L’Europa rischia una guerra civile?

L’Europa rischia una guerra civile?

di Drieu Godefridi   1 novembre 2023

Pezzo in lingua originale inglese: Europe Facing Civil War?
Traduzioni di Angelita La Spada
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Gli europei dovranno fare l’impensabile: applicare le loro leggi. Se qualcuno, musulmano o non musulmano, vuole celebrare i pogrom jihadisti contro gli ebrei, beh, può andare a gioire in Iran o in Qatar. Non in Europa. Nella foto: manifestanti anti-israeliani a Bruxelles, in Belgio, il 15 ottobre 2023. (Foto di Nicolas Maeterlinck/Belga Mag/AFP tramite Getty Images)

A Vienna, Londra, Parigi, Berlino, Bruxelles e in decine di altre città europee, sono state organizzate una serie di manifestazioni “a sostegno della Palestina” ancor prima che gli israeliani rispondessero al pogrom jihadista perpetrato il 7 ottobre da Hamas, appoggiato dall’Iran, mentre i corpi di oltre 1.400 vittime israeliane torturate, stuprate, uccise e mutilate, di bambini decapitati o bruciati vivi, erano ancora caldi. Secondo un report di JNS:

“[Il 23 ottobre] le Forze di Sicurezza Israeliane hanno pubblicato due segmenti dell’interrogatorio dei terroristi di Hamas che hanno partecipato al massacro…

“Lo scopo dell’entrata in territorio israeliano (…) era quello di rapire civili. ‘Avevamo l’ordine di prendere in ostaggio e rapire quanti più possibile’ ha rivelato uno dei terroristi. E ha aggiunto: ‘Hamas ci ha promesso che chiunque avesse portato un ostaggio avrebbe ricevuto un appartamento e 10 mila dollari'”.

Tuttavia, ognuna di queste manifestazioni organizzate in Europa è stata teatro di slogan pieni di odio contro Israele e gli ebrei.

Questi slogan sono stati scanditi a Bruxelles e ovunque era palpabile un’atmosfera che trasudava violenza e sete di sangue. Intorno a me, circondato da circa 2mila manifestanti pieni di odio, un gruppo costituito da una decina di giovani arabi gridava “morte agli ebrei” e “morte a Israele”, scambiandosi sorrisi complici e qualche battuta. Uno di loro mi ha intimato di interrompere le riprese video. L’ho fatto.

L’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger di recente ha spiegato in un’intervista che l’Europa ha commesso un grave errore creando al suo interno, attraverso l’immigrazione di massa, popolazioni che rifiutano di osservare tutte le sue norme, i suoi valori e una “base costituzionale”. Kissinger ha deplorato il fatto che nel 2023 a Berlino, quasi ottant’anni dopo la Shoah, la gente, nella totale impunità, grida nelle strade “Morte agli ebrei”.

Nelle ore successive alla notizia della strage compiuta da Hamas, in Europa, soprattutto in Francia, è iniziata un’ondata di violenze e di attacchi razzisti. Contro gli arabi o contro i musulmani? Niente affatto. Contro gli ebrei, ovviamente. In Europa, gli ebrei sono ancora vittime dell’odio e della violenza. Verosimilmente è un modo per i nostri europei locali pro-Hamas di celebrare il pogrom jihadista del 7 ottobre.

Anche se da 30 anni i media ci mettono in guardia dal rischio di violenza contro i musulmani, nei fatti e nelle cifre, i nostri concittadini ebrei sono decisamente più vittime di violenza e di abusi rispetto ai musulmani che vivono in Europa. Già nel 2015 Jeffrey Goldberg metteva in guardia nelle pagine di The Atlantic: “Nel 2014, gli ebrei in Europa sono stati assassinati, violentati, picchiati, molestati, perseguitati e inseguiti, fatti oggetto di sputi e vessati perché ebrei”.

Provo un certo sfinimento nei confronti di chi ritiene ugualmente responsabili gli israeliani e gli arabi. Non solo la Sinistra europea, che spesso non si prende più la briga di nascondere il proprio antisemitismo. No, anche quelli di Destra, i quali, per codardia o ignoranza, ci dicono che Israele se l’è cercata.

Consideriamo alcuni fatti. Nel 2005, vedendo che il processo di pace era giunto a un punto morto, Israele ha espulso con la forza 8.500 ebrei dalle loro case nella Striscia di Gaza e ha raso al suolo tutte le loro abitazioni e comunità. Da quel giorno in poi non un solo piede israeliano ha calpestato il suolo di Gaza, e la Striscia è stata “libera”. Ora, senza nemmeno un ebreo, gli arabi di Gaza avevano finalmente il controllo totale di questa bellissima terra sulla costa mediterranea e potevano costruire la “Singapore del Medio Oriente”. Un gruppo di americani ha perfino devoluto 14 milioni di dollari per acquistare 3.000 serre dagli ebrei espulsi da donare all’Autorità Palestinese (AP) per garantire che gli abitanti di Gaza potessero avviare attività commerciali lì. Nel giro di pochi giorni sono state tutte saccheggiate e distrutte.

Nel 2006, si sono svolte le elezioni a Gaza. La maggioranza degli abitanti della Striscia ha votato per l’organizzazione terroristica totalitaria Hamas, il cui obiettivo apertamente dichiarato era, e continua ad essere, la distruzione totale di Israele e lo sradicamento degli ebrei ( artt. 7 e 32 dello Statuto di Hamas).

Nel 2007, in risposta al traffico di armi da parte di Hamas per adempiere alla sua missione genocida, Israele ed Egitto hanno introdotto un blocco di Gaza, in accordo con l’Autorità Palestinese, che Hamas aveva appena convinto a lasciare Gaza uccidendo centinaia di suoi membri, alcuni dei quali gettandoli giù dagli ultimi piani degli alti edifici.

Israele non ha alcuna responsabilità per il pogrom subito il 7 ottobre, la cui responsabilità ricade non solo sugli psicopatici miliziani di Hamas, ma almeno altrettanto sulla Repubblica islamica dell’Iran, burattinaia e aspirante potenza egemone della regione.

Ma torniamo al Vecchio Continente. Nella maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale, il sostegno al terrorismo e l’incitamento all’odio e alla violenza contro i non musulmani sono passati dall’essere dei crimini, all’essere sostegno alla diversità e al “multiculturalismo”. Il 99 per cento di coloro che commettono questi reati non viene mai perseguito penalmente, tanto meno condannato. Dire “morte agli ebrei” e “gasiamo gli ebrei” è diventato di nuovo accettabile in Occidente.

Nessuna persona sana di mente, secondo Tucidide, vuole la peggiore forma di guerra, che è la guerra civile. È per questo motivo che l’Europa ha bisogno di comprendere meglio ciò che ha fatto a se stessa. L’Europa senza dubbio intendeva “fare del bene”, ma è stata demograficamente sopraffatta da persone che gli europei immaginavano stessero fuggendo dalla tirannia, ma che in realtà stavano portando con sé la tirannia. Potrebbe essere opportuno prendere in considerazione tre misure.

La prima è una moratoria all’immigrazione. Gli europei avranno maggiori difficoltà a integrare le popolazioni già presenti nei loro Paesi. Potrebbero anche non essere in grado di farlo. Molti non sembrano volersi integrare nella cultura europea, piuttosto sembrano volere che siano gli europei a integrarsi nella loro. Dovrebbe ormai essere ovvio che l’arrivo di milioni di nuovi arrivati ​​ogni anno non risolverà il problema.

Ciò significherebbe abbandonare la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU). L’estremista giurisprudenza delle “frontiere aperte” della Corte di Strasburgo impedisce qualsiasi messa a punto di una politica razionale di asilo. Nel 2012, la CEDU ha emanato la cosiddetta “sentenza Hirsi”, dal nome del caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia, in cui si afferma che gli Stati europei hanno l’obbligo giuridico di salvare i migranti ovunque li trovino nel Mar Mediterraneo, anche a soli 200 metri dalla costa libica, e di trasportarli verso un porto europeo, in modo che queste persone possano richiedere lo status di rifugiato.

Quando la Marina Militare italiana ha intercettato i migranti illegali nel Mar Mediterraneo e li ha respinti in Libia, non solo la CEDU ha condannato l’Italia per questa “evidente” violazione dei diritti umani, ma gli italiani hanno dovuto pagare 15.000 euro (17.000 dollari all’epoca) a ciascuno di questi migranti clandestini in nome del “danno morale” che avrebbero subito. Questa somma equivale a più di 10 anni di reddito nei Paesi di origine del signor Hirsi Jamaa e dei suoi compagni: Somalia ed Eritrea.

Nel 2016, il PIL pro capite della Somalia era stimato a 400 dollari e quello dell’Eritrea era di 1.300 dollari. Tutti, ovviamente, hanno sentito parlare della sentenza Hirsi. In Africa, soprattutto, molti hanno capito che se avessero potuto raggiungere il Mediterraneo, le Marine europee sarebbero state ora obbligate a trasportarli direttamente in Europa. Prima della sentenza Hirsi, quando le persone cercavano di raggiungere le coste europee, centinaia ogni anno morivano tragicamente in mare. Adesso, l’obiettivo è quello di farsi semplicemente intercettare. Di conseguenza, centinaia di migliaia tentano questo viaggio, spesso con l’aiuto di organizzazioni non governative come Medici Senza Frontiere, i cui attivisti aspettano che le barche appaiano in mare, appena al largo delle coste libiche.

Gli europei dovranno fare l’impensabile: applicare le loro leggi. Se qualcuno, musulmano o non musulmano, vuole celebrare i pogrom jihadisti contro gli ebrei, beh, può andare a gioire in Iran o in Qatar. Non in Europa.

Ogni “Morte agli ebrei” o “Morte a Israele” gridato in Europa, soprattutto dopo il 7 ottobre quando i bambini sono stati torturati, bruciati vivi e decapitati, le donne stuprate, e più di 200 israeliani sono stati trascinati a Gaza come ostaggi, è un insulto non soltanto agli ebrei, ma anche a noi, a ciò che siamo, alle nostre leggi, alle nostre democrazie e alla volontà popolare.

 

Drieu Godefridi è giurista (Université Saint-Louis de Louvain), filosofo (Università Saint-Louis de Louvain) e dottore in teoria del diritto (Paris IV-Sorbonne). È autore di The Green Reich.