LE DONNE DEL BRIGANTAGGIO | 14° episodio IL COPRICAPO DI FILOMENA.
di Valentino Romano (*)
Filomena Di Pote, nacque il 15 febbraio 1841 a Postiglione.
La sua è, come tante altre, una storia di ordinaria violenza sulle donne e apre uno squarcio sullo squallore di quel mondo di profittatori e sfruttatori che usò il corpo delle donne per trarne personali vantaggi. È la storia di tante poverette che furono indotte con gli espedienti più vari a prostituirsi alla macchia e che, nell’immaginario collettivo di ieri e di oggi, passano per “brigantesse”. Falsamente! Mi spiego: le donne del brigantaggio pencolano oggi tra due opposte letture, entrambe – a mio avviso – fuorvianti. Chi le vuole soltanto delle “poco di buono” ecc, e chi le vuole tutte, dico tutte, “eroine partigiane”. La verità, oltre a stare come sempre in mezzo, è tutt’altra: molte di queste donne furono semplicemente “vittime”; vittime delle circostanze, dell’ambiente, della cultura maschilista, spesso travolte da avvenimenti assai più grandi di loro. A volte protagoniste ma, assai più spesso, vittime: crudelmente e malinconicamente vittime.
Filomena, che di suo doveva essere belloccia (e quindi soggetta alle concupiscenze maschili) sembra appartenere a questa categoria: un giorno del 1864, costretta dalla miseria ad arrangiarsi con lavori occasionali, accettò la proposta di un suo compaesano di andare a tagliare legna nel bosco di Persano. Qui il subdolo datore di lavoro, forse allo scopo di consentirne un più facile riconoscimento, le fece indossare un copricapo immacolato perché potesse distinguersi dalle sue compagne. Poco dopo si presentò un gruppo di briganti della banda guidata da Gaetano Tranchella che la indussero con la forza a seguirli.
Per Filomena si aprì allora la via delle macchie e, volente o nolente non sappiamo, finì col diventare la donna del capo e partecipò alle scorrerie della banda, tra le quali si segnala l’uccisione – avvenuta nel luglio 1864 a Castelluccio – di otto contadini, in parte colpevoli di militare nella Guardia Nazionale. L’ormai “brigantessa”, con la sua banda, operava nel territorio tra Eboli e Battipaglia ma, per inciso non disdegnava sconfinamenti anche in zone limitrofe come la Basilicata. Nell’aprile del 1864, infatti, sfuggì all’inseguimento dei C.C. nell’agro di Muro Lucano.
Il 23 novembre dello stesso anno, sempre nel bosco di Persano, la banda fu attaccata dai soldati del 46° Rgt. Fanteria e Gaetano Tranchella rimase ucciso. “Il bosco – dice Molfese – venne smacchiato, manutengoli e guardiaboschi vennero arrestati in massa”.
Filomena fuggì con i pochi superstiti e si aggregò alla formazione di Nunziante D’Agostino, Scarapecchia, di cui – si dice – divenne l’amante.
Fu catturata nel 1865 e subì un processo, al termine del quale fu condannata a quindici anni di lavori forzati.
Della donna si conserva una foto con Maria Angiola Consiglio, moglie di Francesco Tardugno di Rionero. Il solito Gelli non tralascia occasione per bollarle rispettivamente come “amante titolare e amante… supplementare” di Schiavone. Sempre Gelli attribuisce loro una presunta gravidanza che però non trova riscontro documentale:
“L’una e l’altra, dopo la cattura, furono condannate ai soliti quindici anni di lavori forzati, e i frutti dei loro affetti briganteschi nacquero nella galera”.
Gelli e aAltri autori superficiali e prevenuti, indotti probabilmente a tanto dalla sua greve ironia, dalla mancanza di studi seri e di scavi archivistici la vogliono dunque anche amante di Giuseppe Schiavone, lo Sparviero di Sant’Agata. E’ evidente, a causa dell’omonimia, la confusione con la più famosa Filomena Pennacchio. Ma tant’è: ogni ingrediente è buono per il minestrone della diffamazione e della mistificazione.
A margine della vicenda della nostra Filomena, va detto che il suo “datore di lavoro”, tale Carlo Forlano, un bracciante che aveva trovato il modo di conciliare benissimo l’occulta professione di “caporale” con la vocazione al lenocinio, subì un processo per connivenza con i briganti.
Al di là di tutto, cosa resta oggi della vicenda di Filomena? Una semplice constatazione: a volte anche un fazzoletto immacolato … poteva portare al brigantaggio!
Riflettiamoci.
(*) Promotore Carta di Venosa