ETIMOLOGIA DELLE PAROLE NAPOLETANE
‘E PPAROLE STREVEZE: MAMOZIO
(ovvero da Pozzuoli al… mondo!)
Secondo Raimondo Annecchino (che ebbe l’approvazione di Benedetto Croce) questa parola, nata nel Settecento a Pozzuoli, si diffuse rapidamente in Italia, soprattutto nel Meridione. Ecco in sintesi la storia: intorno al 1706, a Pozzuoli, nei lavori di scavo per la costruzione della Chiesa di San Giuseppe, a Pozzuoli una enorme statua acefala, attribuita al console Lolliano Mavorzio, la testa fu cercata invano e allora fu deciso di rimpiazzarla con un’altra testa ritrovata, ma piccola rispetto al corpo e per di più con un’espressione fissa e imbambolata, che ha conferito all’insieme un aspetto stralunato, anche perché una testa piccola poteva accogliere poco cervello. Mavorzio diventò nel linguaggio locale Mamozio; la statua fu collocata al centro ella piazza antistante la Chiesa (oggi Piazza della Repubblica); Mamozio, con la sua espressione imbambolata, fu “santificato“ e diede il popolino chiamava con il suo nome la piazza. Non finisce qui, perché a quel tempo nella piazza svolgeva il mercato, e Santo Mamozio fu dichiarato “protettore dei verdummari”: a lui si rivolgevano i contadini che vi avevano i propri banchi di vendita. Essi, nelle giornante non propizie, se la prendevano con Mamozio, colpendolo con i frutti invenduti al grido di: “Santu Mamozio mio, ‘e bbone t’ ‘e magne e ‘e toste m’ ‘e manne arrete”… e i frutti troppo maturi finivano spiaccicati sul marmo! Mamozio, con la sua espressione imbambolata, fu “santificato“ e diede il popolino chiamava con il suo nome la piazza. Non finisce qui, perché a quel tempo nella piazza svolgeva il mercato, e Santo Mamozio fu dichiarato “protettore dei verdummari”: a lui si rivolgevano i contadini che vi avevano i propri banchi di vendita. Essi, nelle giornante non propizie, se la prendevano con Mamozio, colpendolo con i frutti invenduti al grido di: “Santu Mamozio mio, ‘e bbone t’ ‘e magne e ‘e toste m’ ‘e manne arrete”… e i frutti troppo maturi finivano spiaccicati sul marmo!
Sempre nella piazza, ma in posizione opposta, c’era anche la statua -molto più piccola- del vescovo Martin Leon Cardenas e quando nel 1918 l’originale Mamozio fu trasferito nell’Anfiteatro Flavio, il titolo di Mamozio fu trasferito all’effigie del cardinale. Quest’ultima nel 1964 fu trasferita nei giardinetti, per ritornare al suo posto nel 1987. Nel Regno di Napoli, infine, nell‘isola di Procida Mamozio era detto, a causa della sua espressione di meraviglia… secolare, il mascherone del palazzo Emanuele; a Ponza fu detta Mamozio un’altra statua acefala ritrovata nel 1700- (Da R. Annecchino, R. Bracale, A,Isabettni, ArcheoFlegrei.it, ‘E PPAROLE STREVEZE: MAMOZIO (ovvero da Pozzuoli al… mondo!) Secondo Raimondo Annecchino (che ebbe l’approvazione di Benedetto Croce) questa parola, nata nel Settecento a Pozzuoli, si diffuse rapidamente in Italia, soprattutto nel Meridione. Ecco in sintesi la storia: intorno al 1706, a Pozzuoli, nei lavori di scavo per la costruzione della Chiesa di San Giuseppe, a Pozzuoli una enorme statua acefala, attribuita al console Lolliano Mavorzio, la testa fu cercata invano e allora fu deciso di rimpiazzarla con un’altra testa ritrovata, ma piccola rispetto al corpo e per di più con un’espressione fissa e imbambolata, che ha conferito all’insieme un aspetto stralunato, anche perché una testa piccola poteva accogliere poco cervello. Mavorzio diventò nel linguaggio locale Mamozio; la statua fu collocata al centro ella piazza antistante la Chiesa (oggi Piazza della Repubblica); Mamozio, con la sua espressione imbambolata, fu “santificato“ e diede il popolino chiamava con il suo nome la piazza. Non finisce qui, perché a quel tempo nella piazza svolgeva il mercato, e Santo Mamozio fu dichiarato “protettore dei verdummari”: a lui si rivolgevano i contadini che vi avevano i propri banchi di vendita. Essi, nelle giornante non propizie, se la prendevano con Mamozio, colpendolo con i frutti invenduti al grido di: “Santu Mamozio mio, ‘e bbone t’ ‘e magne e ‘e toste m’ ‘e manne arrete”… e i frutti troppo maturi finivano spiaccicati sul marmo! Mamozio, con la sua espressione imbambolata, fu “santificato“ e diede il popolino chiamava con il suo nome la piazza. Non finisce qui, perché a quel tempo nella piazza svolgeva il mercato, e Santo Mamozio fu dichiarato “protettore dei verdummari”: a lui si rivolgevano i contadini che vi avevano i propri banchi di vendita. Essi, nelle giornante non propizie, se la prendevano con Mamozio, colpendolo con i frutti invenduti al grido di: “Santu Mamozio mio, ‘e bbone t’ ‘e magne e ‘e toste m’ ‘e manne arrete”… e i frutti troppo maturi finivano spiaccicati sul marmo!
Sempre nella piazza, ma in posizione opposta, c’era anche la statua -molto più piccola- del vescovo Martin Leon Cardenas e quando nel 1918 l’originale Mamozio fu trasferito nell’Anfiteatro Flavio, il titolo di Mamozio fu trasferito all’effigie del cardinale, che recentemente è stata spostata di pochi metri. Quest’ultima nel 1964 fu trasferita nei giardinetti, per ritornare al suo posto nel 1987. A Pozzuoli, ogni volta che la statua viene spostata, accade qualche evento negativo; per questo i Puteolani chiedono che la statua rimanga lì, nella “sua” piazza, con il nome che le fu dato secoli fa….
Nel Regno di Napoli, infine, nell‘isola di Procida Mamozio era detto, a causa della sua espressione di meraviglia… attonita, il mascherone del palazzo Emanuele; a Ponza fu detta Mamozio un’altra statua acefala ritrovata nel 1700-
(Da R. Annecchino, R. Bracale, A,Isabettni, ArcheoFlegrei.it, Wikpedia et Al., modificati; immagine ArcheoFlegrei e wikimedia)