L’elogio della bicicletta
Lucia Gangale 31 maggio 2020
Nei centri commerciali e in giro per negozi stanno spuntando rivendite di bici e monopattini. Cioè ci è voluta una pandemia per spingere le persone a stili di vita più salutisti ed ecologici. Infatti i negozianti dicono che c’è già una richiesta a livelli esponenziali di questi articoli. Ne ho già viste di tutte le fogge e prezzi. La mia unica perplessità riguarda il famoso bonus che verrà, come dicono, a coprire il sessanta per cento della spesa effettuata, sotto forma di bonus similare alla carta del docente che molti conoscono (o per essere docenti o per essere familiari o amici di qualche docente). Un negoziante mi dice che in un primo tempo questa copertura sarà disponibile ad acquisto effettuato, mentre per i ritardatari tra qualche mese la carta sarà disponibile previa registrazione. Però a quel punto bisognerà vedere se i soldi nelle casse del Governo saranno ancora disponibile per incoraggiare questo acquisto.
Così, ciò che le parole di Greta Thunberg non erano riuscite ad ottenere, avevano però previsto: occorre tornare alla natura.
Pensate che nel 1973 un filosofo di cui si comincia a parlare solo in questi ultimi anni, l’austriaco Ivan Illich (1926-2002), evidentemente molto sensibile ai problemi ambientali, pubblicava uno snello libretto di cui io dispongo a casa dal titolo Elogio della bicicletta. È stata la prima volta, forse l’unica, in cui un oggetto di semplice uso è stato al centro di una riflessione filosofica. Individuando i nodi della crisi energetica già in atto al suo tempo, Illich in questo scritto suggerisce che per combatterla occorre porre dei limiti al trasporto. Ma la bicicletta non rappresenta un risparmio solo dal punto di vista dei consumi. Scrive Illich:
«Inoltre la bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un’auto, se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da un’unica vettura. Per portare 40.000 persone al di là di un ponte in un’ora, ci vogliono tre corsie di una determinata larghezza se si usano treni automatizzati, quattro se ci si serve di autobus, dodici se si ricorre alle automobili, e solo due corsie se le 40.000 persone vanno da un capo all’altro pedalando in bicicletta.»
La bicicletta libera l’uomo dalla schiavitù del traffico e del denaro. Permette all’uomo di riappropriarsi del proprio tempo, ma richiede una certa maturità per diventare uno stile di vita.
Illich ha avuto altre intuizioni che precorrono i tempi attuali. Come, ad esempio, quella di recuperare una dimensione più conviviale del vivere umano. O anche quella di descolarizzare la società, implementando delle reti di conoscenza, aventi anch’esse una base di gioia e condivisione conviviale. Diciamo che questo è forse l’aspetto ad oggi meno realizzato del suo pensiero, data proprio l’aziendalizzazione del comparto scuola e la pesante burocratizzazione a cui la professione docente è sottoposta come mai nella sua storia. Meno burocrazia e più convivialità per tutti, allora. Magari iniziando proprio da una pedalata in bicicletta.
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