Alfonso Sellaroli: orologi tra tempo e memoria.

Alfonso Sellaroli: orologi tra tempo e memoria.

I miei appuntamenti col tempo -sì insomma l’idea non di qualcosa che fluisce e basta, ma su cui occorre soffermarsi a pensare- partono da Greenwich. Il grande osservatorio ti impone la coscienza del tempo certo come sequenza di eventi più o meno prevedibili; ma anche come storia umana, del tutto imprevedibile, come simbolo culturale, come tecnica di misura, come arte della rappresentazione.
Continuano poi, quegli appuntamenti, con letture importanti. Talora con eventi straordinari, come quando Marie-Antoinette, una pigmea Aka, mi spiegò attraverso un conturbante racconto della sua vita di ragazza, il tempo di quando “non erano ancora usciti”, di quando stavano ancora da soli nella foresta equatoriale del bacino dell’Oubangui.
Da ultimo, Angelo Garofano, mi ha messo di fronte al Cav. Alfonso Sellaroli (1855-1940), un ragazzo di Guardia che a vent’anni, dopo un breve corso a Firenze, apre una fabbrica di orologi da torre nel suo minuscolo paese natale abbarbicato sui fianchi dell’Appennino Sannitico e da lì parte con le sue opere alla conquista del mondo: commesse, riconoscimenti, attestati, medaglie d’oro.
Nei miei ricordi, il Cav. Sellaroli è poco più di un nome, una figura remota: non l’ho mai visto, per dire, in effigie, o raffigurato in un monumento, consegnato alnome di una strada o di una piazza. Oggi mi appare per quello che fu: una “mente di ingegnere”, come direbbe Serge Moscovici, senza titoli accademici, appartenente a una schiera affascinante di “inventori” che fiorì in Italia a cavallo del ‘900 e che ha in Guglielmo Marconi la figura eponima.

Con una passione incredibile, il mio amico d’infanzia -che ha probabilmente la stessa “mente” di Sellaroli- restaura gli orologi in disuso, raccoglie pezzi che sembrano ferrivecchi ma sono brillanti soluzioni tecnologiche, ricostruisce modelli in scala.

Sulle tracce di chi ha scritto di lui, -Enrico Garofano, Filippo De Blasio- mi piacerebbe sapere qualcosa del suo carattere, di come sorrideva ai suoi bambini, della spinta che alimentava la sua inventiva, dei modi attraverso cui ha potuto concepire l’idea di un’industria meccanica della Provincia profonda, cento anni prima del modello della “Terza Italia”, esportandone i prodotti sui mercati di tutto il Paese e raggiungendo perfino Gerusalemme.
Nessun pezzo di Sellaroli è uguale a un altro:un geniale artigiano. Mi piacerebbe, sì, capire meglio i modi della sua creatività, il contributo di un’Italia considerata “minore” alla prima rivoluzione industriale del Paese. Si insomma, “apprendere” preticando il dovere di memoria che tutti dobbiamo a un personaggio come lui.

Angelo Turco

IMG_8984

IMG_8985

IMG_8990

IMG_8991