LE DONNE DEL BRIGANTAGGIO | 26° episodio CHERCHEZ LA FEMME… di Valentino Romano (*)
Cervaro, giugno del 1861.
La mia antica e conclamata empatia nei confronti delle donne del brigantaggio è cosa più nota del segreto di Pulcinella. Il che, però, non mi impedisce di far notare come, tra tutte quelle che attraversarono il brigantaggio, ci furono anche lenone, profittatrici e complici dei persecutori dei briganti. Ed è il caso di una di quest’ultime quello che oggi sottopongo alla vostra attenzione. Ciò, ne sono consapevole, mi alienerà qualche simpatia tra coloro che si aspettano sempre una sorta di esaltazione acritica dell’universo femminile brigantesco. Pazienza. “Amicus Plato, sed magis amica veritas!”
Veniamo al dunque: la protagonista della settimana è tale Rosa Risi, una contadinotta di Cervaro, della quale è invaghito Cristofaro Valente, pure del posto. Questi è un capobanda che opera nei mandamenti di Cervaro, Cassino e Mignano: una banda, secondo un rapporto prefettizio, di “feroci assassini [che] formavano [la] desolazione di una parte della Provincia”. “Assassini” lo saranno anche stati, “feroci” forse pure ma, vivaddio, diciamo le cose come stanno realmente: una piccola aggregazione di comuni malfattori, quattro gatti appena e, comunque, non tanto importanti da scomodare la retorica, se è vero che le cronache – a mia scienza – non ne hanno mai dato conto. E in questo caso anche parlare di “capobanda”, paragonando un semplice scorridore di campagna come Valente ai vari Crocco e Ninco Nanco mi pare un po’ pretenzioso, dati proprio il numero ridotto dei suoi sottoposti (cinque o sei) e la non eccessiva risonanza delle sue azioni. Però il Prefetto di Terra di Lavoro non è dello stesso parere mio e si lascia prendere ugualmente dall’entusiasmo nel telegrafarne al Ministero la notizia della distruzione: “… un fatto stupendo, dovuto alla virtù cittadina della gente del paese, inaugura definitivamente brigantaggio”. Caspita! Siamo appena a metà del 1861 e già la sola “virtù cittadina” di un piccolo paese ha “definitivamente” distrutto il brigantaggio! Fossi stato io il Ministro dell’Interno, vedendo, invece, come sono andate poi le cose, avrei accompagnato il signor Prefetto a casa sua a calci nel sedere. Ma, per sua (e mia) fortuna … non lo sono stato, né mai mi ha sfiorato vaghezza di esserlo: io sono soltanto un curiosone ed impiccione che va a “frugare” nelle carte d’archivio; così non resisto alla tentazione di andare a scoprire quale sia e come si è manifestata questa decantata “virtù cittadina”!
E scopro che Cristoforo ha (oppure pensa di avere) una tresca con Rosa; e che la cosa è a conoscenza di tutti i paesani, sindaco compreso. A costui, che risponde al nome di Luigi Canale, preme di trovare il modo di riuscire a togliersi Cristofaro e compagni dalle scatole e, di conseguenza, far contento il signor Prefetto. Finora non c’è riuscito nessuno. Vani sono stati i rastrellamenti e l’ingente spiegamento di forze sul territorio; il brigante opera con precisione chirurgica: colpisce e sparisce, spostandosi attraverso il Garigliano, tra il Pontificio e l’ormai ex Regno delle Due Sicilie. Il Sindaco dunque, pensa e ripensa, decide infine di ricorrere al vecchio ma sempre efficace stratagemma che ha tradito anche ben altri ricercati: cherchez la femme.
E “la femme”, nel caso del quale discorriamo è la nostra protagonista, Rosa, che vive in una masseria isolata di proprietà del fratello Pasquale, il quale talvolta dà ospitalità alla banda. Il sindaco allora convoca Pasquale e lo minaccia di arresto se non ucciderà il brigante. Il contadino non sa che pesci prendere, ma soprattutto, teme di non farcela da solo e chiede collaborazione a un suo compagno, Fortunato Soave. Avendola ottenuta, concorda la trappola con il sindaco che ne cura diligentemente ogni dettaglio: “combinarono per isolare il Cristofaro ed ucciderlo, di far concorrere nella trama la Rosa Risi amoreggiata da Cristoforo Valente. Decisero infatti che la detta Rosa rimanesse separata in una masseria vicina a quella del Soave ove il Risi ed il Soave stesso avrebbero cercato con la lusinga della ragazza di attirare solo il Cristoforo Valente, e quindi ucciderlo o nel tragitto che questi avrebbe fatto dall’una all’altra casa oppure entro quest’ultima a secondo che la circostanza si sarebbe prestata più favorevole”.
Non resta, a questo punto, che aspettare il momento opportuno. Narra il rapporto del Comando delle truppe di stanza a Cassino al generale Villarey che “dopo poco tempo, recatosi il Valente alla masseria Soave gli fu da questi e dal Risi che abitano insieme offerta una cena a lui e alla sua banda per la sera della domenica 25 passato mese, cena che veniva accettata”.
Risi e Soave si precipitano dal sindaco e lo mettono al corrente della cosa. Questi immediatamente predispone il tutto fin nei minimi dettagli e ingiunge al Risi “a tener in pronto la cena ed intanto acquistato un anello (fede) lo dava al Riso con l’ingiunzione di consegnarlo alla sorella Rosa, la quale per meglio allettare il Cristofaro avrebbe dovuto mostrare di regalarglielo in segno di fede”.
Il brigante, pregustando i piaceri di una cena come Dio comanda, (ma, ancor più quelli di un probabile dopocena) si presenta puntuale all’appuntamento “a circa 24 ore della sera”. E consuma con i commensali il lauto banchetto, terminato il quale viene invitato dal Risi e dal Soave ad “andare a trovare Rosa nella vicina casa e beversi una bottiglia di rosolio”. È fatta, il dopocena si materializza, pensa l’ingenuo Valente, che accetta con entusiasmo. I tre si avviano e, durante il tragitto, Risi pensa di ucciderlo subito ma desiste dal proposito perché non avverte i segnali della presenza nei paraggi della Guardia Nazionale che, come concordato con il Sindaco, attaccherà subito il resto della banda rimasta nella masseria.
Giunti nell’abitazione della fanciulla vi si intrattengono, scolandosi il famoso rosolio. Rosa è particolarmente gentile e ammiccante con il brigante e questi, “attirato dalle carezze ricevute”, progetta – mettiamola così – di doversi trattenere più a lungo.; si accorge, però, che il suo fucile è inceppato. Decide allora di tornare alla masseria, prenderne uno funzionante e tornare di corsa da Rosa. Detto fatto, eccolo di nuovo accanto alla bella Rosa che non solo rinnova le avances ma gli offre anche in pegno d’amore l’anello. È ovvio pensare che in tale situazione il brigante, in tutt’altre faccende affaccendato, non stia a badare troppo alle elementari norme di prudenza che pure regolano la vita alla macchia e che, di conseguenza, abbassi la guardia.
È il momento giusto: Pasquale, fattosi animo, “mentre il Cristofaro erasi assiso presso la ragazza e teneva in mezzo alle gambe il fucile, gli vibrava suo di dietro un colpo di scure sul collo”.
Cristofaro cade sulla brace del camino gridando “Compare, cosa hai fatto?
E muore mentre riceve un secondo, inutile colpo.
La Guardia Nazionale, I Reali Carabinieri e il Sindaco, che nel frattempo si sono appostati nei pressi dell’altra masseria, sentito il colpo di fucile che il Risi spara come segnale convenuto, attaccano i resti della banda e la sgominano uccidendo un cugino del Valente, ferendo altri componenti della banda e arrestando i superstiti. Evviva! Il brigantaggio, secondo il precitato Prefetto è distrutto. Contento lui!
Ad ogni modo, i documenti disponibili nulla dicono in proposito della fine dell’anello “di fede”. È, tuttavia, probabile che il Sindaco se lo sia ripreso. Ma, quand’anche così non è stato, nell’ipotesi remota che sia rimasto nella piena disponibilità della nostra bella e infida Rosina, c’è da giurarci che nessun giovinotto indigeno abbia poi pensato a cuor leggero di riceverlo come pegno di fedeltà.
Così si conclude questa storia che dimostra come non solo le baionette e i fucili sconfissero il brigantaggio, ma anche … quella la famosa “produzione epidermica filiforme e flessibile” (cit. dotta da Wikipedia) tanto cara al nostro Cetto nazionale. Tante furono, infatti, le Rose di turno che attraversarono il brigantaggio e che lo contrastarono arrangiandosi con i pochi strumenti che avevano … a portata di mano.
Buona domenica, amici! (Questa volta con un po’ di leggerezza. Non me ne vogliate troppo).
(*) Promotore Carta di Venosa