientela, oltre al regime di tassazione, come stiamo per vedere.

Regimi di tassazione

Quando si parla di tasse su un affitto ci sono due regimi di tassazione: il primo è il regime di tassazione ordinaria, con cui pagare le tasse in base allo scaglione Irpef di appartenenza; si va dal primo, che prevede un’aliquota del 23% per un reddito fino a 15.000 euro, al quinto, che per un reddito superiore ai 75.000 euro applica un’aliquota del 43%.

Con la tassazione ordinaria, è necessario coprire, oltre alla registrazione del contratto, anche spese come l’Imposta di registro, solitamente corrispondente al 2% del valore del canone annuo di affitto per immobili ad uso abitativo; questo valore va moltiplicato in base al numero di annualità previste nel contratto e può essere pagato in un’unica soluzione o suddiviso in rate. Nel secondo caso, il numero di rate dipenderà dagli anni di durata del contratto e verrà rivalutato ogni 12 mesi in base agli indici Istat, con un conseguente lieve aumento della spesa complessiva. C’è poi l’Imposta di bollo, che deve essere versata al momento della registrazione e ha un costo di 16,00 euro ogni 100 righe o quattro facciate. Va considerata per ciascuna copia del contratto che si intende registrare.

Il secondo tipo di regime è costituito dalla cedolare secca, che non prevede l’obbligo di dichiarazione delle entrate provenienti dall’affitto ai fini Irpef, imposta di registro, di bollo e dalle addizionali, in sostituzione dei quali il contribuente dovrà pagare un’imposta unica, con una tassazione in misura fissa pari ad una percentuale dell’importo del canone di locazione, e cioè del 21% per i contratti a canone libero (quando le parti sono libere di decidere autonomamente l’importo del canone che l’inquilino corrisponderà al proprietario), e del 10% per i contratti di affitto a canone concordato (quando il contenuto viene stabilito dal medesimo legislatore o dagli accordi delle associazioni di categoria territoriali). Le condizioni per ricorrere alla cedolare secca sono la locazione, che andrà stipulata in via esclusiva per fini abitativi, e la possibilità di esercitare tale opzione solo da parte delle persone fisiche titolari di un diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’immobile.

Il reddito derivante dai canoni di locazione confluisce nell’ammontare totale dei redditi percepiti, costituendo così una parte dell'”Imponibile Irpef” su cui sarà calcolata l’imposta da versare. Quest’ultima, trattandosi di un’imposta diretta, aumenta proporzionalmente all’aumentare delle entrate del contribuente. Per quanto riguarda l’affitto della seconda casa la tassazione diventa l’ago della bilancia per capire come ricavare un maggiore guadagno. Anche qui è possibile optare per il regime di tassazione ordinaria, con cui l’affitto viene dichiarato ai fini dell’Irpef, o per la cedolare secca al 21%.

Guadagno netto stimato

Il guadagno netto rappresenta la somma residua al proprietario dopo aver soddisfatto gli obblighi fiscali sul canone ricevuto. Un calcolo preciso è essenziale per determinare l’entità della tassazione e l’importo netto disponibile, rendendo necessaria un’attenta pianificazione per garantire un reddito mensile. In questo contesto, effettuare tali calcoli diventa cruciale per stabilire la cifra adeguata da richiedere come canone al fine di assicurare un flusso mensile di entrate.

Volendo fare un esempio pratico, per poter definire il guadagno netto ricavabile da un affitto, cioè la somma rimanente al proprietario dopo il pagamento delle tasse derivanti dal canone percepito, la formula che permette di calcolare il guadagno effettivo, considerando un affitto di 600 euro mensili, è la seguente: 600 x 12 = 7.200 – 5% = 6.840. Sottraendo il 5%, che rappresenta una percentuale forfettaria sul canone annuale lordo, si perdono quindi 360 euro.

Considerando l’aliquota Irpef del 23%, il calcolo diventa: 6.840 – 23% = 5.275,20. In questo caso, si “perdono” ulteriori 1.564,80 euro, sommati ai 360 euro precedentemente calcolati. L’importo finale di 5.275,20 euro rappresenta il guadagno netto annuale, che, diviso per 12 mesi, consente di ricevere circa 439,60 euro al mese.

È importante notare che, oltre all’Irpef, occorre tenere in considerazione anche il pagamento dell’Imu e, come detto, una spesa una tantum per la registrazione iniziale del contratto di locazione, oltre a eventuali rinnovi annuali. Questi fattori influenzeranno l’effettivo guadagno mensile disponibile per il proprietario.

Altre spese a carico del proprietario

È importante tenere presente che il proprietario dell’appartamento condominiale è responsabile delle spese per opere e servizi a lungo termine, anche quando l’unità è affittata. Il locatore è tenuto a coprire tutte le spese relative alla manutenzione straordinaria, come l’installazione di una nuova caldaia, la sostituzione di tubi dell’acqua o di un cancello. Egli è inoltre responsabile delle spese per l’allacciamento alla rete fognaria, l’installazione o sostituzione degli impianti elettrici e di riscaldamento. Per quanto riguarda le parti comuni, il proprietario è incaricato dell’installazione di nuove cassette postali, armadietti elettrici, zerbini condominiali, tappeti e cartelli segnalatori, nonché delle tasse per l’occupazione del suolo pubblico e le spese relative ai lavori condominiali.

Spettano, ancora, al locatore tutte le spese che non rientrano nella categoria di piccola manutenzione, ossia tutte le opere e attività che possono essere considerate manutenzione straordinaria e che coinvolgono gli spazi comuni e tutti i condomini. Ciò include spese legate a rifacimenti e manutenzione straordinaria delle facciate, degli impianti elettrici, idrici, sanitari o del gas, nonché i costi associati alla ristrutturazione del tetto, al rifacimento degli intonaci e all’installazione dell’impianto televisivo, tra le altre.

https://www.ilgiornale.it/news/cittadini/quanto-rende-casa-affitto-i-guadagni-e-spese-proprietario-2282681.html