Donne straordinarie
Libera e rivoluzionaria: la lezione di Coco Chanel alle femministe oggi
5 Ottobre 2022
Spazza via i corsetti e i bustini, lancia il trend dei capelli corti, realizza un profumo “per la donna che profuma di donna”. Chanel non fu solo una stilista, fu un’attivista
Laura Lipari
Tabella dei contenuti
- Dalle umili origini alla formazione di “Coco”
- Oltre qualunque limite sociale
- Il marchio, il taglio alla “maschietta”e il profumo
- Oriana Fallaci incontra Coco e Gabrielle
Gabrielle Bonheur Chanel, Coco Chanel o semplicemente Coco, come la si voglia chiamare: persino il suo nome evoca bellezza ed eleganza. Non fu una donna, è un “demonio” travestito da leggenda. Tra il lusso e lo sfarzo, al centro dello studio, vi è lei: una minuta figura in controluce che emana potere a partire dalle sue mani poggiate sui fianchi, lo sguardo sicuro, i lineamenti duri. Le rughe del suo volto sono appositamente nascoste da un ampio cappello. Una delle sue convinzioni più assolute è che una donna non è mai elegante senza, così è sua abitudine portarlo persino a casa.
Dalle umili origini alla formazione di “Coco”
Gabrielle nasce il 19 agosto del 1883. Trascorre l’infanzia insieme alla sorella minore nell’orfanotrofio cattolico di Aubazine, perché orfane di madre e abbandonate dal padre, un povero mercante di stoffe. Le rigide regole del collegio plasmano il suo carattere ligio alle regole e al dovere, ma la sua creatività, spesso soffocata, cerca di farsi strada sin dalla tenera età. A 18 anni trova un impiego nella bottega Maison Grampayre dove una sarta la prende sotto la sua custodia. Anche la boutique è un ambiente angusto nel quale impara la disciplina, ma è lì che esplode la sua grande passione per la moda.
La prima grande svolta della sua vita avviene durante l’incontro con il suo primo amante nonché suo primo finanziatore, l’ufficiale di cavalleria Étienne de Balsan. Sarà lui il primo a chiamarla affettuosamente “Coco”. La loro è una storia d’amore controversa e piena di alti e bassi, lui è un donnaiolo lei invece e alla ricerca di quella libertà negata per metà della sua vita. La trova per un breve periodo all’interno delle stalle della lussuosa villa di Balsan.
Qui avviene la sua prima grande illuminazione: la donna ha il diritto di cavalcare come un uomo, perché tanti fronzoli per andare a cavallo? La cosa più semplice sarebbe quello di indossare dei pantaloni che rendano più agili i suoi movimenti. Da questi pensieri partorisce uno dei primi modelli di emancipazione femminile: i pantaloni da cavallerizza e le cravattine lavorate a maglia.
Balsan ascolta le idee della sua amante ma non le comprende. Finanzia i suoi lavori, la porta ai circoli e le permette di crearsi la sua prima piccola clientela, ma è convinto che Coco sia solo in preda a una ribellione temporanea da assecondare. Gabrielle invece è temeraria e lo diventa ancora di più quando conosce quello che per lei sarà l’amore della sua vita: Boy Capel.
Lui è un industriale di Newcastle e ascolta con trasporto le innovazioni di quella giovane mora che ha davanti, per entrambi è un colpo di fulmine. L’uomo è convinto che lei sia sprecata in quel castello confinato a Compiègne. I due fuggono e si trasferiscono a Parigi e nel 1910 comprano una piccola boutique in Rue Cambon 31. È qui che avviene il miracolo.
Oltre qualunque limite sociale
I primi esordi sono segnati da un notevole successo nella vendita di cappellini di ogni genere, da quelli più bizzarri con piume e paillettes a quelli da portare quotidianamente. Dopo due anni Chanel inizia a lanciare una nuova sfida, mettendo sul mercato maglioni, gonne e qualche vestito. La sua politica rimane sempre la stessa: la donna può vestire comoda mantenendo la femminilità.
Come Michelangelo che scolpiva direttamente sul marmo senza abbozzare un risultato finale, lei non disegna alcun modello. Prende qualche stoffa e comincia a tagliare, poi prende degli spilli e le attacca al manichino, fa qualche passo indietro, osserva e decide se può andare oppure no.
Nel 1913 Capel apre per Chanel un nuovo negozio nella località balneare di Deauville. Anche qui la stilista guarda con attenzione gli abiti delle persone che la circondano, imita lo scollo dei marinai e li fa cucire sui maglioni da donna. L’obiettivo è spazzare via quei corsetti e bustini stretti e scomodi che aveva lasciato la Belle Époque.
La sua fama cresce sempre di più e con l’aiuto di Boy. Nel 1917 ha già cinque laboratori sparsi in Francia e al confine con la Spagna e trecento lavoranti. Sono anni d’oro, la sua vita è completamente stravolta. Comincia a fare la conoscenza di personalità come Paul Morand, Pablo Picasso, Jean Cocteau, Max Jacob e Igor Stravinskij. Chanel è instancabile, ben conscia di star per cambiare la storia della moda.
Non si ferma davanti a niente, neanche di fronte alla richiesta di Capel di frenare per lui. Tra l’amore e il lavoro Chanel sceglie il lavoro, perdendo così l’unico uomo che avrebbe dato tutto per lei. “Ho bisogno di essere libera per seguire il mio estro”, aveva risposto. Le cose peggiorano quando lui muore a 38 anni in un grave incidente stradale. Il lutto la porta a buttarsi a capofitto sulla sua impresa che resta quasi indenne durante la prima guerra mondiale e meno durante la seconda.
Il marchio, il taglio alla “maschietta”e il profumo
Irriverente e testarda crea il suo marchio da sé e disegna le due C intrecciate, che comincia a utilizzare sin dagli anni ’20 del Novecento. Nel 1921 esce sul mercato una nuova fragranza: Chanel N°5, realizzato artificialmente con molecole sintetiche. Il primo profumo che “odora di donna, perché una donna deve odorare di donna e non di rosa” spopola presto sul mercato. La fragranza prende il nome di Nº 5 in quanto corrisponde alla quinta essenza scelta da Chanel, inoltre il numero 5 è il suo preferito.
Un giorno, a causa di un incidente domestico, i suoi capelli prendono fuoco e decide quindi di tagliarli molto corti. Uscendo per strada è ammirata dalle donne che la guardano affascinate e imitano quel gesto, anch’esso carico di importanza rivoluzionaria. Chanel come icona, Chanel come stilista, ma anche Chanel come simbolo, Chanel come punto di riferimento a cui ispirarsi. Qualcuno le chiede il perché di tanta foga nel suo “femminismo”, la sua risposta era sempre: “Fino a quel momento avevamo vestito donne inutili, oziose, donne a cui le cameriere dovevano infilare le maniche; invece, avevo ormai una clientela di donne attive; una donna attiva ha bisogno di sentirsi a suo agio nel proprio vestito. Bisogna potersi rimboccare le maniche”.
Nel 1957 Coco Chanel vince l’ambito Neiman-Marcus Award, riconoscimento che premia le figure che si sono distinte nella cultura e nell’arte, anche chiamato l’Oscar della moda.
Oriana Fallaci incontra Coco e Gabrielle
Tra le pagine del suo libro “Se nascerai donna”, Oriana Fallaci riporta anche una delle sue primissime interviste fatta proprio al gigante della moda. Racconta di come una figura così esile riuscisse ad avere un aura maestosa tanto da ammutolire chiunque si trovasse al suo cospetto.
Descrive il momento in cui, quasi intimidita, la giornalista si era seduta a distanza e Chanel aveva cominciato a parlare senza che lei le avesse fatto alcuna domanda, quindi si era affrettata a prendere nota di tutto quello che le diceva per non perdere niente. Sapeva che quell’appuntamento era unico nel suo genere. Il loro incontro era avvenuto quando ormai Madamoiselle era per tutti Coco Chanel e la Fallaci una semplice giornalista alle prime armi. Durante la sua intervista il punto focale era sempre la moda, ma cambiava il punto di vista: parlava chi creava abiti per indossarli non per sfoggiarli, al contrario delle opere che creavano i suoi colleghi. “I vestiti sono opere, capolavori in equilibrio, di armonia e audacia: ma non sono vestiti. Non possono indossarli le donne normali, perché diventano ridicole, ma i miei colleghi vogliono farle apparire ridicole. E sapete perché? Perché odiano le donne”.
Per la Fallaci il pensiero di Chanel era semplice: creare uno stile per una donna che viaggia e ha bisogno di vestire con grazia ma anche con comodità. Come riporta anche nei suoi racconti, non era soltanto una stilista, era soprattutto un’attivista. Quello che diceva era: “Non volete fare mestieri da uomini? Non volete entrare in politica? Non volete guidare le automobili? Come fate ad imporvi se non potete neanche respirare dentro il bustino?”.
Con Coco le donne cominciarono quindi a tagliarsi i capelli e ad accorciare le gonne, ad alzare la testa e a prendere in mano la loro vita. Proprio come fece quella ragazzina tirata fuori dall’orfanotrofio di Aubazine che pian piano costruì un impero firmato con il suo cognome. Coco, Gabrielle, Chanel, ricordata nei secoli successivi come “La Rivoluzionaria”.
https://www.ilgiornale.it/news/cronache/rivoluzione-coco-emanciparsi-mediante-moda-2071331.html