“Pudicizia velata” – Cappella Sansevero

Antonio Corradini e la “Pudicizia velata” della Cappella Sansevero

restaurars

di Laura Corchia

“Passammo al tempio poi di Pudicizia, ch’accende in cor gentil oneste voglie, non di gente plebeia ma di patrizia… …Felice sasso che ‘l bel viso serra! ché, poi ch’avrà ripreso il suo bel velo, se fu beato chi la vide in terra, or che fia dunque a rivederla in cielo?”

(Francesco Petrarca)

Con il Cristo velato e il Disinganno, la Pudicizia forma la terna d’eccellenza artistica della Cappella Sansevero. La scultura fu realizzata nel 1752 dal veneto Antonio Corradini e raffigura una giovane donna la cui nuda bellezza classica emerge evidente dal velo marmoreo trasparente che la ricopre. Il velo, scolpito con mirabile maestria, sembra aderire al corpo della figura come se fosse bagnato, inumidito dal vapore prodotto dal bruciaprofumi.

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La Pudicizia fu voluta da Raimondo di Sangro per commemorare l’ “incomparabile madre”, Cecilia Gaetani dell’Aquila https://restaurars.altervista.org/antonio-corradini-e-la-pudicizia-velata-della-cappella-sansevero/ d’Aragona, morta il 26 dicembre 1710. Lo sguardo perso, l’albero della vita, la lapide spezzata sono i simboli di quell’esistenza troncata troppo presto ed amaramente rimpianta dal figlio Raimondo, che volle così tramandare fattezze e virtù della giovane madre. La figura reca un serto di rose adagiato sul ventre, che si diparte da un bocciolo racchiuso nella mano destra. Sul bassorilievo ai piedi della statua corre la scritta “Noli me tangere”. 

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Al di là della semplice commemorazione, la Pudicizia nasconde certamente altri significati se, come ebbe a scrivere lo stesso committente, “le immagini sono similissime alle Lettere; la disposizione e l’alloggiamento delle Immagini alla Scrittura”. La donna coperta da un velo è interpretabile come come allegoria della Sapienza. Inoltre, nella cintura di fiori è ravvisabile un rimando al concetto di rinascita: “Tanti volti, che Morte e ‘l Tempo ha guasti, / torneranno al suo più fiorito stato” scrisse Francesco Petrarca nel Trionfo dell’Eternità.

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