La Puglia non è una fiction ma…

𝐋𝐚 𝐏𝐮𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧 𝐦𝐚…
Caro Direttore, piacerebbe anche a me che la Puglia fosse scoperta, amata e visitata per ragioni un po’ meno banali e superficiali di quelle che solitamente si ripetono

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La Puglia non è una fiction ma…

Caro Direttore, piacerebbe anche a me che la Puglia fosse scoperta, amata e visitata per ragioni un po’ meno banali e superficiali di quelle che solitamente si ripetono, ormai come un rosario, per vantare le nostre attrattive. Sarei anch’io molto più contento che venissero da noi per le cose che tu scrivi, oltre che per la bellezza dei centri storici, i Castelli, le Chiese e per il richiamo d’arte e cultura che indubbiamente può esercitare la Puglia. Sono anch’io nauseato da questa sorta di riduzione della Puglia a una specie di parco giochi e vacanze giulive, una disneyland, come tu dici, più una serie di luoghi comuni di Puglia-fashion tradotti nella giostra vanesia di divi, influencer, maraja, più sciami di turisti,visitors e sgallettate che trovano in Puglia esattamente ciò che cercano, secondo i depliant turistici. È penosa la riduzione di tutto ciò che è identitario, diverso, specifico a bancone di stravaganze nell’ipermercato globale, food, storytelling e selfie delle meraviglie; anche la realtà si riduce così solo a set cinematografico, a posa, buona la prima. E francamente esultare per il panzarotto della Ferragni, mi pare un po’ miserello…

Ma il problema, caro Oscar, è che se ripudi quel modello di Puglia, a uso fiction e pasticciotto, all inclusive e b&b, non trionfa il fascino profondo dei luoghi d’arte e cultura, storia e tradizione, della nostra lunga e trina regione. Ma più probabilmente risale la Puglia com’era considerata nel millennio scorso, ovvero nella nostra gioventù. Una terra sprofondata, come le altre, nel sud arretrato e malfunzionante, e in un Sud minore, rispetto al ruolo egemonico che Napoli e la Sicilia hanno avuto per secoli nell’immaginario collettivo ma anche nelle storie civili e letterari. Terre sì, di mafia e camorra, di mille contraddizioni, quartieri degradati e invivibili, ma pur sempre perle di fascino antico, figlie di una storia comunque importante, di cui erano luoghi capitali. Per secoli la Puglia è stata il fratello minore o il cugino di campagna, il contadino o il marinaio del versante secondario, che non ha avuto ruoli preminenti nella storia d’Italia, perfino schivata dal Risorgimento i cui eventi storici, al sud, si svolsero sul versante tirrenico, da Marsala fino a Teano. E così i grandi autori, la grande letteratura, la grande filosofia, al sud, sono fiorite sul versante tirrenico o nel suo entroterra.

Allora, la soluzione realistica, a mio parere, sta nella compensazione tra ciò che va di più nel mercato-mondo e ciò che dà più spessore e nobiltà al nostro terra&mare: cioè il tentativo di far capire al resto del mondo che la Puglia può anche essere conosciuta e amata per altre, più colte e durature attrattive, non riducibili al commercio globale e al divertimento pacchiano. Oltre che per ineffabili alchimie di sole e d’ombra, di luce e di biancore, di bellezza segreta delle sue campagne, con i suoi ulivi parlanti, e dei suoi paesi nelle sue più discrete sfumature. Naturalmente non avremo mai turismo di massa attratto da mete culturali, tante librerie e tanti cenacoli intellettuali. Mai sostituiremo Checco Zalone con Luciano Canfora… Ma si tratta di dare un valore aggiunto alla visita pugliese, un invito a dedicare l’otto per mille del loro tempo libero, magari alla controra, a visitare l’altra faccia della Puglia. E insinuare nelle pieghe dei flussi turistici anche itinerari alternativi e mete perfino più arcane, percorsi meno esplorati, potrebbe dare alla scoperta della Puglia un fascino più intenso e duraturo di un piatto di orecchiette o riso, patate e cozze, più pizzica, taranta e trullalà.

(La gazzetta del Mezzogiorno, 1 luglio)