“Diventeremo tutti islamici per colpa della nostra stupidità”
Monsignor Carlo Liberati tuona contro l’Italia e l’Europa: “Vivono in modo pagano ed ateo”. E avverte: “La decadenza morale e religiosa favorisce l’islam”
Michel Dessì – Mar, 10/01/2017
La Chiesa si divide sui migranti. Se nel cuore del Vaticano monsignor Nunzio Galantino boccia con convinzione l’idea del ministro dell’Interno Marco Minniti di aprire un centro di identificazione ed espulsione in ogni regione della Penisola, fra le antiche vestige di Pompei, monsignor Carlo Liberati, arcivescovo prelato emerito del famoso santuario mariano, invece, ci mette in allarme: “Tra dieci anni diventeremo islamici per la nostra stupidità”.
Dichiara al giornale cattolico La Fede Quotidiana.
“L’Italia e l’Europa vivono in modo pagano ed ateo, fanno leggi che vanno contro Dio ed hanno costumi che parlano da soli sulla loro paganità. Tutta questa decadenza morale e religiosa, oltre che della fede, favorisce l’islam”. Dunque, secondo l’arcivescovo siamo in pericolo. E per nostra responsabilità. “Abbiamo una fede cristiana debole, anche la Chiesa oggi funziona poco, i seminari sono vuoti, reggono solo le parrocchie. Manca una vera vita cristiana. Tutto questo spiana la strada all’islam. Inoltre, loro fanno figli e noi no. Siamo in declino”.
Il prelato, poi, sottolinea come in Italia ci sia una carità al contrario: “Soccorriamo senza indugio chi arriva da fuori e ci dimentichiamo dei tanti poveri italiani e dei vecchi di casa nostra che rovistano nei rifiuti. Bisogna fare una politica che prima di tutto curi e pensi agli italiani, ai nostri giovani e ai disoccupati. Io sono un contestatore, fossi laico sarei già in piazza. Che senso ha vedere tanti migranti che al posto di ringraziare per il pasto, lo buttano, oziano col telefonino e fanno anche le rivolte?”. Si domanda monsignor Carlo Liberati, prendendo le distanze anche dalla nobile opera cristiana dell’elemosina: “Ritengo che dare l’elemosina ai tanti migranti che incontriamo in città è sbagliato oltre che diseducativo, favoriamo il loro oziare, anzi si abituano a questo, inoltre hanno già da mangiare. Credo che a volte si crei una specie di professionisti o di rete della elemosina. Mi ricordo che mio padre andò a spaccarsi la schiena da migrante in Australia per mantenermi al seminario”. È, dunque, sulla propria pelle che l’alto prelato ha sperimentato il disagio del bisogno e la nobile virtù della riconoscenza.