𝐏𝐫𝐨𝐩𝐨𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐮𝐫𝐫𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐑𝐨𝐦𝐚 𝐛𝐨𝐜𝐜𝐢𝐚𝐭𝐚
D’accordo, loro hanno i soldi, noi la decadenza. Ma possiamo sbrigarla così la brutta storia dell’Expo 2030 negata a Roma e conferita a Riad, con i nove decimi del mondo dalla parte degli arabi?
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Proposta di resurrezione per Roma bocciata
di Marcello Veneziani
02 Dicembre 2023
D’accordo, loro hanno i soldi, noi la decadenza. Ma possiamo sbrigarla così la brutta storia dell’Expo 2030 negata a Roma e conferita a Riad, con i nove decimi del mondo dalla parte degli arabi? Possiamo far finta di nulla che è stato preferito il deserto, la ricchezza e l’Islam alla prima città universale sulla faccia della terra, la civiltà che fu madre del diritto, dell’imperium e poi sede della cristianità? E dire che a Roma s’ispirò perfino la Russia degli Zar (Czar è contrazione di Caesar) e l’America del Campidoglio, il mito della Terza Roma, durò per millenni da Bisanzio a Carlo Magno, l’Occidente esiste a partire da Roma… Con Roma è stata sconfitta ancora una volta la Civiltà europea e occidentale.
“L’Arabia esaudita” titolava l’altro giorno con facile ma efficace ironia il manifesto. Ma non ci voleva molto a esaudire i desideri di chi dispone di una lampada d’Aladino a petrolio, favolosa e facoltosa, come un pozzo senza fondo. Basta comprarsi i singoli, ingaggiare non solo testimonial e addetti; e basta promettere investimenti e aiuti agli Stati, disponendo dei mezzi di Riad. La spiegazione è facile, magari aggiungendo possibili collaborazionisti nostrani. Ma la ferita è difficile da sanare, è in gioco la nostra Civiltà e non solo Roma; la questione resta aperta, va riproposta, prima in chiave critica e autocritica, poi in chiave costruttiva e propositiva.
Andiamo con ordine. La prima città italiana che ospitò l’Expo fu Torino, ma era ancora Piemonte sabaudo, e risentiva ancora dell’egemonia francese sull’Expo. Poi vennero altre città. Per restare ai tempi a noi più vicini, l’Italia fu baciata dall’Expo a Genova, nel ’92, godendo del 500° anniversario colombiano della scoperta dell’America e poi Milano nel 2015. Occasioni importanti di crescita. L’ultima Expo che toccò Roma, grandiosa ma incompiuta, fu nel 1942. La guerra impedì il suo corso, ma restarono poderose tracce, tra cui un quartiere intero, l’Eur, che si chiama così perché è la sigla dell’Esposizione universale romana. Contro cui oggi sembra scagliarsi la furia iconoclasta di chi vuole distruggere l’architettura, l’arte, l’edilizia di quell’epoca. Un progetto distruttivo e delirante, ripreso dall’Unione Europea, contro “il patrimonio edilizio dissonante”, costruito “in periodi storici difficili, portatori di valori controversi”. Non ci basta perdere l’Expo futura, ora l’UE ci esorta a perdere l’Expo del passato, abbattendo l’Eur, sorto in “un periodo storico difficile” (la guerra mondiale) e portatore di “valori controversi”(il regime fascista)… D’altra parte se cancelliamo perfino Cervinia pur di negare l’impronta del fascismo viene poi conseguenziale il resto…Roma è stata mortificata, e non dico la città di Totti o di Gualtieri ma la città Caput mundi. E’ difficile attribuire il fallimento al governo Meloni, insediato solo da un anno; anche se non sappiamo come si sia mosso il ministro Urso, che è stato prima a Riad.
Ma se vogliamo cercare una piccola spia simbolica di quel fallimento basti pensare che Roma ha presentato come suoi testimonial a Parigi non esponenti della Grande Bellezza romana e italiana, come per esempio Sophia Loren o il regista omonimo premiato con l’Oscar, Paolo Sorrentino, o della lirica in cui primeggiamo, chiamando Riccardo Muti o il celebre Andrea Bocelli, né rappresentanti dell’Alta Moda o del Made in Italy (Barilla, Ferrero, altri marchi famosi). Nessuno di loro romano, beninteso, ma tutti comunque espressioni dell’eccellenza nostrana. Invece rappresentavano l’Italia la pur brava attrice Sabrina Impacciatore che nessuno conosce, pochi anche da noi; la simpatica atleta paralimpica Bebe Vio e l’attivista per i diritti umani Trudie Styler (che non ci azzecca nulla con Roma ma era perfetta per conformarsi al politically correct). Tre donne, come vuole il Canone femminista.
Delle due l’una: sono andati sul basso profilo perché sapevano in partenza di perdere, e qualcuno ci trovava anche gusto per non dire convenienza, e allora è stata una squallida messinscena quell’illusione mandata in onda; oppure non siamo in grado di pensare in grande, di capire il mondo e di riconoscere le nostre eccellenze. Perché se ti candidi devi esibire chi svetta e non chi ti mette al passo del mainstream, il conformismo globale.
L’Expo a Roma nel 2030 poteva essere una grazia o un colpo di grazia, per una città così degradata; ma la scommessa andava corsa. Ora ci resta il Giubileo del 2025.
Ma la speranza è l’ultima a morire e non vogliamo rassegnarci all’estrema unzione per la Città Eterna; perciò lanciamo, anzi rilanciamo una proposta che facemmo anni fa. Perché Roma che fu davvero Caput Mundi non si inventa una Mostra Permanente della sua Grandezza millenaria? Perché non associa a quella mostra un evento universale che si ripeta ogni 4 anni, una specie di Olimpiadi della cultura, che possa esaltare il primato mondiale nostrano dell’arte e della bellezza, oltre che la Grande Storia e la Culla del Diritto? Un evento in cui convogliare le eccellenze passate e presenti del Madre in Italy (ho scritto madre, non è un refuso). Una specie di giubileo periodico della creatività mondiale attraverso la competizione di nove muse tra le arti, la letteratura, il teatro, la musica, la danza, la poesia, il pensiero e la scienza, la foto, lo schermo e il video. Convogliando a Roma il pantheon mondiale degli artisti, le eccellenze planetarie nei rispettivi campi, giocando sull’irriproducibilità del luogo, prevedendo dove è possibile gare, dal classico certamen a eventi spettacolari di cultura popolare. Un appuntamento che si snodi tra le bellezze antiche e moderne di Roma, portando gli stati generali del genio planetario. Roma ha i titoli per la megalomane impresa; qui è nata la cittadinanza globale, con l’editto di Caracalla; qui sorse la latinità, lingua e civiltà universale, qui prese corpo il diritto e l’idea di Stato, da qui s’irradiò la prima rete stradale internazionale, qui sorsero l’Impero e la res publica, il cattolicesimo universale e il papato, qui l’arte offre duemila anni di splendida continuità, dalla romanità al barocco. Roma è davvero la Madre della globalizzazione, nella sua versione nobile, universalità. Come l’Expo più dell’Expo. Lasciateci sognare…
La Verità – 1 dicembre 2023