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Il pensiero forte salvato dalle donne
di Marcello Veneziani
12 Luglio 2023
āLe donne non hanno esistenza nĆ© essenza, esse non sono, esse sono nullaā. Con questo inesorabile viatico di Otto Weininger, il pensatore ebreo suicidatosi a ventitrĆ© anni nel 1903, ebbe inizio il ventesimo secolo. Erano parole tratte da Sesso e carattere, unāopera che ebbe gran successo, svariate ristampe e traduzioni, fra cui una in Italia a cura di Julius Evola. Figlia di Bachofen e di Schopenhauer, una letteratura ampia e misogina si scatenĆ² nella cultura mitteleuropea del primo ā900, in concomitanza coi primi segnali di femminismo e di emancipazione delle donne. Da un verso la cultura di estrazione eroico-militare, virile, si riconobbe nella misoginia di Zarathustra-Nietzsche (āVai dalla donna? Non dimenticare la frustaā). dallāaltra la convinzione atavica di unāinferioritĆ ontologica e spirituale della donna, concorrevano a considerare le incursioni femminili nella cultura e nella filosofia, oltre che nella politica, come unāintrusione, una trasgressione indebita.
Eppure il pensiero forte del Novecento, alla fine, fu salvato dalle donne. Mentre gli ultimi pensatori dichiaravano il naufragio della filosofia o il tramonto della civiltĆ , le donne riprendevano a tessere il pensiero sposato al mondo. Lāepifania del pensiero forte ĆØ femminile, ma non femminista.
Non solo le celebri donne che vissero di luce riflessa per i loro mĆ©nage intellettuali ed esistenziali. Come Lou-Andreas SalomĆØ, anello di congiunzione vivente tra Nietzsche, Rilke e Freud. O come Simone de Beauvoir, che ha lasciato sƬ scritti notevoli, ma pur sempre allāombra del suo sodalizio con Sartre. O Sibilla Aleramo, letterata e amante di vari scrittori.
Il riferimento ĆØ invece a quelle donne che hanno lasciato unāorma profonda nel pensiero, riconosciuta solo negli ultimi anni. Le donne che abitarono il cuore del Novecento filosofico non furono femministe, atee e radical progressiste; furono intrepidi ācuori pensantiā che si dedicarono alla metafisica, al sacro e alla trascendenza, a volte perfino alla mistica, allāestasi e alla santitĆ . Non furono dunque confinate nei temi dāamore, andarono ben oltre. Figure delicate, a volte celestiali, vogliose dāassoluto e cercatrici di luce. Come Simone Weil, lāintelligenza metafisica piĆ¹ acuta del Novecento, ma anche pensatrice politica e sociale; ma anche di MarƬa Zambrano, allieva di Ortega y Gasset ma rapita da Heidegger; di Vittoria Guerrini alias Cristina Campo, che āfilosofaā non fu ma distillĆ² pensieri metafisici in purissima letteratura; di Hannah Arendt, che fu tra le piĆ¹ grandi pensatrici non solo etico-politiche del secolo ma anche esistenziali; di Edith Stein e di Etty Hillesum, menti acute finite nei campi di sterminio, ebree come Weil e Arendt; per certi versi Marguerite Yourcenar, che alla sensibilitĆ storico-letteraria unƬ, a latere, una passione filosofico-alchemica e unāamore per la tradizione. E alle poetesse pervase di pensiero metafisico, come Anna Achmatova e Marina Cvetaeva. O Antonia Pozzi nella sua pur breve e tragica esistenza. O studiose del sacro e del paganesimo come Marie Reimschneider e della āluce del Medioevoā come RĆ©gine Pernoud.
Di fronte al declinare del pensiero al maschile, perduta tra dichiarazioni di morte della filosofia medesima, agonie e nichilismi, fino allāepilogo del pensiero debole, il pensiero forte ĆØ stato rappresentato soprattutto dalle donne, pur considerate quasi straniere nei territori della filosofia, senza permesso di soggiorno. Di fronte allāemorragia del pensiero, furono donne come Simone Weil a riproporre il problema della veritĆ e di Dio, dellāessere e dellāassenza. O come MarƬa Zambrano, a ripensare alla metafisica della luce e alla necessitĆ di un pensiero aurorale, luogo dāincontro tra poesia e filosofia. O come Edith Stein, a passare dalla filosofia alla fede religiosa, dallāebraismo alla conversione cristiana, assumendo da carmelitana in clausura il nome di Teresa Benedetta della Croce. O come Hannah Arendt, che non solo analizzava le origini del totalitarismo e la banalitĆ del male, ma si addentrava anche nella vita della mente, riproponendo lāesigenza di un primato del conoscere sullāagire, della contemplazione sulla prassi. Con il pensiero femminile tornano nel Novecento Platone e Pitagora, il tema dellāimmortalitĆ dellāanima e lāorizzonte della trascendenza, la riflessione filosofica sulla religione e sul divino, lāamor fati e il sacro. Lāespressione piĆ¹ alta e piĆ¹ pura di questa linea metafisica fu espressa in Italia da Cristina Campo, letterata traduttrice e poetessa, studiosa di saperi tradizionali, liturgici e simbolici. La sua lievitĆ di figura e densitĆ di espressione, lo splendore dei suoi pensieri, la ricerca di Dio con unāattenzione spirituale e una grazia che sembrano provenire da altri mondi a cui comunque si riferiscono. La sua tensione verso la perfezione che costa āvigilie notturne, duri mattutini, voti di castitĆ , obbedienza e povertĆ ā, il suo ādistacco quasi totale dai beni di questa terra, la costante disposizione a rinunciarvi se si posseggono, unāovvia indifferenza alla morte, profonda riverenza alle forme impalpabili, ardimentose, indicibilmente prezioseāā¦ Cristina Campo, di cui questāanno ricorre il centenario della nascita, esprime una linea scandalosamente divergente dal suo tempo e dal nostro. āIl mondo dāoggi āscrive in una lettera a Mita- ha un fiuto infallibile nel tentar di schiacciare ciĆ² che ĆØ inimitabile, inesplicabile, irripetibile, tutto ciĆ² che non gli puĆ² somigliareā. E Orsola Nemi, scrittrice di qualitĆ e firma del Borghese, caduta nellāoblio.
Le donne pensarono la filosofia in rapporto al divino e alla sua assenza, il suo ritirarsi dal mondo. In quello strano secolo da cui proveniamo, a filosofare con il martello e ad assumersi la croce di un pensiero divergente, profondamente antagonista, scandaloso, sono state loro, le donne. Sia benedetto il loro pensiero forte, ben oltre lāastioso rivendicazionismo del gender.
(Il Borghese, luglio)