𝐈𝐬𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐭𝐨𝐫𝐧𝐚 𝐚𝐥 𝐒𝐚𝐧 𝐂𝐚𝐫𝐥𝐨
Ci vollero solo sei mesi per edificare il grandioso teatro san Carlo a Napoli, dai vituperati Borboni, nel 1737, prima della Scala di Milano e de la Fenice di Venezia; inaugurato in grande nel giorno di San Carlo, il 4 novembre, da Re Carlo III. Ci sono voluti anni, invece, perché il San Carlo, Napoli, e l’Italia intera, riconoscessero al napoletanissimo critico musicale Paolo Isotta, morto due anni fa, la statura di scrittore e raffinato conoscitore della musica, come pochissimi. Uno scrittore, per intenderci a metà strada tra Piero Buscaroli e Mario Praz, ma in versione partenopea.
Autore di opere monumentali, critico musicale per decenni del Corriere della sera, ne fece una malattia quando, in seguito alle sue critiche feroci (Paolino non era un carattere facile e non si teneva il cece in bocca), il sovrintendente del San Carlo, Stéphane Lissner, vietò otto anni fa a Isotta di metter piede alla Scala di Milano, generando le condizioni perché il Corriere della sera lo sollevasse dal suo incarico e lo “esodasse”, lo mandasse in pensione, come non ha fatto con altri critici anche più anziani di lui. Quella fatwa infame fece soffrire molto Paolino, lo fece immalinconire, e probabilmente contribuì in modo decisivo a farlo entrare in quello stato depressivo che lo indusse alla sua tragica morte nel febbraio del 2022.
Già guardato con sospetto per alcune sue idee ritenute reazionarie se non peggio, perso lo scudo del Corriere, Isotta finì emarginato e ignorato.
Nel frattempo, i casi del destino, Lissner era passato a sovraintendere il San Carlo di Napoli, dove attualmente è in bilico per alcune sospette irregolarità e incongruenze. A denunciare queste posizioni irregolari del funzionario francese, voluto dal Ministro Franceschini, e a perorare la causa di dedicare a Isotta il foyer del San Carlo, è stato un instancabile leone della politica napoletana, Amedeo Laboccetta, esponente storico della destra, già parlamentare e attivo rappresentante nei consessi locali, e presidente di quel centro d’irradiazione politica del mezzogiorno d’Italia che è Polo Sud. Laboccetta è riuscito a convincere l’intero consiglio comunale di Napoli e il suo sindaco a tributare questo riconoscimento postumo a Isotta. Un risarcimento simbolico, post mortem, del suo amore per la musica, per il teatro, per Napoli e per la tradizione. E la smentita dell’infame detto “nemo propheta in patria”; al contrario, Napoli col San Carlo ha riconosciuto al suo figlio quel che Milano con la Scala ha disconosciuto. Bentornato a casa sua, Paolino.