𝐋’𝐞𝐠𝐞𝐦𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐠𝐚𝐲
Dopo aver reso omaggio alla Meloni-Mussolini in marcia su Roma il festival di Venezia ha dedicato l’intera rassegna a gay, gender e lesbiche con vari film sul tema.
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L’egemonia culturale dei gay
Dopo aver reso omaggio alla Meloni-Mussolini in marcia su Roma il festival di Venezia ha dedicato l’intera rassegna a gay, gender e lesbiche con vari film sul tema. Ma che originalità, che anticonformismo, che coraggio! Evviva il mondo ridotto alla questione transessuale. Sex transit gloria mundi…
La presenza di un gay, di un trans o di una lesbica è ormai un ingrediente d’obbligo nei film, nei libri premiati, nei concerti e pure negli spot pubblicitari. Il film di Gianni Amelio sul caso Aldo Braibanti, il professore omosessuale e partigiano accusato di plagio nel 1968, ha avuto un successo preventivo di critica e di giornali perché toccava la questione omosessuale come questione culturale, morale e sociale. Elogiato a prescindere.
Mi è capitato per puro caso di trovarmi in piazza mentre parlavano una scrittrice lesbica tradotta in mezzo mondo, Francesca Cavallo, poi Nichi Vendola che ha tessuto un elogio della letteratura e dell’arte omosessuale, quindi Luca Bianchini, gay dichiarato, e infine Luca Desiati col suo romanzo Spatriati, un’apologia dei Queer, gender fluid e trans. Non ero a un gay pride letterario, ma a una rassegna libraria in cui sono mi sono trovato in mezzo.
La scrittrice Cavallo, attivista della causa lesbica, ha pubblicato un libro per iniziare al lesbismo e alla sua accettazione i bambini, alla cui “omo-educazione” si dedica con particolare assiduità. L’ha intervistata sul palco un noto testimone storico della causa omosessuale, dei matrimoni gay e dei figli con “maternità surrogata”: il già comunista e poeta Nichi Vendola, che ha poi dedicato in piazza una sua “narrazione” omosessuale sull’arte e sulla letteratura e sulla relativa persecuzione subita negli anni. Vendola se l’è presa con Benedetto Croce che aveva censurato un romanzo risorgimentale omoerotico, I neoplatonici, di Luigi Settembrini, ritenendo che fosse stata una grave perdita nella storia e nella letteratura non farlo leggere nelle scuole. Ha polemizzato con i professori di una volta, che omettevano di riconoscere l’omosessualità di alcuni grandi artisti, scienziati e letterati del passato, come Michelangelo e Leonardo.
Per cominciare, l’opera di Settembrini pubblicata solo negli anni settanta, era un un breve romanzo minore, un racconto modesto e infelice e non per la sua trama omo-erotica, che anzi ha dato l’unico motivo per pubblicarlo, per riparare a una “censura” perché toccava un tema all’epoca insolito e scabroso. Ma ritenere che non abbiamo conosciuto la vera storia e letteratura risorgimentale perché non era stato pubblicato il racconto di Settembrini, è davvero un’esagerazione e una perdita di senso della misura e della realtà, oltre che della storia e della letteratura. Mi spiace per Vendola ma il romanzo del Risorgimento non è I neoplatonici di Settembrini ma resta I promessi sposi di Manzoni, anche se è la “banale” storia di un amore tra due popolani, Renzo e Lucia, e del loro matrimonio tradizionale, con figli nati senza utero in affitto. Non si può nel nome dell’omosessualità perdere il senso della proporzione tra un capolavoro e un’opera minore. E non si può far passare un grande pensatore e critico letterario come Croce, un liberale che ha fatto della libertà la bandiera della sua vita, per un meschino omofobo e un censore liberticida, solo perché non ritenne meritevole di pubblicazione il racconto di Settembrini.
E non solo: trovo veramente fastidioso il titolo di quell’opera: chi legge, conosce e ama le opere dei Neoplatonici, quelli veri, filosofi, mistici e sapienti, avverte disagio per l’accostamento e la “riduzione” di quel mondo a una vicenda omoerotica. Peraltro la grandezza della scuola platonica nei secoli è dovuta al pensiero e ai suoi grandi frutti, non certo alle eventuali inclinazioni omosessuali di alcuni maestri e adepti, del tutto irrilevante.
Ma ancora peggio è ritenere che l’arte e la letteratura, ma potremmo aggiungere anche la scienza e la musica, siano state finora alterate, censurate e deviate perché non si è (abbastanza) riconosciuto che alcuni grandi geni erano omosessuali. Sapere che Michelangelo e Leonardo fossero omosessuali non aggiunge e non toglie nulla alla loro opera e al loro genio, è un dettaglio intimo del tutto insignificante per comprendere la loro grandezza e la loro ispirazione. Davanti alla Pietà di Michelangelo o all’Ultima Cena di Leonardo, siamo colti dalla vertigine della bellezza nell’ispirazione e nell’intreccio tra l’umano e il divino, la sofferenza umana e la visione del sacro. Cosa volete che possa contare negli occhi, nel cuore, nella mente di chi osserva rapito quei capolavori, sapere che l’autore ebbe o non ebbe rapporti omosessuali?
Una forma patologica di narcisismo e di egocentrismo omosessuale porta alcuni gay, a partire da Vendola, a pensare che la questione omosessuale, solo perché li riguarda da vicino, li investe direttamente, sia la Questione culturale, morale e sociale centrale da affrontare; o che viceversa sia stata nei millenni la Grande Omissione da riparare. Non ci siamo persi nulla ignorando le inclinazioni sessuali dei grandi. Leggiamo Proust e Wilde, Gide e la Yourcenar, Mishima e Pasolini, indipendentemente dalla loro omosessualità.
Censure nei secoli ce ne sono state di ogni tipo, verso ogni diversità e difformità, religiosa e ideologica, politica e scientifica, e di ogni altro genere: censurato fu pure Dante e non per ragioni omosessuali. Ritenere l’Omosessualità negata il Male Principale da rimuovere, il sopruso più infame di cui fare giustizia, è ritenere che le inclinazioni private di una minoranza dell’umanità siano al centro del mondo; uno sguardo piccino, riduttivo, rancoroso. Ci sono molte più cose in cielo e in terra, ma anche nell’arte e nella letteratura, delle inclinazioni omosessuali. Non confondiamo geni e genitali.
(Panorama n.37)