Veneziani: “Torna la politica con i tecnici in agguato”

𝐄𝐥𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢/𝟐𝟓𝐬𝐞𝐭𝐭𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞. 𝐕𝐞𝐧𝐞𝐳𝐢𝐚𝐧𝐢: “𝐓𝐨𝐫𝐧𝐚 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐢 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐢 𝐢𝐧 𝐚𝐠𝐠𝐮𝐚𝐭𝐨”

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Elezioni/25settembre. Veneziani: “Torna la politica con i tecnici in agguato”
Dialogo con il filosofo e scrittore sulle elezioni: “È stata una campagna anomala, perché c’era un solo candidato politico a guidare il paese, Giorgia Meloni, e poi serpeggiava in molti partiti l’auspicio dell’ingovernabilità col conseguente richiamo alle armi di Draghi”
by Domenico Pistilli  15 Settembre 2022
Marcello Veneziani, filosofo e scrittore, l’appuntamento con le urne è vicino. La politica può tornare a dire la sua o all’orizzonte si profilano nuove stagioni di tecnici?

“La politica torna a dire la sua, tramite il voto e l’esercizio di sovranità popolare. Ma i paletti sono tali e tanti che non si potrà pensare a un vero ritorno di sovranità politica; e i tecnici sono sempre in agguato, come ormai accade da diversi anni, alla prima disfunzione della politica o alla prima emergenza, vera o fittizia che sorgerà”.

Il sentimento identitario può trovare rappresentanza?

“Francamente non mi pare preminente. Certo, chi vota Fratelli d’Italia, in particolare, ha una sensibilità identitaria più spiccata, ma francamente non so tra vincoli europei, Nato, Patti Atlantici, direttive economico-finanziarie, quanto sarà realmente espresso e praticato, oltre la retorica delle declamazioni”.

Quali sono i temi preminenti di questa sfida elettorale?

“È stata una campagna anomala, perché c’era un solo candidato politico a guidare il paese, Giorgia Meloni, e poi serpeggiava in molti partiti l’auspicio dell’ingovernabilità col conseguente richiamo alle armi di Draghi. Poi, certo, ci sono stati i temi legati all’emergenza, ai rincari, al reddito di cittadinanza (che porterà voti clientelari del sud ai 5 Stelle), e i soliti temi internazionali, letti però dai sei maggiori protagonisti della politica, a senso unico”.

Il fronte progressista. Che quadro emerge da quelle parti?

“Non emerge un quadro. Mai come stavolta il fronte progressista si è distinto per l’assenza di messaggi che non fossero di rimessa, cioè a carico d’altri. Votare progressista per fermare la destra, votare progressista per avere Draghi al governo, votar progressista per difendere l’unica cosa di sinistra, realizzata però dal governo grillino-leghista, il reddito di cittadinanza. Davvero un caso di totale assenza”.

Fratelli d’Italia punta a classificarsi primo partito. Il premier sarà Giorgia Meloni?

“A questo punto penso che l’ipotesi possa essere reale. Se Fratelli d’Italia sarà il primo partito, se la sua coalizione prenderà la maggioranza assoluta dei seggi, Mattarella dovrà affidare l’incarico alla Meloni; ma prevedo che il suo governo dovrà fare i conti con le indicazioni di Mattarella, i ministri uscenti di Draghi, le direttive europee e naturalmente il visto americano”.

Vogliono che tolga la fiamma dal simbolo.

“Penso che sia ormai superata quella richiesta. È un richiamo storico, come lo è la falce e martello o lo scudo crociato, non è la riproposizione di un modello politico, quello missino, che appartiene ad altra epoca”.

Lo schema destra-sinistra è sufficiente a raccontare la partita elettorale o preferirebbe spiegarla in altri termini?

“Da una parte lo schema vero è tra insider e outsider, ovvero tra chi rappresenta il potere, l’establishment, il mainstream e chi lo avversa o quantomeno raccoglie consensi tra chi lo avversa. Dall’altra, su alcuni temi che investono i diritti, la famiglia, la tradizione, il legame nazionale, si delinea ancora una volta una biforcazione che sembra richiamare le vecchie categorie di destra e sinistra”.

Il suo bilancio dell’ultima legislatura?

“La sintesi del peggio: abbiamo avuto la peggior antipolitica al governo, con i grillini double face, con la Lega e col Pd, poi abbiamo avuto i tecnici che hanno surrogato la politica. Che bilancio si può trarre da una legislatura così, che per giunta è passata sotto eventi come la pandemia, la guerra in Ucraina e infine la crisi energetica ed economica?”

Qualche mese fa è approdato nelle librerie il suo ultimo libro, La Cappa. La campagna elettorale cosa ci dice sullo stato di salute del dibattito in Italia?

“Non c’è alcun dibattito in Italia, perché i confronti tra idee si fanno quando si affrontano due visioni o più antagoniste, profondamente differenti. Che dibattito ci può essere se c’è solo un canone a cui attenersi e chi ne è fuori non merita spazio, risposta, dignità? Ma questa è l’esatta rappresentazione della Cappa che soffoca la libertà, la dignità e l’intelligenza. La campagna elettorale ne è stata il pallido riflesso”.

Da dove passa il rilancio del pensiero non allineato?

“Non passa dalla politica, spiace dirlo ma è così. Non mi aspetto nulla da nessuno, né dai piccoli partiti velleitari che puntano a un voto di pura protesta e di testimonianza senza alcun effetto politico né da chi andrà al governo e per restarci dovrà accettare una serie di compromessi che non lasceranno spazio non solo al pensiero non allineato, ma al pensiero tout court”.

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