SIMONE DE BEAUVOIR
A cura di Ernesto Riva
Simone de Beauvoir nasce a Parigi nel 1908 da una giovane e agiata coppia borghese, vive una fanciullezza serena. Si iscrive alla Sorbona per studiare filosofia e qui, nel 1929, conosce Jean-Paul Sartre, con cui condividerà tutto il resto della vita: il loro fu un rapporto “aperto”, mai formalizzato col matrimonio, ma molto duraturo e fecondo di amicizia ed affetto. Dopo l’università, Simone insegna fino al 1943, quando decide di dedicarsi interamente all’attività letteraria. Muore nel 1986, sei anni dopo la scomparsa di Sartre. Dal punto di vista filosofico, le sue opere più importanti furono Pirro e Cinea (1944), Per una morale dell’ambiguità (1947) e anche Il secondo sesso (1949), il suo scritto forse più famoso, opera composita tra saggio e trattato. Scrisse anche molte opere di narrativa, tra cui ricordiamo: Memorie di una ragazza per bene, I Mandarini, Una morte dolcissima, La terza età (che è un acuto saggio sulla vecchiaia) ecc.
Per la pensatrice francese, teoresi e racconto non possono e non devono essere divisi. A spingere la de Beauvoir verso il suo peculiare stile di pensiero fu, da una parte, l’influsso dell’esistenzialismo, dall’altra la sua condizione di donna le suggeriva questa come la via più giusta per inserirsi nella cittadella dei filosofi senza smarrire la propria identità di donna e di persona. La sua prima importante opera filosofica fu Per una morale della ambiguità ,in cui dava la sua versione dell’esistenzialismo. Per lei l’esistenzialismo è una filosofia della libertà, come il portatore di una nuova etica tanto nella sfera pubblica che in quella individuale. E’ una filosofia dell’impegno, che vede uniti mondo e individuo e che postula che la liberazione dell’uomo non può essere trovata nel solipsismo o nell’egoismo, per non essere illusoria, ma solo affrontando e sciogliendo il nodo del rapporto Io-mondo, Io-altri. Oggi noi “siamo liberi e oggi dobbiamo salvare la nostra esistenza…non rinviare la soluzione dei problemi e dei conflitti dell’umanità a un Paradiso di là da venire… in cui tutti sarebbero riconciliati nella morte”. L’esistenza è ambigua non assurda , come sosteneva Albert Camus. Il senso non manca, il senso va continuamente riconquistato. L’uomo muove da una situazione di “insicurezza ontologica” che lo pone in una relazione strutturale ma ambigua col mondo e con gli altri. “Per conseguire la verità del suo essere, l’uomo non deve tentare di dissipare l’ambiguità del suo essere, ma viceversa accettare di realizzarla: egli si congiunge a se stesso solo nella misura in cui acconsente a rimanere a distanza da se stesso”. Se un uomo vive, al di là di ciò che afferma, vuol dire che c’è qualcosa che lo tiene legato all’esistenza : ebbene, questo qualcosa gli impone di giustificare autenticamente sé e il mondo. Problema etico e problema politico sono due facce della stessa medaglia. La morale non fornisce ricette, può proporre soltanto dei metodi . Il Bene non è qualcosa che possa essere deciso a priori. L’esistenza concreta sfugge alla categorizzazione. Per l’ambiguità ontologica, il rapporto fra contenuto e senso di una azione va verificato caso per caso: la situazione decide la sorte di ogni valore. La verità, il benessere sono relativi alle situazioni, non può darsi una morale astratta come quella degli Stoici. Ciò non significa affatto che “poiché Dio è morto tutto è lecito”. Anzi è vero il contrario : nulla è lecito se non è giustificato. Bisogna che ogni singolarità non contraddica l’universalità, che ogni impresa sia aperta alla totalità degli uomini.
Il secondo sesso è diviso in quattro parti : nella prima si analizza l’essere-donna dal punto di vista naturalistico, delle scienze. La scienza ci può rivelare la realtà materiale della donna ma non ci dice cosa deve essere una donna né che cosa può essere una donna. La verità esistenziale della donna non può venire dedotta dalle scienze, pena il riduzionismo o il biologismo. La seconda sezione affronta l’essere donna dal punto di vista della storia : su base storica, la donna è stata una “presenza-assenza”, una presenza reale assente alla storia che è storia scritta e fatta dagli uomini, dal sesso maschile. Tranne alcune importanti eccezioni, la donna è stata ciò che l’uomo ha voluto che fosse. La terza parte è dedicata allo studio della immagine della donna proposta dai miti più antichi fino all’immagine femminile creata dalla letteratura. La quarta parte, infine, è una analisi del “vissuto” femminile, descritto in forma evolutiva attraverso le varie età della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. La condizione femminile del presente è, per la de Beauvoir, quella di una astratta eguaglianza contrapposta ad una concreta ineguaglianza . Le donne hanno di fatto raggiunto il pieno inserimento nella società : non è quindi più il momento delle rivendicazioni generali o delle battaglie di principio, ma bisogna che la donna scenda nell’individuale e approfondisca la conoscenza di se stessa. Conoscere se stessa è per una donna una prassi difficile. Tutte le identità che le vengono proposte dalla cultura ufficiale sono identità alienanti, che la mortificano, che registrano il suo stato di assenza culturale, di minorità sociale. La donna deve rifiutare di essere l’Altro dell’identità maschile e pagare il prezzo che questa scelta comporta. Nella storia della specie umana, la preminenza è stata accordata non al sesso che genera ma al sesso che uccide. L’uomo ha il “coraggio” di uccidere e di farsi uccidere, ha la spinta ad utilizzare attrezzi e a lavorare, a trascendere se stesso e la natura, e fonda così il complesso dei valori della civiltà. Di fronte ad essi la donna non ha mai opposto dei “valori femminili”. Si è limitata a modificare la propria posizione in seno alla coppia e alla famiglia. Ma la donna oggi può provare a cercare la strada per la sua libertà. Una libertà che la pone in questione come individualità ,come questa donna qui, come “Io donna”. E’ una libertà difficile. Il binomio lavoro + diritto di voto non è la formula per la libertà. Solo infatti per un ristretto numero di privilegiate l’attività lavorativa porta con sé l’autonomia economica e sociale. La sintesi fra femminilità e libertà, fra femminilità e soggettività è ancora un problema aperto. In conclusione, la verità della donna non si può ancora fissare in un concetto o cogliere in forma definitiva ma solo “raccontare”. Alla donna tocca decidere che cos’è la donna. La donna, dopo aver svelato la realtà della propria condizione, deve adesso viverla, ridefinirla. Un momento importante in questa ricerca di identità sarà costituito dai rapporti con l’altro sesso. Ma sul futuro dell’identità femminile e sul rapporto fra i sessi la de Beauvoir non intende azzardare pronostici.
Nel 1970, S. de Beauvoir si è posta il problema di sondare filosoficamente il mondo della vecchiaia (cfr. La terza età ). Certo è che la vecchiaia diventa problema solo in una società che ha mitizzato la giovinezza: è dal dopoguerra che qualcosa di simile è accaduto. In primo luogo, la vecchiaia non è un elemento necessario della vita, nel senso che si può morire prima come si può essere uomini appieno senza aver fatto esperienza della senilità. Ciò che è rilevante è che, attraverso una analisi della vecchiaia, è possibile cogliere quelli che sono i nodi non risolti della vita sociale ed i veri e propri mali di un sistema culturale : un sistema che svuota la vita stessa di valore e di significato e che quindi attua una “scandalosa politica della vecchiaia” fin dai primi anni . una civiltà che si interessa dei giovani come dei vecchi solo per i suoi fini, che tiene la gran massa dei vecchi sul limite dell’indigenza, come la massa dei giovani su quello della disoccupazione, è un fallimento. E tutti i sistemi sociali contemporanei hanno fallito su questo piano, creando nei vecchi una nuova categoria di emarginati, accanto ai poveri, agli immigrati da altri continenti, ai malati di mente.
https://www.filosofico.net/debeauvoir.htm
Il contributo di Simone De Beauvoir per i diritti delle donne
Filosofa, scrittrice, insegnante e saggista francese, Simone De Beauvoir è una delle figure di spicco del movimento femminista. Ripercorriamo il suo contributo
Il contributo di Simone De Beauvoir per i diritti delle donne
MILANO – E’ inevitabile: non si può parlare di femminismo, senza finire per parlare di Simone De Beauvoir. Filosofa, scrittrice, insegnante e saggista francese, Simone De Beauvoir è una delle figure di spicco del movimento femminista, nato durante una contestazione studentesca avvenuta nel maggio del 1968, anche se il suo impegno, per quanto riguarda la rivendicazione dei diritti della donna, inizia diversi anni prima.
La condizione femminile
Nel 1949, infatti, pubblica Il secondo sesso, celebre saggio in cui la scrittrice affronta in toto il tema della donna, andando ad analizzare e parlando, per la prima volta, di argomenti che, per l’epoca, erano considerati dei veri e propri tabù, quali l’aborto, la sessualità, la prostituzione e la maternità. Schietta e provocatrice, Simone De Beauvoir si concentra particolarmente su quello che è il ruolo della donna all’interno della società, ruolo che la vede subordinata all’uomo, inferiore in ogni suo aspetto. L’intento dell’autrice è quello di mostrare alle donne la brutale e palese realtà della loro condizione, di fare loro capire l’importanza di una società in cui la donna sia libera di essere molto di più: non solo madre e moglie, ma un essere umano dotato di quella indipendenza e di quella libertà di scelta insite nel sesso maschile. Nonostante il fatto che, intorno agli anni quaranta e cinquanta, fosse comunemente nota come La Grande Sartreuse, per via del celebre legame con Jean Paul Sartre, Simone De Beauvoir fu sempre in grado di distinguersi e di brillare di luce propria, tanto che le sue chiare scelte di vita e le sue nette prese di posizione, l’hanno portata ad allontanarsi definitivamente da quella famiglia borghese di cui ci ha parlato in Memorie d’una ragazza perbene (1958).
Donna di mondo
Un’unione tanto intensa e travolgente quanto libera e durevole, quella con Jean Paul Sartre, nutrita dall’amore per la letteratura e da quella volontà di autodeterminarsi che è sempre stata uno dei punti cardine del suo pensiero. Una donna di mondo, che, quel mondo, l’ha girato e l’ha fatto suo, che non aveva regole: come ebbe modo di dire, infatti, la sua unica regola era la libertà. Dal 1974, presiederà la Lega dei Diritti delle Donne, un’associazione che si impegna a informare le donne circa i loro diritti e che, l’anno successivo, porterà all’istituzione di un tribunale internazionale dei crimini contro le donne. Sulla stessa scia, sempre in quegli anni, nascerà anche Choisir, associazione a difesa delle donne accusate del reato di aborto (che, in Francia, fino agli anni Venti, era punibile con la pena capitale).
Alzare la voce a favore delle donne
Non solo libri e lotte, però: Simone di Beauvoir fece sentire la propria voce anche attraverso numerose riviste. Tra tutte, Les Temps Modernes e J’accuse, dove parlò rispettivamente della presenza del sessismo in ambiti politici e giornalistici, e dei diritti delle donne nubili. Sempre in ambito matrimoniale, la filosofa francese portò avanti una delle battaglie più dure e importanti nella storia del femminismo, quella relativa al divorzio, anch’esso giudicato reato penale, reato particolarmente deprecabile se commesso da una donna, tanto da essere considerato alla stregua di un vero e proprio abbandono del tetto coniugale. Ed è proprio per tutte queste ragioni e per molte altre, che Simone De Beauvoir va ricordata: per aver saputo alzare la voce a favore delle donne, per aver avuto il coraggio di farsi sentire e porre l’accento su questioni scomode e sgradite ai più. E, infine, perché, se io ho la possibilità di esprimermi liberamente, lo devo anche un po’ a lei.
Photocredits: Government Press Office (Israel)
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Con “Il secondo sesso”, Simone de Beauvoir affranca la donna dallo status di minore che la obbliga a essere l’Altro dall’uomo, senza avere a sua volta il diritto né l’opportunità di costruirsi come Altra. Con veemenza da polemista di razza, Simone de Beauvoir passa in rassegna i ruoli attribuiti dal pensiero maschile alla donna – sposa, madre, prostituta, vecchia – e i relativi attributi – narcisista, innamorata, mistica. Approda, nella parte conclusiva, dal taglio propositivo, alla femme indépendante, che non si accontenta di aver ricevuto una tessera elettorale e qualche libertà di costume, ma che attraverso il lavoro, l’indipendenza economica e la possibilità di autorealizzazione che ne deriva – sino alla liberazione del suo peculiare “genio artistico”, zittito dalla Storia – riuscirà a chiudere l’eterno ciclo del vassallaggio e della subalternità al sesso maschile. L’avvenire, allora, sarà aperto. Con una determinazione prima sconosciuta e un linguaggio nuovo, che tesse il filo dell’argomentazione attraverso un’originale mescolanza di mito e letteratura, psicoanalisi e filosofia, antropologia e storia, Simone de Beauvoir sfida i cultori del gentil sesso criticando le leggi repressive in materia di contraccezione e aborto, il matrimonio borghese, l’alienazione sessuale, economica e politica. Provoca il pubblico conservatore, cerca il riconoscimento personale, rivendica la solidarietà collettiva. Prefazione di Julia Kristeva. Postfazione di Liliana Rampello.
Infanzia e adolescenza costituiscono la trama quasi romanzesca di Memorie d’una ragazza perbene, prima parte dell’autobiografia di Simone de Beauvoir.
Le tappe obbligate d’una educazione sentimentale, l’inevitabile scontro con la famiglia e l’ambiente sociale dell’alta borghesia francese conservatrice e bigotta, i meschini pregiudizi d’un mondo in declino insieme con i primi dubbi, i contrasti sentimentali, le tensioni, accompagnano il lungo viaggio verso la conquista di sé, fino agli anni dell’università e l’incontro con alcune tra le piú note figure della cultura francese, da Simone Weil a Raymond Aron, da Merleau-Ponty a Roger Vailland e Jean-Paul Sartre.
Famiglia, contraccezione, amore, aborto, violenza: attraverso articoli, interviste, note, Simone de Beauvoir affronta senza reticenze la condizione della donna e invita uomini e donne a considerare la vera uguaglianza dei sessi una conquista necessaria al progresso della società. Pubblicato in Italia nel 1982, le pagine militanti di questo libro conservano una straordinaria e bruciante attualità, soprattutto oggi che alcuni diritti civili, conseguiti grazie alle lotte del movimento femminista, vengono messi in discussione da certi ambienti politici e confessionali.