𝐄𝐥𝐥𝐲&𝐂𝐨𝐧𝐭𝐞, 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐌𝐞𝐥𝐨𝐧𝐢
Prima che spuntasse Elly Schlein alla guida del Pd, Giuseppe Conte rappresentava il punto più basso nella pur ingloriosa storia politica italiana.
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Elly&Conte, una polizza per la Meloni
di Marcello Veneziani
04 Luglio 2023
Prima che spuntasse Elly Schlein alla guida del Pd, Giuseppe Conte rappresentava il punto più basso nella pur ingloriosa storia politica italiana. Conte appariva come il nulla capace di tutto, disposto a mutarsi in ogni cosa, ad avvitarsi in fantasmagoriche supercazzole, e a sostenere da avvocato mimetico tutte le parti in commedia, da statista a populista, da filo-Trump ad anti-Usa, da moderato a barricadiero.
Poi è arrivata lei, ella, Elly, e Conte è apparso di colpo più politico, più esperto, perfino più competente ed equilibrato. Il puerile radicalismo della signorina dem, il suo tono arrogante e perentorio, la pretesa di rappresentare la novità, quasi la rivoluzione, nascondono un’enciclopedica ignoranza politica e una generale incompetenza e inattitudine. Se Conte era solo un professore di seconda linea nell’orchestra di Arpa il suo mentore, uno che un po’ sviolina e un po’ tromboneggia, la Schlein è davvero imbarazzante quando esprime opinioni, critiche, programmi e rimedi. A me ricorda quelle ragazze interrogate dai professori che – come si diceva da noi – “impestano” di parole perché non sanno nulla in merito.
D’altra parte Schlein oltre che straniera al suo paese e alla sua storia, è estranea pure al lavoro, non avendo mai fatto nulla in vita sua. Conte, bene o male, un lavoro ce l’aveva, un po’ avvocato e un po’ docente. Elly no, è tabula rasa, non è mai stata nella realtà, non è lavoratrice, non è mamma, non è impegnata nel sociale o nella cultura; solo un’esperienza a dir poco evanescente alla Regione Emilia-Romagna; tanto evanescente che non si vide nei giorni dell’alluvione nella “sua” regione, dove era stata fino a poco prima vice-presidente, temendo forse contestazioni e non potendo alzare il dito contro qualcuno, perché quel qualcuno era dalle sue parti.
La gaffe sull’armocromista e l’intervista a Vogue non furono semplici scivolate che hanno reso futile e cromatico anche il suo massimalismo; hanno rivelato l’incapacità di capire come e cosa comunicare al suo popolo e al paese. Un campionario di banalità senza precedenti. Decisamente è il punto più basso di un Partito che da erede del vecchio Pci, dalla vecchia Margherita, con innesto di brontosauri democristiani, era il più strutturato della scena politica. Ora dai vecchi professonisti della politica si passa a una dilettante allo sbaraglio, peggio dei grillini, che sembra sempre in gita scolastica, con le sue scarpette ginniche, i jeans e i suoi occhiali conficcati sul cranio.
Non poteva avere maggior fortuna Giorgia Meloni a trovarsi un’avversaria come lei; i più convinti sostenitori della Schlein oggi sono a destra. Il loro passaparola è: lunga vita alla Schlein, quando ci ricapita una così…
Il giudizio si può forse estendere all’altro oppositore, Conte, benché abbia guadagnato punti dacché c’è lei. Insieme, come li vedemmo giorni fa in quella manifestazione così duramente contestata nelle file del Pd, costituiscono una polizza per il governo Meloni. Infatti intervengono spesso i correttori, i supervisori, come Grillo da una parte e il soviet dei tutori della Schlein dall’altra, per cercare di pilotare, modificare la mira.
Dietro l’arroganza e il ditino alzato, che sono poi gli unici elementi che legano la Schlein al suo partito e ai suoi predecessori, si nasconde probabilmente insicurezza, sindrome da accerchiamento, frulla l’aria fritta, mena il can per l’aia o la palla in tribuna. Insomma, che vi devo dire, ma a me questa Elly mi fa pure tenerezza, così spaesata. La follia delle primarie aperte ai passanti, la disperazione di un partito che si sente minoranza e non è mai in sintonia, empatia col paese e con la realtà, hanno prodotto questo mostro in laboratorio, questo asterisco, questa schwa che si è fatta persona, non dirò donna, per non offenderla e non ridurla al gender d’origine, come vuole la protervia maschilista. Ma fa vera tenerezza il suo sguardo spaventato e stranito, un po’ da alieno, che poi si fa cattivo e aggressivo quando deve interpretare il ruolo di opposizione e attingere al suprematismo di sinistra ztl.
Eppure un paese ha bisogno dell’opposizione. Paradossalmente il rischio che corre l’Italia in questa fase non è la fantomatica deriva autoritaria del governo Meloni, ma l’assenza di credibili alternative alla destra, di qualcuno che non spruzzi, come la seppia, il liquido nero del fascismo per intorbidare l’acqua e non permettere di discernere le cose; ma sia in grado di misurarsi problema su problema, scelta su scelta, con cognizione di causa, offrendo una diversa soluzione. Il messaggio dei 5stelle, alla fine si risolve nella difesa del reddito di cittadinanza, più il legittimo malcontento per la posizione italiana troppo schiacciata sugli Usa e sulla Nato (ma il Conte fregoli, al governo, avrebbe fatto la stessa cosa). E’ un interesse concreto, benché demagogico, clientelare e populista, degno del peggior meridionalismo assistenzialista di vecchi democristiani. Dalla Schlein, invece, non traspare nessun tema concreto, se non vaghe rivendicazioni lgbtquia+, uteri in affitto, coppie lesbo-gay, migranti, in salsa antifascista. Alla fine, tra questi temi, la politica resta solo nelle mani della Meloni. Rischiamo di avere un governo senza opposizione, un premier senza antagonisti, ma non a causa della svolta autoritaria bensì dell’assenza-suicidio di una vera opposizione e di avversari all’altezza della sfida. Opposizione burlesque.
(Panorama n.28)