𝐋𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐫𝐢𝐚, 𝐧𝐚𝐩𝐨𝐥𝐞𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐚

𝐋𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐫𝐢𝐚, 𝐧𝐚𝐩𝐨𝐥𝐞𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐚
Di Raffaele La Capria, morto poco prima di varcare il traguardo dei cento anni, dirò solo due cosette marginali e un piccolo ricordo personale.
Non dirò di lui scrittore e delle sue opere, ma vorrei notare che La Capria ha rappresentato la civiltà napoletana in modo sobrio e asciutto, senza l’enfasi e il chiassoso folclore di altri, sempre oscillanti tra il piagnisteo, l’autodenigrazione e l’autocelebrazione della napoletanità. La sua era una napoletanità vera senza essere stucchevolmente verace, insaporita dalla sua passione caprese.
L’altra cosa che vorrei sottolineare è che La Capria riuscì a sottrarsi con dignità al richiamo dello Scrittore Impegnato, al cliché del salottiero radical chic, e senza assumere posizioni critiche o antagoniste, si defilò con eleganza, come quella del tuffatore, da quel massiccio intruppamento. E criticò i festival letterari, ritenendo che la cultura si svaluti nei festival, serva a poco e sia costretta in piazza a vendere aria fritta.
Infine, il ricordo personale è che siamo stati compagni di viaggio in un paio di eventi letterari con lui e Ilaria Occhini, sua consorte e abbiamo condiviso la giuria in qualche premio letterario, prima che io mi defilassi per scelta e lui per raggiunti limiti d’età. Ci univa l’amore per il mare. Ricordo una gita in barca a Ischia, in cui partimmo scalzi dalla spiaggia dove eravamo e ci lasciarono sulle rive di Sant’Angelo per venirci a riprendere più tardi; nel frattempo il cielo cambiò, ci fu un temporale e lui ed io passeggiavamo nudi e scalzi mentre tutti correvano vestiti e ombrellati a casa, come due selvaggi sbarcati in piena civiltà.
#lacapria