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Ogni tanto la preistoria personale viene a trovarci. Tu ricordi vagamente il soggiorno di casa tua da bambino, tuo padre accanto a un gran bestione di radio, tu e i tuoi fratelli raccolti a sentire le partite di calcio, βse la squadra del vostro cuore ha perso consolatevi con Stock 84β. Ricordi lo stupore del quadrante acceso, gremito di nomi esotici, la sorpresa di quelle linee luminose che si spostavano con la manopola e le voci promiscue che cambiavano rapidamente, accavallando l’inglese al russo all’arabo. Il Lontano entrava in casa. Poi, la domenica radiosa, le canzoni riempivano la casa con l’odore di ragΓΉ. Pensi che sia un mondo sepolto o solo sognato, tanto pallido e stinto Γ¨ il ricordo. Ma poi un pomeriggio di questi, alla controra, ti arrampichi sulla soffitta della casa paterna e ritrovi lacerti del passato che giacciono inerti ma alludono a una preistoria favolosa e affettiva. Ritrovi con loro quelle stanze, quelle voci, quei volti, quelle abitudini di casa. Riemerge da quell’Atlantide familiare la carcassa del prezioso animale domestico, la radiona Clariton in radica di noce che irradiava il soggiorno. Con qualche espediente si rianima, dΓ segnali di vita, emette rumori, suoni… Vorresti riascoltare le parole e le voci di quel tempo e rivedere al suo fianco quella poltrona occupata. Ma poi ti accontenti d’aver ritrovato la macchina del tempo e t’ipnotizza il suo fervore di luci. Non sai come festeggiare la sua ricomparsa, ma mentre ci pensi, ti accorgi che lo stai giΓ facendo. Si riaccendono i ricordi, va in onda il passato, con alta frequenza.
(Ritorno a sud, Mondadori, 2014)