Bollette, tutta la verità sui costi: qui si nascondono tasse balzelli
Il costo dell’energia nel nostro Paese è un rebus. Il sistema è complesso. E così si scopre che in bolletta sono presenti tasse e balzelli che l’utente spesso ignora
Michele Di Lollo – Mar, 15/09/2020
Il costo della bolletta (che sia luce o gas) nel nostro Paese è un bel problema. Per una serie di motivi legati soprattutto alla burocrazia.
Il fornitore impone un prezzo (spesso nascosto) che pesa sulle spalle delle famiglie e delle imprese. Questa faccenda ha un suo peso specifico: tanta irritazione da parte dei consumatori. Quando si sottoscrive una nuova offerta energetica solitamente ci si basa sul prezzo. Un aspetto che molti gestori sfruttano a proprio vantaggio, dichiarando una tariffa bassa a fronte di costi nascosti e servizi postvendita a pagamento.
Migliaia di utenti ogni anno, pensando di sottoscrivere offerte energetiche vantaggiose, si ritrovano poi a pagare più di quanto preventivato. A dover sborsare soldi per assistenza, o altri servizi mai davvero compresi. In questo articolo cercheremo di spiegare come muoversi in questa giungla fatta di cavilli e acronimi. E proveremo a rendere chiaro, in sostanza, come leggere una bolletta.
Il costo nascosto
Nella quasi totalità dei casi è lampante come il principale fattore a trarre in inganno sia il costo. Far apparire un prezzo più basso, ad esempio online, non è difficile. Basta nascondere nel contratto altre voci di spesa che andranno a compensare e a superare la cifra che il venditore di energia intende raggiungere. Che sia il servizio clienti a pagamento, l’Iva magicamente esclusa, i conguagli, conta poco. Ciò che deve rimanere impresso è che c’è un mondo là fuori che lucra sulle nostre speranze. E sul nostro portafoglio.
Bollette care e indecifrabili tra contatori, consumi e oneri
Abbiamo sentito, per questa ragione, un esperto. Marco Vignola, responsabile settore energia dell’Unione Nazionale Consumatori. È molto chiaro quando ci spiega: “Il settore energetico è molto complesso. I venditori sono obbligati in fattura a inserire voci che in parte provengono da loro, in parte da altre figure. Sono gli oneri per la gestione della rete, oneri generali di sistema. Questi ultimi pesano molto: circa il 25% sul costo totale. E servono per finanziare politiche industriali: fonti rinnovabili, energia e così via”. Poi, aggiunge Vignola, ci sono le tasse: Iva, accise. Sul gas arrivano anche al 40% della bolletta. “La verità è che tanta roba che è in bolletta, in realtà non dovrebbe starci. Bisogna introdurre equità. Le fatture, per farla in breve, non conoscono il conto in banca dell’utente. O sono ricco, o sono povero pago sempre gli stessi costi fissi. Quindi l’impatto sulle famiglie povere è maggiore. In questo la responsabilità è dello Stato”.
Infine, spiega sempre Vignola, c’è quella parte di componenti che vengono aggiunte dal venditore. Il che non facilita le cose, rendendo ancora più complesso il sistema. “Anche il mercato libero, infatti, non è esente da problemi. Le aziende offrono dei contratti in cui dentro entrano una serie di servizi che i consumatori non sono obbligati (se informati) a sottoscrivere. Voci che vanno a intasare la bolletta. L’utente si trova così a pagare delle cose che vanno oltre la normale fornitura di energia”.
Gli acronimi
Spesso accade quindi che il fornitore, con cui l’utente firma un contratto, faccia trasparire in bolletta spese di cui non si è a conoscenza. Non si tratta di una truffa, sia chiaro. Da qualche parte, nel contratto che si è firmato, sono presenti queste voci di spesa, magari in piccolo e in corsivo, ma ci sono.
Una fattura luce o gas (per fare un esempio) si compone di diverse voci. La spesa per la materia prima. La spesa per il trasporto e la gestione del contatore. Gli oneri di sistema. Le imposte definite dallo Stato. Ed è a questo punto che arrivano gli acronimi che spesso vogliono significare costi aggiuntivi per i consumatori. La spesa per la materia prima è costituita dalla somma di tante piccole voci di costo, sia fisse che variabili. Più precisamente, nella bolletta della luce paghi: il prezzo dell’energia (Pe). Viene scelto dal fornitore e copre il costo sostenuto per acquistare l’elettricità dalle centrali. Questo è il famoso prezzo al kWh che viene pubblicizzato sui siti e l’unico su cui di solito si fanno i confronti.
Il prezzo del dispacciamento (Pd). Serve a mantenere la rete elettrica in equilibrio. Sul mercato libero può essere scelto dal fornitore. Il prezzo di perequazione energia (Ppe). Il prezzo di commercializzazione e vendita (Pcv). È un importo che copre le spese per la gestione dei clienti. Sul mercato tutelato è pari a 65,1239 €/anno, ma sul mercato libero i fornitori possono aumentarlo. E c’è chi lo alza anche a 120 euro l’anno.
Quanto pesa la burocrazia
Alcuni fornitori parlano principalmente di prezzo della materia prima. Lo scrivono in grassetto, lo scontano e ti spingono a confrontarlo con quello dei concorrenti. Tendono a non parlare, invece, di tutte le altre componenti inserite nel contratto. Possono dunque impostare un prezzo della materia prima incredibilmente basso, ma compensare aumentando altri acronimi e di fatto raddoppiando o triplicando l’importo che si andrà a pagare.
Abbiamo fatto l’esempio dell’energia elettrica, ma per gli altri settori suoneremmo la stessa musica. Magari avremo acronimi diversi, però non cambierebbe la sostanza. L’unico modo, per non farsi prendere per i fondelli, sarebbe quindi il seguente: prendere il contratto e sommare tutti i costi visti sopra. Potrebbero avere gli stessi nomi che abbiamo riportato, ma anche chiamarsi nei modi più disparati. “Corrispettivo per gestione energetica”, “sbilanciamento per servizi di vendita”. L’unico limite è la fantasia. E una buona dose di rabbia inespressa, da buon consumatore, contro il sistema italiano. Ci sentiremo raggirati da una burocrazia matrigna che costa ogni anno migliaia di euro a famiglie e imprese. Magari senza neanche sapere il perché.