Carmelo Borg Pisani, eroe di guerra: ma l’Italia non gli dà sepoltura
Era un’irredentista di Malta morto in missione per l’Italia durante II Guerra Mondiale. Per un cavillo burocratico non ha ancora trovato degna sepoltura
Giuseppe De Lorenzo
Nell’Italia della burocrazia si può essere un eroe di guerra senza aver diritto ad una degna sepoltura.
Si può essere stati insigniti dall’Italia di una medaglia d’oro al valore militare e non essere considerati italiani. Abbandonati nel dimenticatoio solo perché figli di un dio minore.
La storia di Carmelo Borg Pisani è strana. Bizzarra ed eroica allo stesso tempo. Gloriosa, per le gesta di questo ragazzo irredentista che decise di morire per l’Italia. Grottesca, per via dell’oblio cui è stato condannato da un Paese incapace di riconoscere i propri eroi.
Pisani nacque il 10 agosto 1915 a Senglea. A Malta. Come molti suoi coetanei, venne in Italia per studiare. Era cittadino britannico, essendo l’isola una colonia di Sua Maestà, ma si sentiva italiano. E lo ha dimostrato in diverse occasioni: decise di vestire l’uniforme dell’esercito italiano, andò a combattere in Grecia e in cuor suo sperava di poter “liberare” Malta dal dominio britannico per avvicinarla a Roma. Riteneva Malta italiana.
Il sogno irredentista gli parve avverarsi quando l’Asse, nel bel mezzo della II Guerra Mondiale, pianificò l’invasione dell’isola per toglierla agli Alleati. Pisani accettò quindi una missione di ricognizione sul territorio come spia. Sbarcò a Malta il 18 maggio 1942, ma approdò ai piedi di una roccia troppo alta per essere scalata. Dopo due giorni passati sulla spiaggia, cadde prigioniero dell’esercito inglese: un suo vicino di casa lo denunciò come traditore e venne così impiccato il 28 novembre 1942.
Poco prima di morire, dopo essersi confessato, Carmelo Borg Pisani scrisse una frase sul muro della sua cella: “I servi e i vili non sono graditi a Dio”. Poi morì da italiano. Tanto che il Re Vittorio Emanuele III gli conferì la medaglia d’oro al valore militare. Onorificenza mai ritirata dai parenti e di cui ora si è persa ogni traccia. Nella motivazione del riconoscimento si legge: “Catturato dal nemico, riaffermava dinnanzi alla corte marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana”. Ufficialmente, però, non lo era: nonostante avesse comunicato all’Ambasciata americana il desiderio di rinunciare alla sua condizione di suddito dell’Inghilterra, non aveva ancora richiesto la cittadinanza italiana.
Per questo, in qualità di cittadino maltese al servizio di uno Stato estero, fu accusato di alto tradimento da Malta. Difficile biasimare la decisione dell’isola di condannarlo all’impiccagione: qualsiasi governo in qualsiasi guerra si sarebbe comportato così. Ma non è questo il punto. Che non riguarda Malta, ma l’Italia. Per lo stesso (assurdo) motivo (“non è cittadino italiano”), infatti, il Belpaese nega il giusto riconoscimento al suo soldato. Che al pari degli irredentisti austriaci (Cesare Battisti, per citarne uno) meriterebbe un posto di rilievo nel pantheon degli idealisti dell’Italia unita.
Diversi sono stati negli anni i tentativi di riesumarne memoria. Inutilmente. Ben sette interrogazioni parlamentari dal 1980 al 2002 e numerose richieste agli organi competenti da parte dell’associazione “La dignità in uniforme”. L’ultima nel novembre del 2015 ai ministri Roberta Pinotti e Paolo Gentiloni, senza risultato: il commissariato per le onoranze hai caduti di guerra ha ribadito che “pur avendo militato nelle nostre Forze Armate, non ha mai assunto cittadinanza italiana”. E quindi non si possono richiedere i “resti mortali di un cittadino straniero”. Amen.
Così le ossa della medaglia d’oro Carmelo Borg Pisani continuano a giacere disperse nell’ossario del cimitero di Casal Paola. E pensare che prima di partire per la missione segreta scrisse: “Se avessi voluto, sarei potuto tornare a Malta al momento della guerra. Ma rimasi perché sentii la voce della Patria”. L’Italia, appunto. Quella Patria che per un cavillo burocratico l’ha lasciato senza la dignità del giusto riconoscimento.