“La forza di Francesco? L’inquietudine”
30 Gennaio 2024
Il Ministro generale dell’ordine racconta il lato più umano e dirompente del Santo di Assisi
Matteo Sacchi
Un ragazzo ricco di Assisi che cambia così radicalmente la sua vita da cambiare la storia del cristianesimo. Un uomo che non si accontenta del benessere materiale e nemmeno della carità che può compiere (e compie abbondantemente) ma che invece decide di portare all’estremo una ricerca interiore e che poi questa nuova interiorità la regala al mondo. A volte con una mitezza incredibile, a volte anche con molta ardente furia, come si fa quando si ama davvero. Queste sono alcune delle molte sfaccettature che emergono dalla biografia di Francesco d’Assisi (1181 – 1226) appena pubblicata per i tipi di Rizzoli da Fra Massimo Fusarelli, Ministro generale dell’ordine dei Frati minori. Quella di Fusarelli, scritta in occasione del centenario francescano – in realtà i centenari sono 4: la Regola e il Natale a Greccio (1223-2023), il dono delle Stimmate (1224-2024), il Cantico delle Creature (1225-2025), la Pasqua di Francesco d’Assisi (1226-2026) – e delle sue celebrazioni. Abbiamo chiesto a Padre Fusarelli, che al momento si trova a Nairobi, di raccontarci questo suo Francesco d’Assisi (Bur, pagg. 270, euro 14) a partire dal sottotitolo: «Una vita inquieta».
Padre Fusarelli come ha deciso di scrivere una biografia di San Francesco e da che prospettiva si è avvicinato ad un santo così studiato?
«È una biografia spirituale, non si trattava né di fare un saggio storico né di romanzare, si trattava di raccontare un uomo e il suo tempo. Io ho scelto come filo rosso l’inquietudine perché Francesco è un uomo che ha cercato sempre, non si è mai accontentato, e questo si vede nel suo cammino… Ci ispira ancora per questo, per la sua umanità e per questa apertura che è figlia del Vangelo. Da questo punto di vista si può scrivere di Francesco perché è sempre attuale, anzi è contemporaneo. Ci parla perché ha rovesciato moltissime categorie della sua epoca. Francesco da questo punto di vista è quasi inesauribile, esistono tante vite di Francesco. Questo al netto del timore con cui ho affrontato ovviamente il compito…».
E il Francesco storico?
«Le antiche biografie ci presentano sfaccettature diverse. Abbiamo però i suoi scritti, a partire dal suo testamento, a quelli mi sono rifatto perché ci consentono di cogliere le linee essenziali della sua personalità».
Da giovane è un laico benestante. Però non sembra esserci niente che gli dia pace…
«Noi sappiamo dalle sue biografie e dalle parole lapidarie di Francesco – quando ero nei peccati – che vuol dire nel linguaggio del suo tempo, quando avevo come riferimento solo me stesso – che era un giovane uomo molto autocentrato che perseguiva sogni di gloria, diventare cavaliere. Venendo dalla borghesia mercantile voleva avvicinarsi alla nobiltà. In questo incarnava il travaglio della sua epoca. C’era una gran voglia di libertà ed autonomia. Era un uomo molto libero, capace di fare affari, capace di rischiare andando in guerra. Ma nessuna di queste cose riusciva ad appagarlo, per questo cercava sempre qualcosa d’altro. Nell’incontro con i poveri e i lebbrosi trova il signore e scardina tutte le convinzioni sociali che aveva. Francesco non è che diventa frate, attenzione. Francesco inizia una vita cristiana radicale, diventa eremita, ci mette 4 anni a capire qual è il suo progetto, anche quando deve scrivere la regola monastica ha un profondo travaglio, la scrive e la riscrive. In lui l’inquietudine è rimasta sempre».
Un ribelle integrale. Rifiuta il mondo nuovo del denaro ma non si appoggia al vecchio mondo delle caste nobiliari…
«La vera ribellione di Francesco è col denaro. Ha una vera idiosincrasia verso il denaro. Forse anche il padre praticava come molti mercanti l’usura mascherata. Qualche indizio lo può far pensare. Francesco ha conosciuto il peso del denaro e lì si è ribellato, non con dichiarazioni o rivoluzioni, ma con la sua vita. Si è posto al di fuori del sistema. Il gesto di mettersi fuori dalle mura cittadine è simbolico in questo senso. E non sempre i suoi compagni capivano davvero questa scelta e questo sarà uno dei drammi di Francesco».
Me lo spiega?
«A un certo punto Francesco vede che la sua fraternitas cambia. All’inizio è un gruppo ristretto che può vivere in modo molto radicale, per strada, peregrini, senza casa, annunciando il Vangelo e vivendo del proprio lavoro e di elemosina. Ma già durante la vita di Francesco i numeri aumentano incredibilmente. Quando Francesco muore probabilmente i frati sono già 7-8mila. Quello che valeva per un piccolo gruppo non era più applicabile, bisognava fare scelte diverse. La Chiesa capì che questo gruppo poteva essere un enorme sostegno in un momento di grande difficoltà e quindi appoggiò tutto questo. C’erano francescani nelle università. C’erano almeno due anime a quel punto, che si scontrarono già vivente Francesco. Che si chiedeva: ho fatto bene? Era questa la mia chiamata? Però Francesco ha sempre chiaro che Dio gli ha chiesto di vivere il Vangelo in semplicità. Su questo non ha mai fatto un passo indietro, su altri elementi ha mediato, sapeva negoziare, era stato un mercante. Ma sull’essenziale no e questo essenziale è rimasto quella pietra dura che per noi è tuttora una spina nel fianco. Francesco ci ha lasciato un anelito ad andare oltre noi stessi. La seconda parte della vita di Francesco è segnata da tutto questo travaglio».
Questa parte della spiritualità di Francesco si può definire mistica?
«Mi piace questa espressione anche se non fa parte del frasario francescano. Francesco è passato dall’esterno – usare o non usare i soldi, avere o non avere i conventi – all’interno, cioè al cammino dietro a Cristo crocifisso. Francesco è andato alla radice della vita per sollevarla. Una spiritualità che vuole però toccare la realtà».
Francesco aveva presa sulle persone…
«Francesco era molto charmant, con la conoscenza che abbiamo delle scienze umane possiamo dire che aveva un tratto narcisista che poi ha abbandonato per andare verso il Signore. Ma questo suo carisma magnetico gli è rimasto nel corso di tutta la vita. Lo notò anche uno dei suoi primi compagni come Fra Masseo. Poi era in grado di cantare e parlare in provenzale e maneggiava la letteratura. Una grande personalità che ha rinunciato al suo io per gli altri».
Francesco mantiene una certa durezza nonostante la sua umiltà.
«Noi abbiamo ereditato dall’Ottocento una visione un po’ edulcorata e romantica di Francesco. Ma era una personalità complessa. Mantiene delle contraddizioni. E meno male, questo ci consente di vedere la sua umanità, che ha trovato nel Vangelo un compimento ma resta umana».
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