𝐈𝐧𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐨 𝐦𝐚 𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨
Leggi l’intervista di Fabio Pagliccia per il Corriere del Ticino👇
Incompreso ma attualissimo
di Marcello Veneziani
30 Novembre 2023
intervista a Fabio Pagliccia per il Corriere del Ticino, 29 novembre
1. Per quali motivi Giambattista Vico è da lei considerato il più grande pensatore italiano?
Perché è il pensatore italiano che ha fecondato con le sue intuizioni, ambiti e filoni di pensiero svariati, e non solo sul piano filosofico ma anche storico, antropologico, politico e letterario, e perfino pedagogico e psicanalitico. Non capiremmo il romanticismo, il pensiero risorgimentale, gli storicismi di vario tipo senza Vico e la sua Scienza nuova. E non capiremmo le origini della civiltà senza le sue geniali riflessioni e comparazioni.
2. Vico si è sempre identificato con la sua amata Napoli, ma non altrettanto coi suoi abitanti. Quali sono le ragioni di questo rapporto contrastato?
Vico è Napoli, s’identifica con la sua città da cui non si è mai allontanato, se non in gioventù per fare il precettore nel Cilento. La sua indole riflette quella dei napoletani, difende dagli intellettuali il sentire comune popolare e vive nel periodo aureo della città quando era un’importante capitale. Ma i suoi concittadini non capiscono le sue opere, troppo astruse per loro. Sicché Vico patisce la triplice incomprensione della società letteraria che lo snobba e lo avversa; dei potenti e dei regnanti; ma anche della plebe.
3. Il cattolicissimo Vico, se non ha mai goduto delle simpatie del mondo laico, non è stato neppure sostenuto e difeso dalla Chiesa. Perché?
Perché non lo comprendevano, lo consideravano un pedante erudito, amava il mondo pagano e romano e ciò creava diffidenza. Il clero non comprendeva il senso della scienza nuova, non capisce dove va a parare e sottovaluta l’eroico impegno vichiano contro la “Boria dei dotti”, di cui combatte l’ateismo, la secolarizzazione e il razionalismo. Vico è l’unico grande filosofo moderno che non si professa solo cattolico e credente, ma vede la mano di Dio agire nella storia tramite la Provvidenza.
4. L’Ottocento romantico e idealista ha valorizzato, dopo decenni di oblio, la figura del filosofo napoletano. Quali interpretazioni ha fornito?
Lo scoprirono per gradi, da un verso per il suo grandioso affresco storico sulle età dell’umanità e dall’altro per la scoperta della fantasia creatrice, più pronunciata nei bambini, nei primitivi e nei poeti. Gli idealisti abbracciarono la sua storia ideale eterna su cui corrono le nazioni in una visione universale; storia che non é progressiva e nemmeno regressiva ma procede a spirale, tra analogie e ritorni, che non sono mai ripetizioni del passato.
5. Vico dei Miracoli è composto con uno stile originale, puntellato da locuzioni vernacolari. Quale l’intento?
Questa è la prima biografia di Vico ed io non volevo scrivere un saggio appesantito di citazioni e rimandi bibliografici ma volevo raccontare la sua vita come se fossi un cantastorie del suo tempo. Così ho concepito una specie di romanzo popolare, ricco di aneddoti e di vita, ma attenendomi alla storia vera e tormentata di Vico e della sua epoca. L’impianto narrativo, letterario, si svolge dunque nel rigore dei fatti e la storia di Vico e di Napoli si intrecciano al suo pensiero che corre per le strade della città e per le case che lui ha abitato.
6. Quali aspetti del pensiero vichiano andrebbero recuperati nella società di oggi, così lontana dagli insegnamenti del filosofo?
Tante sono le eredità che Vico ha lasciato al pensiero in rapporto alla storia ma una mi pare prevalga su tutte e sia originale, unica: Vico insegna a collegare il pensiero al mito e alla religione, alla storia, all’arte e alla poesia e a considerare un sapere organico in cui la fisica trae fondamento dalla metafisica e la scienza nuova è il frutto di questa connessione. Allo stesso modo ci insegna a non vivere solo nel presente ma a considerare che la nostra umanità si ciba anche di passato e di avvenire, di favoloso e di eterno. Una lezione grande e necessaria.