“Siamo in cielo, soli con la nostra sorte”

“Siamo in cielo, soli con la nostra sorte”

2 Febbraio 2023 

Il poeta soldato racconta la partenza per la battaglia. In diretta

Gabriele D’Annunzio 

Si risogna la sera di San Franscesco, si risogna la notte di Cattaro. Si riassapora quella gioia di guerriero che non somiglia ad alcun’altra e che poteva rimanermi ignota se la sorte non mi avesse gettato nella guerra dopo tanti anni di tristezza, alla fine del mio vigore.

Rivedo i miei sette velivoli in armi, schierati su quel campo squallido della Puglia estrema, in ordine di partenza. Primo il mio, nella doratura dell’ultimo sole che si riflette sopra le carlinghe lisce come se fossero fatte di lastre d’avorio connesso con arte bisantina. Li esamino a uno a uno. Salgo a prua, osservo gli strumenti di bordo, provo con le nocche il suono dei serbatoi, Son pieni fino al tappo, colmi. Comincio a soffrire della sera troppo lenta. Si dice che il vecchio Pan avesse il torace azzurro; ma l’aviatore in attesa ha tutto il cielo nel petto inquieto.

Ecco che la luna è già alzata! Il faro del San Michele è già acceso. Gli apparecchi sono in silenzio, con un poco di luna su l’avorio della carlinga. L’ultima mezz’ora è un’eternità. Non posso più sopportare intorno a me la ressa. Ho un bisogno disperato d’esser solo, dietro il mio schermo di mica, dietro la mia mitragliatrice nera appuntata come un telescopio verso la mia stella. Avvolgo alla sbarra che sostiene la prua il guidone azzurro dell’Orsa. Il mio soldato, invece di prendere il cordone del medesimo colore, ha preso un nastro nero, un nastro funebre. Lego con quello il guidone avvolto; e una quiete si fa in me, d’improvviso. La guazza è tanta che l’apparecchio è tutto bagnato come se avesse ricevuto un acquazzone. Cova i due «giacomini», le due granate da 260 accoppiate.

Il meccanico mette in moto il motore. Il rombo mi assorda. Le fiamme verdi, rosse, turchine, gialle, versicolori come il velo d’Iride irrompono dai tubi di scarico. Salgo a prua, e dispongo le mie cose intorno al seggiolino. Colloco le mie carte, i miei taccuini, i miei guanti, i miei calzari, il mio colare di salvezza, il mio salvagente, il tubo pieno di thè caldo. Ridiscendo, saluto, mi metto la cuffia: già assente, già lontano. Risalgo. Occupo il mio posto.

I due piloti sono già alle leve, mascherati. Luigi Gori ha il suo solito bavaglio verde, il suo aspetto bizzarro di bautta dagli occhi demoniaci. Maurizio Pagliano è grave, raccolto e attento come un organista davanti alle sue tastiere, tra registi e pedali prima di cominciare toccata e fuga, mentre già lavorano i mantici. Il canto dei motori è pieno. Le frecce di fuoco svariano nei colori, palpitano nella vibrazione della rapidità frenata. Vedo sotto la prua le mani che si tendono nell’estremo augurio. Vedo laggiù, in fondo al campo, i fasci bianchi dei fari. Si parte! Si parte! Credo che la mia volontà stessa sollevi le ali, tanto è tesa dal desiderio della lontananza. Si parte!

Ho davanti a me la notte ignota, il mare aperto, le stelle attenuate dal bagliore lunare. Mi sollevo a prua, e getto l’alalà. Odo il clamore che risponde, scorgo le mani che si agitano. L’apparecchio rulla, si stacca dalla terra, s’impenna come Pegaso verso le costellazioni. L’Orsa è a sinistra. Vedo i due fari convergenti di Conversano. Sono deboli. Vedo il proiettore del Settimo gruppo delle siluranti, del gruppo che incrocia a dodici miglia dalla nostra costa. È molto potente. Mi sporgo nel vento a scrutare il terreno. Ho in me una così grande pienezza di vita che quando mi chino mi sembra di traboccare. Vedo i nastri bianchi delle vie. Con un brivido profondo, indovino la massa dell’acqua. Ecco la riva sparsa di macchie biancastre, e una via litoranea che la segue. La sorpassiamo. Eccoci sul mare! Eccoci sull’Adriatico amarissimo e amatissimo! Il proiettore navale splende davanti a noi e ci segna la rotta. L’Adriatico è quieto, sottomesso all’incanto della luna. Siamo ormai soli con la nostra sorte.

Momento eroico di accettazione e di pacificazione. L’anima si agguaglia agli elementi, diventa notturna e stellata. È sospesa tra cielo ed acqua, come una sfera che sia piena a metà d’acqua e a metà di cielo. Il cuore è attraversato da una corrente melodiosa, come nel principio della creazione di un poema. Non sto per creare la mia avventura?

https://www.ilgiornale.it/news/siamo-cielo-soli-nostra-sorte-2111717.html