Dentro l’opera: Il materasso di Gian Lorenzo Bernini per l’Ermafrodito dormiente. Un’illusione ottica estremamente realistic
Fabio Strazzullo
Secondo la mitologia, Ermafrodito era figlio di Ermo e della dea Afrodite. Il neonato era stato allattato dalle Naiadi nelle grotte del Monte Ida, una montagna sacra situata nella regione della Frigia in Asia Minore. All’età di quindici anni, annoiato dall’ambiente in cui viveva, cominciò la sua esplorazione del mondo e fu proprio nel corso di essa che egli viaggiò fino a giungere in Caria, sulle rive di un lago.
Qui, in un boschetto nei pressi di Alicarnasso, lo vide la giovane ninfa Salmace la quale si innamorò immediatamente di lui. Cercò di sedurlo, ma fu respinta. A questo punto, Ermafrodito si mise a nuotare nel lago e Salmace lo abbracciò unendosi a lui, dando origine a una creatura androgina, metà uomo e metà donna.
La statua che qui vediamo è una copia romana da originale greco risalente al II secolo d.C. rinvenuta a Roma nel giardino di Santa Maria della Vittoria durante i lavori di scavo per la costruzione della nuova Chiesa nel 1619. Venne fatta subito vedere a uno degli intenditori d’arte del momento, il cardinal Scipione Borghese che in cambio della statua, concesse il suo architetto di fiducia, Giovanni Battista Soria per contribuire alla costruzione della Chiesa. Esposto nella sua Villa Borghese, rimane tutt’oggi la più celebre raffigurazione di Ermafrodito colto nel sonno a pancia in giù, ma in una posizione da cui si scorgono le parti intime. Nel 1620, il cardinale ne ordinò il restauro.
Forse solo l’integrazione del piede in aria venne condotta dallo sconosciuto David Larique, mentre Gian Lorenzo Bernini venne pagato 60 scudi perché realizzasse ex novo la base della statua, un morbido materasso di marmo, tour de force di illusionismo ottico e tattile che inganna lo spettatore. Stranamente, una guida della Villa riportava il nome di Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo come autore del materasso, mentre un mandato di pagamento del 21 febbraio 1620 attesta senza ombra di dubbio come invece la mano dell’artista era del figlio e quindi Gian Lorenzo.
Nei primi anni dell’800, l’Ermafrodito venne venduto insieme ad altri pezzi della collezione Borghese a Napoleone Bonaparte e trasferito al museo del Louvre dove tutt’oggi si trova. Quello che vediamo oggi nella Galleria è, invece un esemplare risalente al II secolo ritrovato nel 1781, al quale Andrea Bergondi sostituì la pelle di leone con una riproduzione fedele del materasso berniniano.
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Bibliografia consultata:
Ovidio, Metamorfosi libro IV;
G. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma, Grignani, 1650, p. 99;
M. Minozzi, appendice documentaria: le opere di Bernini nella collezione di Scipione Borghese, in Bernini scultore, 1998, pp. 423-440;
S. Pierguidi, Ermafrodito in Bernini, catalogo della mostra a cura di A. Bacchi e A. Coliva, Roma 2017, pp. 86-87;
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