L’Insorgenza, memoria dimenticata della patria
L’Insorgenza, memoria dimenticata della patria
Marco Invernizzi
Sarebbe stata una buona cosa se le celebrazioni ufficiali per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia avessero previsto la rievocazione di episodi completamente disattesi, come per esempio le Insorgenze popolari controrivoluzionarie che si sono verificate durante la dominazione napoleonica dell’Italia, dal 1796 al 1814.
Così non è stato ed è un peccato, un’occasione persa per contribuire a ricostruire nel Paese quel comune sentire che manca, anzi che non c’è mai stato in un secolo e mezzo di unificazione.
Infatti, le Insorgenze sono state un fenomeno non soltanto popolare, cioè che ha avuto il popolo come principale protagonista, ma esteso a tutta la nazione, escluse le isole protette del Regno Unito, e dunque un avvenimento nazionale, durato, seppure con intervalli, circa un ventennio, contrapposto a una dominazione straniera. Escludere le Insorgenze dai periodi nei quali si è manifestata una evidente e precisa volontà nazionale è un grave errore e priva l’identità italiana di un pezzo importante della sua storia e del suo modo di esprimersi nell’epoca moderna.
Peraltro negli ultimi anni, a partire dal bicentenario dell’inizio del triennio giacobino (1796-1996), sono stati compiuti passi in avanti indubbi sulla strada di una riabilitazione del periodo delle Insorgenze. Sono usciti numerosi titoli, di diverso valore scientifico, sono state organizzate mostre, soprattutto sono stati promossi convegni e conferenze in molte città e paesi della penisola e tutto questo ha contribuito a svegliare l’interesse di molti italiani su un periodo importante del cosiddetto “lungo Risorgimento”. Se infatti quest’ultimo è il termine ormai accettato da quasi tutti gli storici per sostenere che il Risorgimento comincia almeno con la dominazione francese dell’Italia, allora non è più possibile escludere le Insorgenze dall’indagine storica appunto come elemento importante di questo periodo iniziale del Risorgimento.
Tuttavia, se molto è stato fatto, ancora molto resta da fare e soprattutto è necessario continuare ad approfondire il fenomeno nei suoi aspetti, ricchissimi di fatti, di storia locale, ma è importante anche produrre testi popolari che permettano a professori e studenti, a giornalisti e maestri, di venire a conoscenza almeno delle grandi linee di questo fenomeno finora trascurato.
Allo scopo è disponibile un piccolo prezioso strumento, scritto da Oscar Sanguinetti per la collana i Quaderni del Timone: Le Insorgenze. L’Italia contro Napoleone (1796-1814). L’autore è fra coloro che, negli ultimi vent’anni, più hanno contribuito a fare emergere le insorgenze dall’oblio. Dirige l’Istituto storico dell’insorgenza e per l’identità nazionale, presso il quale, anche online, si possono trovare molte informazioni sul fenomeno, oltre alla recensione delle principali pubblicazioni che trattano il tema.
Il Quaderno che ha scritto è un riassunto del fenomeno delle Insorgenze sia nei suoi aspetti storici che storiografici. Esso soprattutto contribuisce a diffondere una importante ipotesi interpretativa di tutta la storia moderna italiana, che appunto individua nell’Insorgenza una categoria politico-culturale capace di spiegare la resistenza del corpo sociale italiano all’imposizione delle ideologie della modernità. In base a questa ipotesi, insorgenze si verificarono prima e dopo quelle antinapoleoniche, in Italia ma anche in altre parti del mondo, per esempio in Messico con i cristeros nel 1926, in Russia contro la sovietizzazione negli stessi anni. Gli insorgenti furono quegli uomini e quelle donne che non accettarono senza combattere l’imposizione di una visione del mondo estranea e ostile al senso comune che aveva caratterizzato la vita dei popoli cristiani d’Europa fino al secolo dei Lumi.
Opponendosi al liberalismo laicista e massonico, al nazionalismo che abbatté gli imperi nel corso del XIX e del XX secolo, al socialcomunismo durante il XX secolo, queste persone non esprimevano ostilità ai mutamenti in quanto tali, ma a quei cambiamenti rivoluzionari che stravolgevano la vita pubblica creando una nazione e uno Stato su presupposti ideologici estranei e avversi al cristianesimo e alla civiltà cristiana. Combattendo, essi manifestarono a loro modo di amare la patria dei “mille campanili”, cioè quell’Italia profonda, plurale, diversa ma unita nei principi fondamentali, un’Italia che non ha mai gradito “vestiti ideologici” che mal si adattano al suo corpo e alle sue radici. Ricordare questi uomini, studiare e celebrare le loro imprese, significa portare un contributo alla conoscenza e alla diffusione di un’autentica identità italiana.