Pino Aprile torna in libreria

Pino-Aprile-CarneficiQuei monumenti ai «Carnefici»: Pino Aprile torna in libreria

L’intento del meridionalista è questa volta, letteralmente, quello di far smontare da cavallo gli eroi della patria che ornano piazze e strade del Sud. Un «genocidio»: centinaia di migliaia di persone sono scomparse nel sanguinoso processo di unificazione nazionale, una «carneficina» che «i libri di storia hanno taciuto per anni», è il racconto di Pino Aprile curato questa volta nei dettagli. «Altro che eroi, le nostre piazze e i nostri viali sono intestati a personaggi che hanno compiuto atrocità degne dell’Isis». A questo libro iconoclasta Aprile ha lavorato cinque anni. Con lunghe ricerche per incrociare dati e fonti. Quando mancavano prove, le scovate nelle memorie “minori” di paesi rasi al suolo, saccheggiati e dati alle fiamme: riesumando le cronache di villaggi rastrellati, di abitanti sottoposti a marce forzate o torture, di fucilazioni a tappeto, deportazioni e campi di concentramento. Agli autori di quei crimini di guerra sono andate medaglie, promozioni e piazze e strade sono dedicate agli stessi che le insanguinarono. Pino Aprile indaga poi le ripercussioni della negazione di questa tragedia civile.] L’intento del meridionalista è questa volta, letteralmente, quello di far smontare da cavallo gli eroi della patria che ornano piazze e strade del Sud.

Un «genocidio»: centinaia di migliaia di persone sono scomparse nel sanguinoso processo di unificazione nazionale, una «carneficina» che «i libri di storia hanno taciuto per anni», è il racconto di Pino Aprile curato questa volta nei dettagli. «Altro che eroi, le nostre piazze e i nostri viali sono intestati a personaggi che hanno compiuto atrocità degne dell’Isis».

A questo libro iconoclasta Aprile ha lavorato cinque anni. Con lunghe ricerche per incrociare dati e fonti. Quando mancavano prove, le scovate nelle memorie “minori” di paesi rasi al suolo, saccheggiati e dati alle fiamme: riesumando le cronache di villaggi rastrellati, di abitanti sottoposti a marce forzate o torture, di fucilazioni a tappeto, deportazioni e campi di concentramento. Agli autori di quei crimini di guerra sono andate medaglie, promozioni e piazze e strade sono dedicate agli stessi che le insanguinarono. Pino Aprile indaga poi le ripercussioni della negazione di questa tragedia civile.

21.5.2016- telese -(3)Presentazione del libro a Telese Libreria “Controvento” il 21 maggio 2016

 


CARNEFICI
Realizzazione editoriale: Conedit Libri Srl – Cormano (MI)
ISBN 978-88-566-3256-9 I Edizione 2016 © 2016 – Edizioni PIEMME Spa, milano www.edizpiemme.it

LA PASSIONE E L’ONESTÀ

«Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere.» (Gaetano Salvemini, dalla Prefazione a Mussolini diplomatico)
CHI CERCA E CHI TROVA
«Thorì ecìno pu pai yireguonda.» Vede colui che sta cercando.
(detto grecanico di Bova, capitale dell’area ellenofona calabrese del Reggino jonico)
NAPOLETANI E NO
Re Francesco II diceva affettuosamente: «Io sono napoletano, si perda il trono, e la reggia, e si salvi Napoli».
I nuovi padroni subalpini per bocca del deputato Castagnola gridano: «Noi siamo piemontesi; piuttosto che tornare indietro, bruciamo Napoli, e tutto il reame».
(Nota 1, pagina 252 di Cronaca degli avvenimenti di Sicilia, da aprile 1860 a marzo 1861, estratta da documenti)
LE VERITÀ SEPOLTE
«…mio padre Nicolò, impiegato alle Poste di Orsogna, in provincia di Chieti, ci chiamò e ci disse: “Arecurdeteve, li fije mije: quande ‘na cose nisciune te le vo’ di’… allore la terre se crepe, se apre, e parle!”» Ricordatevi, figli miei, quando una cosa nessuno te la vuole dire, allora la terra si crepa, si apre. E parla!
(Raccontatami da mario Canci, musicologo abruzzese, a “le notti della Brigante” di Spoltore, pescara, il primo agosto 2015)
questo libro

…cerco solo di fare luce su quel dolore di sottofondo nella vita dei meridionali, quindi anche mio, che è come il grande “ahummm” dell’universo, l’eco del Big Bang da cui esso nacque; e che corrisponde, oggi, a una radiazione di circa 2,72 gradi Kelvin, che ovunque nel cosmo risuona. Arno penzias e Robert Woodrow Wilson la scoprirono nel 1964 e misurarono il grido della lacerazione del nulla primordiale (che contiene tutto e il contrario di tutto) da cui ogni cosa sorse; io ne lessi qualche anno più tardi. Nel 1972 uscì La conquista del Sud, di Carlo Alianello e, da allora, quel grido ce l’ho ancora dentro. E siamo tanti. Non voglio niente, da nessuno.
Solo che si sappia da dove viene.
Cos’è genocidio. Perché lo fu

perché tornarci su, perché lo faccio? per ora, do la risposta corta. Anzi, copiata da Per qualche dollaro in più:
«Che succede, ragazzo?»
«Ah, niente, vecchio: non mi tornavano i conti.»
Ne mancano, documenti sabaudi alla mano, centinaia di migliaia, da centoventimila in su: in quelle “tribù perdute”, c’è l’ordine di grandezza della strage di italiani del Sud compiuta per unificare l’Italia. È la dimensione di un genocidio; chi è spaventato o indignato per l’uso di questa parola, abbia la pazienza di protestare, se ancora se la sentirà, dopo aver visto in base a quali riscontri ritengo di poterlo dire. Dall’incrocio dei risultati dei censimenti disposti dai Savoia (nel 1861 e nel 1871) e dei dati delle anagrafi borboniche, Comune per Comune, emergono, al Sud, “tribù” che non si sa che fine abbiano fatto e nemmeno se siano davvero esistite di quella consistenza. Anche se si sa cosa le avrebbe distrutte o impedito loro di esistere: le «gravi conseguenze del grande atto del nostro rinnovamento, la guerra cioè». lo scrive il ministro competente nel 1865 a Vittorio Emanuele II (vedremo dove e come e perché). E parla di 458.000 fantasmi italiani. Non è il peggio. Al Sud, secondo i vari raffronti, mancano da almeno 120.000 a 652.000 persone, forse di più, solo da metà del 1860 al 1861: cifre corrispondenti a una quota degli abitanti del Sud continentale, allora, che vandal 2 a più del 9 per cento. Gli stessi compilatori del censimento, per dire, non sanno come spiegare la sparizione di
405.000 persone, di cui 105.000 meridionali (tutti maschi); e, pochi anni più tardi, si faranno solo confuse e deboli ipotesi sull’assenza di altre 110.000 (tutti maschi, tutti giovani). la possibilità di controllare questi dati non c’è più: le carte originali del censimento, ops!, sono sparite. Come, non si sa; e figuratevi sapere perché. Chi ha fatto queste verifiche in un secolo e mezzo? Nessuno. Come possono succedere queste cose? Non chiedetelo a me. La gestione sabauda dei documenti storici prevedeva l’occultamento e la distruzione di quelli imbarazzanti (ma mica solo i piemonteeeesi, neh?); la cernita di quelli consultabili, e soprattutto, la cernita di chi poteva consultarli. Molto può essere accaduto per confusione, sciatteria, disagi e disastri, a causa della guerra (i primi anni: ma poi? quale guerra c’era, quando sparirono pure gli originali del censimento del 1871?). Fra tante ipotesi, c’è una certezza: qualunque sia la ragione per cui quei conti siano stati ignorati e quelle carte scomparse, dentro quelle cifre c’è la dimensione del massacro compiuto al Sud. Quando il piemonte lo invase, il Regno delle due Sicilie aveva 7.177.000 abitanti, sommandoli dai registri anagrafici, Comune per Comune (da altri documenti, risulta un numero persino maggiore). Dopo poco più di un anno di guerra, al famoso (o famigerato) censimento del 1861, gli abitanti del Sud continentale risultarono essere 6.787.000. Il cuore e la ragione di questo libro è il capitolo che si chia-ma Le tribù (e le statistiche) perdute; ma dovremo arrivarci attraverso un percorso di sangue, violenze e ingiustizie, perché quei numeri abbiano il dolore delle vite distrutte e per capire come furono raggiunti.
Che fine hanno fatto quei 390.000 mancanti che derivano dalla differenza fra l’ultimo conteggio borbonico e il primo sabaudo? Non sono stati contati? li hanno contati in più i Borbone o li hanno contati in meno i Savoia? Non sono mai esistiti? di sicuro, molti di loro sono esistiti e furono uccisi, perché scoprirono che «si fa l’Italia o si muore», per loro, voleva dire: «Io faccio l’Italia e tu muori». […]