Colf, badanti e babysitter: di quanto aumenteranno le buste paga
2 Dicembre 2022 –
Con l’arrivo del 2023 verranno aggiornate le retribuzioni minime di Colf e badanti, adeguandole all’indice Istat dei prezzi al consumo. L’aumento potrebbe arrivare a 1.600 euro l’anno
Giuditta Mosca
A partire da gennaio del 2023 scatterà l’aggiornamento delle retribuzioni di Colf, badanti e babysitter, che verranno adeguato all’indice Istat dei prezzi al consumo. L’aumento è da considerarsi in ragione circa del 9%, giacché a fare stato sarà l’indicizzazione all’80% dell’inflazione.
Come fa notare il Corriere della Sera, si tratta di aumenti che verranno compensati soltanto in parte dagli adeguamenti delle pensioni o dei contratti collettivi di lavoro (Ccnl) di alcune categorie professionali.
Le remunerazioni Colf, badanti e babysitter
Il 9% circa sulle retribuzioni minime si traduce, in denaro sonante, in circa 125 euro al mese ossia 1.625 euro annui. Un aumento del 9% può essere considerato, di fatto, una mensilità in più nel corso di un anno.
La Federazione italiana datori di lavoro domestico (Fidaldo) ha voluto portare l’attenzione sulla questione aumenti, sostenendo che le famiglie saranno confrontate con una stangata e incita il ministero del Lavoro a convocare entro il 20 dicembre la Commissione nazionale per l’aggiornamento retributivo. In base all’articolo 38 del Contratto collettivo nazionale di lavoro, in assenza di un accordo tra le parti sociali l’aumento verrà considerato automatico.
La Fidaldo punta a un aumento scaglionato nel tempo, anche per sollevare le famiglie da un potere d’acquisto già gravato dal carovita e dall’aumento dei carburanti. Secondo la medesima federazione gli aumenti potrebbero arrivare a 2.000 euro annui e, tra le proposte che avanza, c’è anche la defiscalizzazione del lavoro domestico.
Il presidente Fidaldo, Alfredo Savia, nel rilasciare una dichiarazione al Corriere della Sera, ha espresso il timore che un aumento dei costi contrattuali relativi a Colf, badanti e babysitter, possa incentivare il lavoro nero. Chi ricorre a collaboratori domestici lo fa per lo più perché non può fare altrimenti e se il loro costo dovesse essere insopportabile per i budget famigliari, la situazione delle regolarizzazioni potrebbe sfuggire dal controllo.
Nel 2020, stando ai dati Istat, i lavoratori regolari dell’intero comparto erano 920mila, in aumento del 7,5% rispetto al 2019. Va da sé che i numeri rischiano di essere più alti, tant’è che le stime parlano del 57% dei lavoratori in nero, cosa questa che porterebbe gli effettivi a circa 2milioni di lavoratori.
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