25 Aprile. In memoria di mio nonno Felice Di Fiore, fuggito da un campo di prigionia tedesco e di tutti quei giovani soldati.
Ricompongo così, a modo mio, i ricordi che ho impressi nel cuore dei suoi racconti, la sua voce calda ed espressiva e il grigioverde dei suoi occhi vivi.
“…..È notte. Rientro nella grande camerata buia. Mi siedo x terra, al mio posto e, guardando attento, vedo che ci sono pagliericci vuoti…. ancora una volta sono spariti alcuni compagni di prigionia. Mi avvicino verso l’amico vicino, lo sveglio scuotendolo un po’… Mi guarda e io gli sussurro nervoso:
“Tu sai dove li hanno portati? Ogni tanto un gruppetto di loro sparisce!”
Si siede e resta immobile.
Lo sguardo fisso nel nulla.
Poi si avvicina, mi punta gli occhi negli occhi, in penombra e mi stringe un braccio. Con un filo di voce, la bocca secca, il respiro affannato di paura, mi guarda.
Poi ingoia la saliva e bisbiglia, lento, una sola pesante parola:
“…Auschwitz”.
Io sgrano gli occhi, che sento come di vetro. Scatto all’indietro, zitto. Senza parole.
Lento, nasce, solitario, un grido informe nel cuore, grido rauco di paura e orrore.
Un fantasma nero, come una nuvola fredda di morte, mi copre.
Poi mi scuoto. Sento un fuoco di rabbia salirmi dal petto sulla faccia:
“No. Io non posso più aspettare! Sono troppo giovane per morire! Voglio tornare a casa mia! Nella mia terra!…. Chissà mia madre …. 5 anni che non la vedo…..chissà i miei tre fratelli…”
Poi lo guardo, tremante e infuriato: “E io, invece, non ci vado là! Capito!?”
La sua voce secca e lenta mi richiama dai miei pensieri veloci.
Lui, con suono tremolante, continua:
“C’è una vecchia lì, sul colle, non molto lontano…So che qualche italiano è scappato dal nostro Campo…. è andato da lei, di notte. Lei gli ha dato vestiti borghesi…ma, compa’, vedi che se ti scoprono, però, ti fucilano all’istante! A te e pure a lei!”
Poi sorride tra sé: “…Io non vado di certo! Io aspetto! Devo tornare da mia moglie! Chissà come s’è fatta bella…” Sorride di nuovo. Si volta. Si butta sul pagliericcio. Si addormenta, forse.
Io, allora, mi butto x terra.
Sdraiato, guardo il soffitto e penso. Più lo guardo e più mi sembra nero e insopportabile. Ho paura.
Poi il pensiero si sposta. C’è la luna bianca là fuori, è primavera. È notte piena.
…Vola, allora, come un lampo, un pensiero. Il cuore batte sempre più forte nel petto: “Ora basta, scappa!”
Mi alzo veloce, senza credere a ciò che faccio, come un pazzo. Esco e mi dico: “Qua non c’è nessuno e tu sai correre veloce, sai anche dove è quel buco…..lo guardi sempre……sai correre nei campi…..quante volte l’hai fatto a casa? E allora corri, corri! ….zitto….corri veloce e non farti sentire!”
Corro con passi leggeri, come pallide ombre…..
Esco: “Fuori! Felice, ora sei FUORI! Ma non ti girare! Corri, corri! Respira zitto! Corri zitto!”
Come il vento, più veloce dei miei pensieri, corro, nei campi, tra l’erba, passi lunghissimi e infiniti…
poi ecco la salita! Ecco il colle!
Mi sorpassa, allora, un pensiero veloce: “Il Campo è già lontano!……sì, sì, il colle! Vai più veloce!”
Il cuore batte forte, i piedi velocissimi, i muscoli gridano su per la salita, mangio l’aria e i polmoni mi bruciano, ma corro.
“La casa! Vedo la casa laggiù! Come è bella, illuminata dalla luna!
…C’è una lucella accesa, mi pare!
Aspetta, rallenta un attimo…la porta è aperta….Fermati! Guarda bene! Guarda il buio e senti bene! Occhi sgranati! Fermo! Guarda e senti bene!”
Ma il mio cuore assordante mi batte forte in gola e nelle orecchie! Non riesco a pensare….
“Prendi aria…. ma respira piano, non farti sentire…..e aspetta!
…la vedo! Sì! Eccola là lontana, la vecchietta….è lei! …deve essere lei!
…e allora spicciati! Che aspetti!? Cammina, vai!”
La vedo: la gonna scura lunga, ferma sulla porta, guarda fuori, i panni sotto al braccio.
La luna è chiara. Il vento fermo.
Tutto sembra un sogno leggero…
“Mi pare come una mamma….”
Poi mi scuoto e mi grido nel cuore all’improvviso “Ma che fai là, ‘nfanfaluto!? Muoviti! …Prima che ti scoprano e sparino a te e a lei!”
Cammino veloce verso di lei. È a 30 passi da me….
Si muove. Mi fa cenno con la mano di andare e poi sparisce svelta, dentro casa.
Con occhi sgranati, la guardo. Sento la gioia saltellare in pancia, un tremore nel petto e in bocca, gli occhi si fanno umidi e lisci.
Apro allora la bocca e ascolto sorpreso la mia voce, che suona come il canto di un nuovo mattino:
“Dio ti benedica, mamma ignota mia e degli altri giovani soldati! Dio ti benedica, Salvezza mia!”
Marianna Di Fiore