𝐒𝐚𝐥𝐮𝐭𝐨 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐚
Dicevamo il trash. Dopo la settimana del pistolino è di scena nei cassonetti della politica e dei media, la settimana dei saluti romani. Il ricordo di quella strage di giovani innocenti missini non ha mai meritato le attenzioni delle prime pagine e dei leader; ma se una strage compiuta da estremisti di sinistra e antifascisti merita l’oblio, al contrario il solito omaggio ai caduti col saluto romano come usano da 46 anni, diventa motivo centrale di politica. È più grave la mano che ricorda le vittime con un saluto romano della mano che li uccise. Questa è la notizia, suggeriscono le iene in pieno sciacallaggio.
Ecco il trash, chi lo provoca e chi lo utilizza. Non rinasce il fascismo da quei riti funebri, non è mai rinato, nemmeno quando c’era un partito neofascista e i tempi erano più cruenti sulle ali estreme della militanza. Figuriamoci ora.
Non evoca minacce di violenza ma il ricordo di una violenza subita. Rientra nella liturgia di una piccola comunità, senza alcuna incidenza nella realtà. Un gesto fuori dalla storia, dalla politica, dal presente e dal futuro. Rituali della ricordanza come i riti religiosi o stagionali di antiche comunità. Il trash è farlo diventare oggetto politico di attualità, minaccia futura, programma del governo in carica. La miseria di queste scenate dura da ottant’anni; ma col passare del tempo e l’avvento dei governi di destra, anziché spegnersi almeno d’interesse, accrescono di rilievo, diventano eventi, segni epocali. E subito il cretino antifascista disse: sta tornando il fascismo. E il cretino anti-antifascista sorrise soddisfatto che qualcuno prendeva sul serio il suo gesto cretino.
Un trash tira l’altro e la politica come la storia si riduce a un cassonetto.
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