I fatti di Pontelandolfo e Casalduni in scena
Oggi Mario Fraschetti presenta il suo libro “Pontelandolfo e Casalduni bruciano ancora”,le due comunità martoriate dal fuoco savoiardo che tornanodi nuovo protagoniste domenica sempre per mano di Mario Fraschetti che porta in scena nella suggestiva Arena Vittoriaun altro suo capolavoro artistico: “L’Altra Storia – 14 Agosto 1861 – I tragici fatti di Pontelandolfo e Casalduni”, con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale e dell’Associazione “Pontelandolfo Città Martire”. Suoi i testi, sua la regia, per la esaltazione di un cast d’eccezione con Nunzia Di Pietro, Agnese Giacomelli, Francesco Melani e Claudio Matta. Testi ballate e musiche di Tommaso Imperio. Alla chitarra Francesco Melani. Assistenza tecnica di Alain Redaelli. Foto di Gianni Bartolini.
“Io sono come il tuo nome, non esisto nella storia d’Italia”, è il triste pensiero che il martire di Pontelandolfo rivolge al milite ignoto, in ginocchio sul sacello dell’Altare della Patria. Ma oggi, come scrive Francesco Mario Agnoli nel suo “Dossier Brigantaggio – Viaggio tra i ribelli al borghesismo e alla modernità”, “dobbiamo disseppellire i protagonisti veri per riportarli all’onore del mondo e farli conoscere ai loro inconsapevoli discendenti … il tempo e i luoghi simbolo delle rappresaglie sabaude sono il 14 agosto 1861 e i paesi di Pontelandolfo e Casalduni … è inevitabile farvi ritorno, nonostante l’orrore delle fiamme, degli arsi vivi, degli uccisi a fucilate mentre tentano di sottrarsi ai morsi furibondi del fuoco, dei morti insepolti, perché qui, come intorno ad un picco di infamia e di dolore, si avvolgono e si increspano i tracciati di tutte le mappe, incluse quelle i cui estensori hanno scelto, per ipocrita carità di patria o altri meno nobili motivi, di cancellare i giorni e i luoghi”. Pontelandolfo e Casalduni a quel tempo erano abitati da gente umile, per lo più lavoratori della terra, giammai di brigantesca natura. Ma, “La lotta al brigantaggio finì col coinvolgere anche coloro che briganti non erano e comportò violenze inaccettabili da conquista coloniale. Gli episodi come quello di Pontelandolfo vanno ricordati: la storia non può essere scritta dai vincitori …” è il commento dell’ex Presidente del Consiglio on.le Giuliano Amato sulla triste vicenda. Lo Stato italiano ha chiesto scusa per quel grave errore che determinò l’immane tragedia.
La città di Vicenza, la patria natia del tenente colonnello Pier Eleonoro Negri, il boia di Pontelandolfo, si è inginocchiata sul sagrato del santuario immaginario eretto nella cittadina sannita in memoria della persecuzione razziale post-unitaria delle genti meridionali. Due gesti memorabili, emblematici, che sintetizzano la storica celebrazione del 150° anniversario dell’eccidio che si è tenuta il 14 agosto 2011 a Pontelandolfo. Due gesti compiuti con grande senso di responsabilità istituzionale dal Presidente, in quel tempo, dei Garanti dell’Unità Tecnica di Missione Giuliano Amato e dal sindaco vicentino Achille Variati. Due gesti che hanno reso giustizia alle vittime innocenti di un paese messo a ferro e fuoco dall’orda barbarica di 500 prezzolati sanguinari dell’esercito piemontese.“Io Sindaco di Vicenza –disse allora Achille Variati -, mi inginocchio dinanzi alle vittime innocenti di Pontelandolfo causate dal mio concittadino Colonnello Pier Eleonoro Negri… L’ex premier Giuliano Amato, su delega del Capo dello Stato, il 14 agosto 2011 pronunciò l’auspicata frase dopo un secolo e mezzo di attesa: “A nome del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, vi chiedo scusa per quanto qui è successo e che è stato relegato ai margini dei libri di storia”.
Gabriele Palladino