SEMPRE UN PO DI………”BRIGANTESSE”
Posted by altaterradilavoro on Gen 11, 2018
SEMPRE UN PO DI………”BRIGANTESSE”
…… Nel 1863 e 1864 Rocco Chirichigno detto Coppolone era in Basilicata, con sua moglie Arcangela Cotugno. L’avanzata di Garibaldi entusiasmò la famiglia di Arcangela, e suo fratello Giovanni si arruolò fra i garibaldini e combatté al Volturno contro l’esercito borbonico. Il marito rimase deluso quando perdette la speranza di avere in assegnazione un pezzo di terra promesso da Garibaldi, si dette al brigantaggio, e seguì Borjès. Coppolone venne in Basilicata dopo l’avventura di Borjès ed Arcangela lo raggiunse, diventando brigantessa ed impaurendo i campagnoli del materano. Rapine di animali, grassazioni, estorsioni, sequestri, incendi, ed infine attacco e resistenza alla forza pubblica in tenimento di Montescaglioso e alla masseria San Vito di Sanmauro, erano i numerosi delitti di cui doveva rispondere. Dopo un triplice omicidio a Bernalda, Arcangela, molto malata, si costituì al delegato di Montescaglioso. Era in attesa del processo, quando seppe della morte del marito per causa naturale.
Serafina CIMINELLI
Nata nel 1845 a Francavilla in Sinni da Domenico e Maria Luigia Ferrara, Serafina Ciminelli seguendo le orme del padre, della madre e della sorella Teresa, si unì, ancora giovanissima, al famigerato Giuseppe Antonio Franco, sanguinario e gigantesco capobanda, che per anni seminò il terrore nel Lagonegrese. Ella lo segui ovunque nel suo pericoloso cammino, si adattò al suo uomo, alla sua vita, ai disagi e ai pericoli che per il brigante crescevano di giorno in giorno. Per l’amore sviscerato che nutriva nei confronti del Franco, Serafina convinse anche il suo giovane fratello Fiore, appena quindicenne, ad aggregarsi alla banda e a prendere la via dei boschi. Per circa tre anni dimorò tra le folte selve del Caramola e del Pollino partecipando attivamente alle varie incursioni della banda sia sul territorio lucano che su quello calabrese……Dopo tante scorrerie Serafina ed il suo uomo, ormai braccati da ogni parte, tentarono di espatriare insieme con pochi fedeli confidando ingenuamente nell’amicizia che li legava al capitano della Guardia Nazionale di Latronico tale Luigi Gesualdi che in tante occasioni li aveva protetti. In attesa dei passaporti falsi, verso la fine del mese di dicembre del 1865, si rifugiarono, quindi, tramite il Gesualdi, in casa di tale Venanzio Zambrotti in Lagonegro, dove furono catturati dalle forze dell’ordine dopo una violenta colluttazione. Condotti immediatamente a Potenza, Serafina fu condannata a quindici anni di lavori forzati, suo fratello Fiore ai lavori forzati a vita, mentre Giuseppe Antonio Franco fu fucilato il 30 dicembre del 1865 sulla collina di Monte Reale. Anche se il Franco si raccomandò al sacerdote che lo confessò prima di morire perché avesse cura della sua donna, è da dire che nessuno si occupò di lei, che morì sola ed abbandonata da tutti appena ventunenne nel carcere di Potenza il 12 novembre 1866 per setticemia procurata da un ascesso nella zona perineale.
MARIA LUCIA NELLA [Dinella]
…… Nella banda di Ninco Nanco faceva bene la sua parte Maria Lucia Nella [Dinella] …. abbandonata, ancora fanciulla, dai genitori, lavorava come bracciante in una masseria. Conobbe Francescantonio Summa, fratello di Ninco-Nanco, che la prelevò dalla masseria e la condusse nel bosco di Lagopesole. Dalla notte delle “nozze rusticane, Maria Lucia che era piuttosto bella, vestì abiti maschili, andò armata di tutto punto e partecipò alle azioni e ai combattimenti della banda”. Ma nel conflitto a fuoco nerlla notte del 4 marzo 1864 fu catturata. In quella stessa notte Francescantonio Summa fun salvato dal fratello;
Maria OLIVIERO alias CICCILLA
Maria OLIVIERO: Maria o Marianna Oliviero detta Ciccilla sposò Pietro Monaco. Questo suo matrimonio era stato preceduto da una tragedia. Il Monaco aveva già sposato Concetta Oliviero, sorella di Ciccilla, ma le sue attenzioni erano per Ciccilla non per la moglie Concetta, e Ciccilla folle di gelosia, attrasse in inganno la sorella in casa e la uccise a coltellate. Poi raggiunse il suo uomo e divenne brigantessa, prendendo parte a sequestri ed uccisioni. Fra l’altro, i coniugi briganti sequestrarono il vescovo di Nicotera e il canonico Benvenuto; riuscirono ad arraffare 15.000 ducati, ma, durante un conflitto con la Gguardia Nazionale, i due religiosi riuscirono a fuggire. La banda ne aveva fatte tante che alcuni gregari si lasciarono convincere a far fuori il capo. Pietro Monaco infatti fu ucciso, e Ciccilla, benchè ferita, fuggì per la campagna, Divenne lei il capo della banda. Catturata infine da un reparto del 58° fanteria comandato dal capitano Dorna, fu rinviata a giudizio e condannata a morte dal tribunale di Catanzaro, pena commutata in quella dei lavori forzati. Fu una brigantessa “bella e crudele“, come raccontavano i suoi paesani, donna di fede con “carattere di comando“. …….. Maria Oliviero preparò la catasta di legna per bruciare il corpo del marito, come si usava per i briganti uccisi in combattimento, ed al capitano Dorna disse: “se non era per quel traditore, anche con Pietro Monaco morto la banda restava, la guidavo io Maria Oliviero moglie di Monaco“. Arrestata fu deferita, al tribunale di Catanzaro, dove arrivarono altre brigantesse tutte vestite in nero. La gente di Calabria cantava: “la fimmina di lu brigante Monaco murìu, lu cori comu na petra mpttu tinia“. L’amore spinse Maria Oliviero al brigantaggio. Sua sorella Concetta era stata moglie amante di Pietro Monaco, e Maria non glielo perdonò, la uccise, e, con uno scoppio e con vestiti maschili, si mise su un mulo e raggiunse il suo uomo.
fonte
brigantaggio.net