𝐀𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐠𝐢𝐥𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐯𝐨𝐭𝐨
Vorrei offrirvi per oggi un articolo curioso, scritto quattro giorni prima delle elezioni politiche del 2018. Vi divertirete a trovare analogie e differenze, ma anche timori che poi si rivelarono fondati. Buon viaggio. ⤵️
Alla vigilia dell’ultimo voto
Vorrei offrirvi per oggi un articolo curioso, scritto quattro giorni prima delle elezioni politiche del 2018. Vi divertirete a trovare analogie e differenze, ma anche timori che poi si rivelarono fondati. Buon viaggio.
Ma che colpa abbiamo noi? Perché ci tocca decidere tra la padella, la brace o la glaciazione? Domenica ci toccherà esercitare la pagliacciata del popolo sovrano che finge di decidere, dopo aver finto di scegliere. Facciamo il riassunto della situazione. Dunque, andiamo a votare col peggior sistema elettorale, che garantisce quasi l’assenza di una maggioranza di governo: è un incrocio bastardo tra maggioritario, uninominale, proporzionale, listone bloccato e nomina regia. Il voto prescinde dal territorio, i candidati sono alieni, paracadutati dal partito o dal capo-clan, e ci scippa del diritto sovrano di indicare davvero il nostro rappresentante. La scheda elettorale ci impedisce pure il voto disgiunto, così finisce che tu pensi di votare qualcuno e invece rischi di premiare qualcos’altro. Ma soprattutto la scheda è un mostro incomprensibile, brutta e involuta, che richiede speciali corsi serali per decifrarne il senso e l’uso. Intanto, la campagna elettorale definita da quasi tutti, protagonisti inclusi, come la più brutta degli ultimi tempi non ci ha nemmeno fornito della possibilità di scegliere dopo aver visto un confronto diretto tra i leader. E’ stata una campagna onanista, solipsista, fondata solo sul piazzismo e i giochi di prestigio, senza alcun faccia a faccia.
Con queste premesse si fronteggiano nell’ordine di preferenze, il partito dei grillini, privi della più vaga idea di cosa sia governare un paese, sfascisti allo stato grezzo, dilettanti allo sbaraglio che giocano a fare i loro governi candy-crash e li mandano pure al capo dello stato; in cui l’unico tema è la corruzione, e la purezza rispetto ai dogmi della setta; poi su tutto il resto vagano random da un’idea all’altra, senza cognizione di causa. Poi c’è la sinistra, di recente unita solo dall’antifascismo, e poi divisa su tutto, guidata da un imbonitore ormai impopolare, che esercita un potere asfissiante inversamente proporzionale al loro consenso. Quel cartello sa trovare un accordo solo se si tratta di leggi politically correct; per il resto arranca.
Infine c’è il centro-destra unito solo dalla prospettiva di vincere, diviso sul resto, con tre leader in competizione tra loro, un contro l’altro armato, con almeno due progetti diversi dopo le elezioni. Pronti a giocarsi dentiere, cani, rosari, vangeli, pur di strapparsi qualche voto. Con un leader che non potrà fare il premier.
Le liste di tutti e tre gli schieramenti sono imbottite di zavorra, gentaglia; una decente minoranza di candidati è circondata e sopraffatta da un’inqualificabile marmaglia di arrivisti senza qualità, di corrotti potenziali o anche già testati, di inadeguati, anonimi, miracolati. Ricomponiamoci e diciamo: sono liste al di sotto della già scadente media nazionale, perfino peggiori di un paese in declino, di un popolo involgarito e cinico.
L’unica variabile è che il centro-destra conquisti la maggioranza assoluta dei seggi, ipotesi possibile ma non probabile, comunque insondabile fino al giorno del voto, dato il tratto psicolabile del voto e del non-voto. Esclusa quell’ipotesi si va verso il non governo, le elezioni anticipate, il governo di scopo, di inciucio, del presidente, insomma il governo non indicato, non voluto dagli elettori. Qui gli inciuci si scatenano fantasiosi: sarà la Bonino a capitanare un governo euroservo, nato dalla maggioranza che elegge il presidente della Camera; sarà Gentiloni che raccatta voti del centro-sinistra, Forza Italia, più mercenari che lo voteranno per salvare la poltrona miracolosamente conquistata e non tornare subito alle urne; sarà il governo Di Maio-Salvini, con la Meloni incognita, più altri peones presi dal bisogno di sopravvivere con la legislatura. E poi chi più ne ha, più ne metta. La fantasia si sprigiona ed è l’unico aspetto divertente di un quadro deprimente. A questo punto, come il gran finale delle commedie, si può proporre un governo di tutti, senza escludere nessuno, solo per organizzare una legge elettorale che garantisca una cosa sola: che dal prossimo voto esca una maggioranza di governo. O viceversa un governo di nessuno con l’appoggio di tutti, cioè un governo di esterni con un mandato più o meno analogo al precedente. Tregue che tenterebbero la quadratura del cerchio (o del circo). Ma in questo delirio di ipotesi, mi dite cosa volete da noi, elettori? Che possiamo fare? Da chi ripartire, verso dove puntare? Siamo su un binario morto, assiderato, con gli scambi congelati. Ci scusiamo per il naufragio. Tremitalia.
(Il Tempo, 1 marzo 2018)